La fine di un’era

“Il 2015 resterà un anno da sottolineare con la matita rossa per lo stile italiano”, osservava qualche settimana fa un amico designer di lunga esperienza. Ci ha trovati completamente concordi nella visione di un panorama che vede una significativa trasformazione negli equilibri ai vertici del car design internazionale.
In un arco temporale tutto sommato breve si sono sostanzialmente ridotti ruoli e prestigio di firme e manager italiani di forte influenza. Con il ritiro dall’attività a fine anno di Walter de Silva e Lorenzo Ramaciotti escono di scena i responsabili del design di due gruppi a cui fanno capo in totale almeno una ventina di marchi, molti dei quali italiani. Intanto, nell’estate Giorgetto Giugiaro aveva lasciato completamente la sua Italdesign nelle mani del Gruppo Volkswagen.
Difficile ipotizzare che nessuno di loro disegnerà più automobili. Nelle scorse settimane Giugiaro ha dichiarato che sta riorganizzando, insieme al figlio Fabrizio, un design center dotato anche di una divisione di ingegneria. Una piccola Italdesign, verrebbe da pensare, benché Giugiaro non ami più parlare della sua ex azienda, tanto che – sono parole sue – non la rivorrebbe indietro “neppure regalata”.
Nei tre casi citati si potrebbero addurre ragioni anagrafiche, ma al ritiro di Ramaciotti e De Silva non seguono avanzamenti di carriera in posizioni di vertice per altri designer italiani – anzi, due esperti responsabili del design come Roberto Giolito e Marco Tencone vedono la loro posizione nettamente ridimensionata. Non ci sono più designer italiani, o di formazione italiana presso i grandi costruttori automobilistici. Tra gli esponenti della generazione successiva sembrano resistere solo Filippo Perini, che ha aggiunto al suo incarico di capo del design Lamborghini anche quello di direttore dello Stile dell’Italdesign, e Flavio Manzoni nella sua invidiabile isola felice del centro Ferrari Design che dirige a Maranello.
Come già avvenuto al vertice del design Mercedes-Benz nel 1999 – quando il testimone passò da Bruno Sacco a mani germaniche, con Peter Pfeiffer quale suo erede – il ruolo di Walter de Silva passa ora al tedesco Michael Mauer. All’inizio del millennio, però, il contesto della creatività italiana era assai diverso: c’erano ancora le grandi firme della tradizione, in particolare le “tre grandi” Bertone, Giugiaro e Pininfarina. Il 2015 ha visto chiudersi anche questi tre capitoli di storia: nell’ordine, la cessione della quota dei Giugiaro a Volkswagen, l’asta della collezione delle vetture Bertone a conclusione del fallimento dichiarato un anno prima e, atto finale a lungo atteso, l’acquisizione della Pininfarina da parte degli indiani di Mahindra & Mahindra.
Questa fotografia di fine anno rispecchia una situazione diffusa ad altri settori creativi del “made in Italy”, dalla moda all’arredamento. A Torino e dintorni molti nuovi studi di servizi alla progettazione si dedicano anche allo stile, ma le loro seppur ragguardevoli capacità rimangono apprezzate per lo più dagli addetti ai lavori. Il prestigio delle grandi firme appartiene ad un’epoca del passato. Non sarà quindi facile per gli italiani riconquistare una posizione di leadership nel design, insieme alla capacità di fare tendenza. (tratto da Auto&Design)

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