SCENARIO – L’Europa e l’auto elettrica, retroscena di una crisi annunciata

A Bruxelles, la Commissione Europea sembra pronta a fare un pit-stop strategico, rivedendo i suoi ambiziosi piani sull’auto elettrica dopo i devastanti proclami del neo presidente USA Donald Trump. Sembra che dal 30 gennaio 2025, Ursula von der Leyen darà il via a un’offensiva diplomatica con l’industria automobilistica europea. Ma che nessuno si aspetti un semplice cambio d’olio: l’agenda prevede di rimettere mano a roadmap, paletti e obiettivi climatici, il tutto sotto la pressione crescente di un settore che si sente messo alle corde.

Green Deal o green dilemma?
Realismo e flessibilità”, chiede Ola Källenius, presidente di Acea e numero uno di Mercedes. Il messaggio è chiaro: il Green Deal non può essere solo un esercizio di ambientalismo estremo, ma deve trasformarsi in una piattaforma di business redditizio. Incentivi fiscali per le auto elettriche, infrastrutture di ricarica a tappeto e regolamentazioni più semplici sono i punti chiave di una lettera aperta indirizzata alla Commissione. Nel mirino, le multe “esagerate” da 15 miliardi per chi sfora i limiti di CO2, vissute come una mannaia che minaccia di decapitare l’industria europea.

Stellantis, recentemente tornata all’interno di Acea, annuncia investimenti pesanti negli USA (con un nuovo pickup) e al contempo spinge per rinviare lo stop ai motori endotermici, fissato al 2035. Una data che suona come un ultimatum e che molti costruttori vorrebbero spostare in avanti, temendo una transizione troppo accelerata e scarsamente sostenibile.

Intanto a Bruxelles si litiga sul cambio di marcia
La Commissione non si muove compatta. Il commissario greco Apostolos Tzitzikostas, sostenitore di un approccio ponderato, si trova a mediare tra la pressione “morbida” del vicepresidente italiano Raffaele Fitto e l’intransigenza della più rigida delegata al Clima Teresa Ribera. Il risultato? Un intricato gioco di equilibri che coinvolge Consiglio e Parlamento europeo, pronti a far sentire la loro voce su ogni virgola di regolamento.

E l’Italia come la pensa? Per i nostri rappresentanti la strada più rapida verso un’industria “green” sembrerebbe portare all’autodistruzione del comparto automobilistico, che rappresenta il 7 per cento del PIL europeo.

Ma c’è anche chi la pensa diversamente. Accelerare la transizione permetterebbe all’Europa di posizionarsi come leader mondiale nell’innovazione tecnologica e nella produzione di veicoli sostenibili, creando un mercato forte e competitivo che può contrastare l’ascesa di altre economie, come la Cina, già molto avanti nella produzione di auto elettriche e batterie. Questo non solo proteggerebbe la competitività industriale europea, ma stimolerebbe anche la creazione di posti di lavoro qualificati e la riduzione della dipendenza da fonti energetiche fossili, rafforzando la sicurezza economica.

E intanto Trump…
In ogni caso, tra il “Clean Industrial Deal” e manifestazioni di piazza, il prossimo mese sarà cruciale per delineare il futuro del settore. A Bruxelles, migliaia di metalmeccanici provenienti da tutta Europa si preparano a scendere in strada, chiedendo una transizione che salvaguardi i posti di lavoro e la competitività industriale.

Sarà impossibile non pensare a quel giorno in cui l’ex presidente degli Stati Uniti, con il suo consueto aplomb da comizio, dichiarò che le auto elettriche “sono solo una moda passeggera”. Make Gasoline Great Again suona già come uno slogan per le sue prossime attività di trivellazione nel (nuovo) golfo d’America.

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