Formula 1 stagione 2017 : debriefing

Archiviata anche la stagione 2017 della Formula 1 e del Motorsport in genere, esiste un modo per sintetizzarla? Quali sono i temi principali che hanno caratterizzato gli eventi di quest’anno? Cosa c’è stato di nuovo o particolarmente rilevante? Quali personaggi sono emersi? E quali parole possono meglio racchiudere cosa abbiamo visto?

In questo breve debriefing, giocando su alcune lettere iniziali, proviamo a scegliere quelle che secondo noi sono state le parole-chiave della stagione appena conclusa, con uno sguardo comunque allungato verso la prossima.

Partiamo dalla A… A come Avvicinamento. E’ quello che ha fatto la Ferrari nei confronti della Mercedes che era stata imprendibile per tre anni. Un avvicinamento poderoso. Da otto decimi mediamente presi in un giro di qualifica nel 2016 a pochi centesimi. Da terza forza del Mondiale, lontana, senza mai alcuna possibilità di giocare per la vittoria a soffiare sempre sul collo dei migliori. Grazie ad un ottimo lavoro di progettazione e sviluppo i tecnici di Maranello hanno mostrato che le loro competenze non sono affatto inferiori ai top project leaders che sono ingaggiati dai team migliori. Ed i risultati hanno dato loro ragione almeno fino a metà campionato. Ovvero fino a quando Sebastian Vettel è stato in testa alla Classifica Piloti. Fino a quel fatidico weekend di Monza, caricato da troppe aspettative e risoltosi con una sonora raffica di schiaffoni sportivi. Un weekend che purtroppo ha costituito uno spartiacque decisivo nella stagione Ferrarista. Si sapeva che Monza sarebbe stata più favorevole alle caratteristiche della Mercedes. Era essenziale lasciarsela subito alle spalle concentrandosi nelle gare future. Invece è arrivata la seconda A…

A come Affanno, conseguente alle pressioni che sono state scaricate internamente al team per rimediare alla scoppola brianzola. Il Motorsport è un mondo che vive normalmente sotto pressione. E’ nella sua specificità. Non è quindi assolutamente necessario caricare il sistema di agitazioni ulteriori che possono solo produrre danni. Quelli che puntualmente sono piovuti su Maranello nelle settimane successive a Monza. Bastava continuare serenamente con lo stesso passo di prima, lasciando scorrere come acqua fresca la debacle di Monza. Senza farsi prendere dall’ansia di strafare. Invece sono piovuti gli errori e i problemi di affidabilità. E da +7 in Classifica dopo solo un mese Vettel si è ritrovato a -66 da Hamilton. Ambizioni finite… un’altra A.

Ora però basta con le A. Andiamo direttamente alla L… L come LibertyMedia. Gli americani hanno preso in mano la Formula 1 dopo l’era Ecclestone che ha fatto esplodere popolarità e guadagni (non solo per se stesso). Liberty punta ad una rifondazione della categoria per ridarle quello smalto che ha perso nel corso degli anni, imprigionata da regole non sempre comprensibili né condivisibili. Sono americani e il dubbio che trascinino uno sport serio in uno show è più che lecito. Ma qualcosa bisognerà pure inventarsi per rinfrescare il Circus sia dal punto di vista sportivo che tecnico, per riavvicinare quel pubblico soprattutto giovane che sembra non considerare per nulla questa categoria. La F1 è stata da sempre l’apice della tecnologia automotive. Il futuro sulle strade porta all’ibrido o all’elettrico. La F1 di oggi è già ibrida. E’ più potente di vent’anni fa eppure non ti strappa le orecchie quando la vedi passare. Che strada si vuole intraprendere? Puntare ancora e sempre sul top dell’innovazione o riportare la categoria a puro Motorsport ? Insomma, continuare sull’onda del futuro rispettoso dell’ambiente o tornare alle vetture cattive e rumorose di qualche tempo fa? Questa è la sfida forse più importante di Liberty Media. Anche se poi forse basterebbe arricchire il mondo della F1 con qualche personaggio di rilievo…

L come Leader. Senza passare per nostalgici di un Motorsport che non c’è più, è oggettivamente innegabile che la F1 di oggi non è più popolata dai personaggi di qualche decennio fa. E mi riferisco ad una leadership sportiva ma anche in termini di capacità di comunicare. E’ ormai un ricordo lontano l’epoca in cui nei Gp se la giocavano Senna, Prost ma anche Piquet, Nannini, Mansell e tanti altri ancora. Piloti con la P maiuscola ma anche Personaggi. Che parlavano e facevano parlare di sé e della F1 non necessariamente solo dopo le qualifiche del sabato e il Gp della domenica. Oggi i piloti (onestamente non tutti con la P maiuscola…) sono spesso ragazzi dalla scarsa personalità, incellophanati dagli Uffici Stampa dei vari team. Sono pochi coloro che consentono di raccontare una storia. Pochi coloro con cui puoi parlare fuori dagli schemi precostituiti delle domande banali a cui corrispondono risposte altrettanto scontate. Forse ne è rimasto uno solo di quelli “vecchio stile”. Che poi, guarda caso, è anche colui che vince. Lewis Hamilton. Si diverte e comunica liberamente le sue esperienze di vita extra Corse sui social media (oggi si fa così…). E poi, quando si mette il casco e cala la visiera, bastona tutti. Quasi sempre. Un Personaggio non banale che fa bene alla F1. Ce ne sarebbe anche un altro, seduto in panchina da qualche tempo, che può arricchire da subito la compagnia con la sua Storia e il suo talento. Si chiama Robert Kubica, ma sembra che nemmeno il prossimo anno si riesca a trovare un posto per lui. E sarebbe un peccato.

F come Figli. Oggi ce ne sono diversi di “figli di” che sono saliti fino alla F1. Il figlio di un campione del mondo di Rally e quello di un mediocre pilota di vent’anni fa. Sainz e Verstappen. A dimostrazione che i figli intraprendono ancora e sempre la strada dei padri. Ma che, come sempre, il talento non si trasmette necessariamente per via genetica. Altrimenti oggi Max sarebbe ancora a giocare con la Playstation. E poi c’è anche un grande imprenditore come Stroll che aspira a lanciare nell’olimpo del Motorsport il proprio figliolo, mettendo sul piatto della bilancia il suo pressoché infinito patrimonio economico. Nulla di nuovo sotto il sole nemmeno qui, almeno finora. Nel senso che in questo mondo i soldi sono sempre stati fondamentali. Ma anche che il talento non si compra. E che non basta comprare il meglio alla propria creatura, fin da quando era in tenera età. I migliori kart, le migliori Formule minori… la possibilità di girare su circuito dal mattino alla sera… i migliori tutor. Anche un team di F1 di cui si decide la line-up per evitare confronti scomodi. In questo sport alla fine è sempre il cronometro che decide. Anche se hai tanti soldi e sei figlio di.

F come Ferrari. In effetti, se uno si limita a guardare le classifiche finali, hanno vinto sempre i soliti. Anche quest’anno “quelli della Mercedes” hanno sorriso più di tutti, con buona pace del presidente Marchionne. E così fanno quattro stagioni consecutive. Notazione importante… non capita spesso che un team continui a vincere anche dopo una rivoluzione regolamentare. Capita solo se da quelle parti abitano i tecnici migliori. Nel 2017 è successo a Brackley e Brixworth, le due sedi operative del team Mercedes. Dove ci sono evidentemente i più bravi e i meglio organizzati. E la Ferrari è ancora e sempre dietro. Ma noi, per esemplificare il 2017 lanciando uno sguardo verso il prossimo anno, diciamo Ferrari. L’abbiamo scritto prima, c’è modo e modo di arrivare dietro. E soprattutto per valutare una stagione sportiva bisogna sempre tenere conto delle condizioni esterne e da dove si partiva. La Ferrari degli ultimi anni era stata sportivamente un disastro. Quella che è arrivata seconda quest’anno, no. E, risultati alla mano, va detto che la marcia di avvicinamento della Ferrari può anche non essere più così tanto lunga. Sempre che da quelle parti si riesca a mantenere equilibrio e serenità senza farsi prendere da affanni ingiustificati.

