Mezzogiorno di buio in Spagna e Portogallo
Il 28 aprile 2025, a mezzogiorno, Spagna e Portogallo si sono ritrovati improvvisamente al buio. Non solo case, uffici e industrie, ma anche migliaia di veicoli elettrici, colonnine di ricarica, treni e servizi pubblici alimentati a elettricità si sono fermati, vittime silenziose di un blackout di cui ancora oggi si cercano le cause. Ma se questo evento ha spaventato l’Europa, è anche l’occasione perfetta per farsi una domanda urgente. La nostra rete elettrica è pronta per il futuro sostenibile che stiamo costruendo?
La mobilità del futuro è già qui. Le auto elettriche crescono in doppia cifra, le ferrovie elettrificate sostituiscono il traffico aereo interno e le città investono in bus a batteria e tram a zero emissioni. Tutto fantastico – finché l’energia c’è. Il blackout iberico ha mostrato quanto la nostra dipendenza dall’elettricità sia ormai trasversale. In poche ore, la rete spagnola ha perso più della metà del suo carico elettrico, scendendo da 25mila MW a meno di 12mila MW. Lo stesso in Portogallo. Produzione eolica, solare, fossile e nucleare: tutto si è spento.
E i veicoli elettrici? Fermi. Le colonnine di ricarica? Inutilizzabili. I servizi di sharing elettrico? Bloccati. Le città intelligenti? Improvvisamente molto meno intelligenti.
Il blackout non è stato solo un guasto. È stato il sintomo di un sistema fragile, messo sotto stress da un equilibrio sempre più complesso tra produzione e consumo. Con l’aumento delle fonti rinnovabili, che sono per loro natura variabili, la frequenza della rete può oscillare pericolosamente se mancano sistemi di bilanciamento rapidi e intelligenti. E proprio mentre chiediamo alla rete di fare di più – alimentare la mobilità, decarbonizzare il riscaldamento, stabilizzare i consumi – i margini di sicurezza si riducono.
Il paradosso è evidente: vogliamo elettrificare tutto per ridurre le emissioni, ma non stiamo ancora elettrificando in modo sicuro.
La buona notizia è che la mobilità sostenibile non è solo vittima di questi eventi: può anche far parte della soluzione. I veicoli elettrici, per esempio, possono diventare batterie mobili capaci di restituire energia alla rete in caso di emergenza, nel cosiddetto “vehicle-to-grid”. Le stazioni di ricarica possono essere progettate per lavorare in modalità isola, alimentate da fonti locali e batterie di backup. I sistemi ferroviari elettrici possono diventare backbone energetici resilienti per interi territori.
Ma serve un cambiamento radicale nella progettazione: non basta avere auto elettriche. Serve una rete intelligente, interconnessa, europea. Serve prevedere scenari di crisi e costruire un’infrastruttura di mobilità che non si fermi al primo blackout.
L’interconnessione con la Francia ha evitato che il blackout si propagasse oltre i Pirenei. Un segnale importante: più la rete è solida e condivisa, più è resistente. Ma questo richiede investimenti, coordinamento e soprattutto una visione strategica. L’elettrificazione dei trasporti non è una semplice transizione tecnologica: è un cambiamento sistemico che richiede regole nuove, progettazione condivisa e un dialogo costante tra energia e mobilità.
Il blackout del 28 aprile ci ha fatto vedere il futuro. E ci ha ricordato, con brutale chiarezza, che un sistema sostenibile non è solo green: è affidabile e pronto all’imprevisto.
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