STORIA – Una questione di genere (e di opportunità mancate)

All’inizio del Novecento le auto elettriche erano una scelta popolare, ma il loro declino fu accelerato da fattori tecnici e sociali, tra cui l’etichetta di mezzi per signore. Le barriere culturali possono essere ostacoli all’innovazione tecnica

Se pensiamo al dominio incontrastato delle auto a benzina sulle nostre strade, potremmo credere che sia stato un destino inevitabile. Eppure, agli albori del Ventesimo secolo la realtà era ben diversa: nel 1900 solo il 22% delle automobili prodotte negli Stati Uniti era alimentato a benzina. Il resto? Un mix tra vetture elettriche e a vapore.

Che cosa ha determinato, allora, l’ascesa dei motori a combustione e il declino dell’elettrico? La questione è ancora dibattuta. Alcuni studiosi puntano il dito sulla limitata autonomia delle auto elettriche dell’epoca, che però già negli anni Dieci raggiungeva una media di 135 km, rendendole più economiche da gestire rispetto alle concorrenti a benzina. Altri, come Josef Taalbi professore di Storia dell’Economia all’Università di Lund, sottolineano che le limitazioni tecniche avrebbero potuto essere superate con un’infrastruttura di ricarica adeguata, che tuttavia non venne sviluppata nei primi decenni del secolo.

Il ruolo dei pregiudizi di genere

Ma non è stata solo questione di tecnologia: secondo la storica statunitense Virginia Scharff, l’auto elettrica fu progressivamente etichettata come un “mezzo per signore”, un’immagine che si radicò tenacemente nel tempo. Taalbi, in un recente studio pubblicato su The Conversation, ha analizzato le pubblicità delle auto elettriche tra il 1900 e il 1919, scoprendo che questa etichetta non era presente agli inizi. Nei primi anni, infatti, solo il 22% degli annunci si rivolgeva alle donne. Gli inserzionisti puntavano piuttosto su uomini d’affari e padri di famiglia, esaltando la pulizia e l’affidabilità dell’elettrico rispetto alle auto a benzina, che erano più difficili da avviare e spesso soggette a guasti.

Con il successo della Ford Model T, economica e prodotta in serie, i produttori di auto elettriche si trovarono in difficoltà e cercarono di ritagliarsi una nicchia di mercato. Fu così che tra il 1910 e il 1920 il 77% delle pubblicità elettriche si rivolse esplicitamente alle donne, enfatizzando la sicurezza e la facilità d’uso del mezzo. Nonostante l’epoca in cui il modello sociale relegava le donne a una mobilità limitata, questo approccio funzionò bene, almeno temporaneamente: marchi come Detroit Electric prosperarono a lungo proprio grazie a questa strategia, arrivando a produrre oltre 13 mila vetture.

Un’occasione persa per l’innovazione

Il colpo di grazia all’auto elettrica arrivò nel 1912, quando Charles Kettering inventò l’avviamento elettrico per le auto a benzina, eliminando la necessità della manovella e rendendo questi veicoli più accessibili a tutti, donne comprese. Da quel momento, le vetture a combustione iniziarono a integrare elementi considerati “femminili” come i parabrezza e gli avviamenti elettrici, trasformandosi in opzioni universali.

Nel frattempo, l’auto elettrica restò ancorata a ruoli di genere ormai superati, e quando i prezzi dell’elettricità scesero, rendendo l’elettrico più conveniente da gestire, il danno era già fatto: nell’immaginario collettivo, l’auto “vera” era ormai a benzina.

Il paradosso moderno

Oggi le donne acquistano circa la metà delle auto nuove negli Stati Uniti, eppure persiste un divario di genere nelle attitudini verso la sostenibilità: numerosi studi mostrano che le tecnologie verdi sono spesso percepite come femminili. Un’ironia della storia se si considera che il CEO di una delle più grandi case automobilistiche elettriche del mondo – è il caso di fare nomi? – è tra i più accesi sostenitori di un ritorno alla mascolinità tradizionale.

La lezione che Taalbi ricava dalla sua analisi è che le barriere sociali e culturali possono ostacolare l’innovazione tanto quanto i limiti tecnologici. Se vogliamo che il futuro dell’automobile sia davvero sostenibile, dovremmo assicurarci che le scelte tecnologiche non siano dettate da stereotipi, ma da principi di accessibilità universale. Dopotutto, se la storia dell’auto elettrica ci insegna qualcosa, è che le migliori idee non sempre vincono. Ma almeno, la prossima volta, potremmo provare a non sabotarle da soli.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *