L’egemonia della Delta

La storia è di quelle molto conosciute, un tormentone su 4 ruote. Con lei si vince facile, in tutte le narrazioni. Alla fine finisce per monopolizzare il discorso non appena il suo nome fa capolino in un qualsiasi discorso tra appassionati. Il tutto ben meritato, intendiamoci: 6 campionati del mondo costruttori vinti, dal 1987 al 1992 (di cui 4 doppiette, piloti e costruttori). Gli ultimi per l’industria automobilistica italiana, complice anche il mancato impegno del maggior produttore nazionale. Anche l’onda lunga dei trofei, nati con la A 112 e proseguiti con la Uno Turbo si è progressivamente diluita nel mare dei rally, regalando in alcune volte qualche talento nostrano alle Case straniere perché non c’era la alcuna vettura nostrana in grado di supportarne la carriera nelle categorie superiori. Tutto questo non ha fatto altro che rafforzare il mito della Delta. Che, però, all’alba dei 30 anni dall’ultimo titolo, naviga ancora nel cuore degli appassionati. Con una nostalgia perenne, un ricordo talmente radicato da renderlo eterno. Ma quanto ha influito l’assenza di altre vetture italiane vincenti in questo panorama nella costruzione di questo mito? Sicuramente molto, tenuto anche conto che un impegno di una Casa italiana nel mondiale WRC è reso quasi impossibile non solo dallo scarso interesse di FCA verso questa disciplina negli ultimi anni, ma anche alla fusione con il PSA e la futura creazione del gruppo Stellantis (attualmente nel mondiale ci sono solo 3/4 squadre: Hyundai, Toyota e Ford (Citroën si è ritirata l’anno scorso).

La grande influenza della Delta rischia però di andare oltre il suo “ruolo”, tanto da tracimare secondo me oltre il suo “bacino”. E’ una questione culturale che rischia di mettere in ombra diversi decenni di storia dell’auto italiana, annichiliti dalla sovraesposizione di una vettura vincente, capace di vincere il suo primo titolo a 8 anni dal suo lancio commerciale. Tutta una generazione di appassionati la venera, qualcuno la ama (come me) ma forse è giunto seriamente il momento di collocarla nella sua giusta dimensione: quella del ricordo, senza alimentare un’onda che non farà altro che mettere nell’ombra tante altre vetture meritevoli di essere considerate e apprezzate.

Questo dovrebbe essere il ruolo non solo degli appassionati ma anche degli enti che dovrebbero sempre tenere la barra al centro. Intendiamoci: giusta l’attenzione che alcuni stand presenti in “Auto e moto d’epoca” hanno riservato alla Delta, ma speriamo che poi questa glorificazione a canali unificati non venga riproposta.

La glorificazione del mito Delta, con confini labili da definire perché giocati tutti sul filo della passione, emerge anche quando si apprende che Miki Biasion, dopo aver presentato alla Fondazione Macaluso il restauro di una Delta che aveva usato nella stagione 1987, ha messo in vendita la stessa vettura pochi giorni dopo a Padova. Più di un romantico aveva pensato che l’acquisto e il successivo restauro della vettura fosse finalizzato ad appropriarsi di una vettura che gli aveva regalato grandi emozioni. Invece così non è stato. A contribuire al “Delta delirio” a Padova hanno contribuito anche la presentazione di un libro sulla versione da rally gruppo A e la presenza di un esemplare presente nello stand ASI. Ma ora basta così grazie, anche perché così facendo si rischia di trasformare un bel ricordo in una presenza asfissiante, monolitica, ingombrante. Proprio l’esatto opposto di ciò di cui ha bisogno una sana crescita del motorismo storico nelle nuove generazioni, già abbastanza disinteressante all’argomento.

2 commenti
  1. Filippo Zanoni
    Filippo Zanoni dice:

    Comprendo questa finezza e adesso specifico meglio. Rammento bene l’antagonismo con la Toyota Celica di Carlos Sainz, che battaglie. Grazie.

  2. Alberto
    Alberto dice:

    I tutoli mondiali sono 6. Dal 1987 al 1992.
    Nel 1992 il team Lancia Delta era gestito dalla Martini Racing direttamente, anziché da Lancia. Ma il mondiale costruttori è stato vinto. Non capisco perché non menzionarlo. Il mondiale costruttori è andato comunque a Lancia (Martini Racing non costruiva auto)

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