FCA e Nissan, uno dei due ha torto

Mentre la Nissan accelera e fa sapere che presto lancerà anche un crossover elettrico, l’IMx, il gruppo FCA resiste nel suo sdegnato rifiuto di avvicinarsi al mondo degli EV. Proviamo a capire chi dei due ha in mano le carte sbagliate. 

La casa giapponese, che peraltro fa parte di un’alleanza con Renault e Mitsubishi tutta fortemente votata all’elettrico, annuncia un modello dopo l’altro. Non paga della leadership mondiale conquistata con la Leaf (e con il furgoncino e-NV200), prepara una raffica di modelli a batterie, convinta che in questa propulsione sia non solo il futuro dell’auto, ma anche l’opportunità di profitti immediati. Sull’altro fronte Sergio Marchionne mantiene il suo pollice verso, dopo l’anatema lanciato dall’Università di Rovereto (<queste auto possono essere un pericolo per il pianeta>)

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e l’ancora più netto invito a non comprare la 500 elettrica prodotta solo negli Stati Uniti. Invito motivato dal fatto che con quest’auto costruita solo per ragioni geo-politiche (in Italia si trova solo usata ), FCA perde soldi. Due opposti estremismi, si direbbe, se usassimo il linguaggio della politica. Chi ha ragione dunque tra Marchionne e il suo collega-rivale Carlos Ghosn?

 “No-incentivi-No-elettrica”

Dipende se ragioniamo a breve o a lungo termine. Nell’immediato è chiaro che il successo dell’auto elettrica dipende soprattutto dai governi: se ci sono incentivi, ci sono clienti. Se no, il mercato langue, per i prezzi di listino ancora alti.

Come accade in Italia, dove si sono venduti la miseria di 1.945 EV in tutto il 2017, contro i 24.992 della Francia, dove esiste un generoso aiuto di 6 mila euro. Ma è chiaro che se guardiamo avanti, oltre il 2020, il futuro dell’elettrico non dipende solo da questioni tattiche, legate a politiche governative. Sul tavolo ci sono molte domande e qui ne citiamo brevemente solo tre:

LA PRIMA DOMANDA: quanto velocemente saprà progredire la tecnologia in fatto di capacità, peso e prezzo delle batterie? E quanto si migliorerà nel rendere breve e semplice la sosta per la ricarica? La risposta non è scontata, perché tra le incognite c’è il continuo aumento delle materie prime che servono per costruirle le batterie, a cominciare da litio e cobalto.

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LA SECONDA DOMANDA: quanto peserà la grande incognita Tesla sull’affermazione (o il flop) dell’auto elettrica? La questione gira tutta attorno al Model 3, il modello ‘popolare’ della Casa di Elon Musk, alle prese con una complicata salita produttiva. Qui il mondo dell’automotive si divide in due. C’è chi preconizza un grande successo, con centinaia di migliaia di consegne e un fenomeno che renderò l’elettrico di gran moda.

E chi invece scommette che la Tesla resterà impantanata nei colli di bottiglia delle sue catene di montaggio (e della sua supponenza). Ergo: il flop delle mancate consegne segnerà il de profundis per l’azienda californiana. Non è un bivio di poco conto: nel primo caso il successo della Model 3 potrebbe strappare parecchi clienti americani alle varie BMW, Audi e Mercedes. E indurre i tedeschi premium a correre ai ripari e accelerare gli investimenti sull’elettrico, peraltro già in fase di potenziamento.

LA TERZA DOMANDA. Quanto e come graverà sulle scelte degli automobilisti (e dei governi) il problema ambientale? Qualcosa sta già cambiando: il diesel ha cominciato a perdere quote di mercato nei principali mercati europei e molti Paesi annunciano addirittura di volerlo bandire nel medio periodo. Se poi i sindaci delle grandi città (tipo Parigi e Londra) decidessero che in zone sempre più ampie dei centri urbani si entrerà solo con auto a emissioni zero, ecco che un altro tassello si andrà ad aggiungere al mosaico elettrico.

Non è più tempo di fast follower

Ognuno può rispondere a modo suo a questi e ai tanti altri quesiti. E’ chiaro che Nissan e FCA rispondono in modo diametralmente opposto. Per quel che riguarda la Casa che un tempo fu torinese, è difficile pensare che possa ricalcare la strategia seguita da Paolo Cantarella  ai tempi in cui era lui al timone della Fiat. Allora si parlava di essere i fast follower. Ovvero: evitare di avventurarsi in scommesse su nuove tecnologie che comportassero, accanto alle grandi opportunità, anche grandi rischi. Ma tenersi pronti a salire sul carro del vincitore, nel senso di imitare rapidamente il concorrente che dimostrasse di avere azzeccato la scelta giusta.

I tempi sono cambiati: a noi sembra più probabile che Marchionne per FCA pensi ancora a una grande alleanza con chi l’elettrico (e l’idrogeno) ce l’ha già in casa. E quindi che ritenga inutile partecipare ora a una gara alla quale non si è mai iscritto e che non gli piace. Si spiegherebbero così anche i continui stop-an-go per i pochi progetti di auto elettrica che FCA avrebbe avviato negli ultimi tempi, tipo l’Alfieri Maserati. Tra un anno Sergio lascerà il timone del gruppo: forse sarà il suo successore a rispondere ai quesiti di cui sopra.

Leggi anche: Marchionne e Ghosn lasceranno veramente quest’anno?

(vaielettrico.it)

1 commento
  1. Gianni Mollo
    Gianni Mollo dice:

    Interessante il vostro articolo,
    oggi quanto viene comunicato dalle compagnie automobilistiche
    e’ da considerare come un gioco a scacchi , per non fare capire le vere intenzioni.
    Un solo indizio , Cina , India i piu’ grandi mercati automotive hanno optato per l’elettrico , stare alla finestra vuole dire non operare in questi mercati.
    Chi se lo puo’ permettere ?
    Nessuno.
    Quindi , vedo solo espansione sul mercato del veicolo elettrico.

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