Prima di chiudere questo debriefing, aggiungo un altro paio di A che ho dimenticato prima. La A di Alonso, per esempio. E’ ormai noto che il pilota spagnolo ha una certa predisposizione a trovarsi seduto sulla vettura sbagliata nel periodo sbagliato. Dopo i due titoli mondiali vinti a 24 anni nella Renault di Briatore e dopo l’avventura di un solo anno in McLaren a scontrarsi con l’astro nascente Hamilton, Fernando ha infilato una serie di scelte sbagliate impressionanti. Il ritorno in una Renault in caduta libera, il passaggio nella Ferrari del dopo Schumacher (con tutto ciò che ha comportato) e l’avventura in McLaren caratterizzata dall’agonia Honda che in tre anni non è mai riuscita a riportare quel brand nemmeno in prossimità del suo passato glorioso. In questi anni Alonso ha guadagnato molto ma è indubbio che se oggi ha vinto l’11% dei Gp che ha disputato contro il 30% di Hamilton, qualche domanda se la deve fare. Anche perché il suo talento non vale certo un terzo di quello del pilota inglese. Ecco perché il nome di Alonso entra di diritto nella sintesi di questo 2017, perlomeno per lo stile con cui l’ha affrontato. E poi perché con il passaggio alla power-unit Renault le speranze di competitività della McLaren aumentano non poco. Ed allora è sicuro che torneremo a vedere un Fernando dalle parti del podio.

A come Allison. L’ingegnere inglese è stato l’ultimo acquisto della gestione di Stefano Domenicali in Ferrari, anche se il presidente Marchionne l’ha sbandierato come il segnale forte della sua rifondazione del team. Sta di fatto che come Direttore Tecnico in Ferrari Allison è durato come un gatto sull’Aurelia dopo aver impostato una buona vettura nel 2016. E dopo essere stato lasciato a piedi, come già Aldo Costa nel recente passato, l’inglese ha subito trovato posto nell’armata anglo-tedesca della Mercedes. Quel team che, lo dicevamo prima, sta dimostrando con fatti oggettivi una superiorità tecnico-organizzativa assoluta. Ma dopo Allison c’è ancora un altro tecnico di spicco finito sulla lavagna dei cattivi di Maranello che sarà ingaggiato da Toto Wolff e soci. E’ Lorenzo Sassi che ha impostato e sviluppato una power-unit che non ha certo sfigurato con la concorrenza, anzi è stata uno degli elementi portanti della marcia di avvicinamento. Così… credo che fosse importante sottolinearlo. Poi ognuno può trarne le conclusioni che crede.

Siamo arrivati alla fine di questo debriefing di fine 2017. Ho sintetizzato la stagione appena conclusa con alcune parole rappresentative utilizzando solo quattro lettere iniziali. Non l’ho fatto a caso, lo ammetto. Quattro lettere che, messe insieme, compongono Alfa. Come Alfa Romeo, che nella prossima stagione campeggerà col suo logo sulle fiancate della Sauber di F1. L’Alfa Romeo è un marchio glorioso nella Storia del Motorsport. Fatta di uomini di assoluto rilievo e prodotti di valore tecnico e sportivo notevole. Una Storia che non va dimenticata ma che soprattutto va rispettata. Pertanto, cortesemente, evitiamo di sbandierare questi adesivi come il ritorno dell’Alfa in F1. Siamo seri.

F1AlfaRomeo

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