Il prezzo dell’oro nero sale. Scenari futuri

L’aumento del prezzo della benzina di un centesimo, preludio che potrebbe farlo aumentare a dieci centesimi indica che il prezzo del petrolio è tornato a salire.
L’oro nero continua ancora ad essere oro. Un barile di greggio (circa 159 litri), una volta affinato, produce 19 galloni ( 72 litri) di benzina per motori e 10 galloni (38 litri) di gasolio, nonché altri prodotti petroliferi.
I Paesi dell’Opec hanno deciso un taglio della produzione di un milione e duecentomila barili al giorno. L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, nota come Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries), fondata nel 1960 (con sede attuale a Vienna), comprende 14 Paesi (Arabia Saudita, Iraq, Iran, Kuwait, Venezuela, Algeria, Angola, Emirati, Libia, Nigeria, Qatar, Gabon, Indonesia, Ecuador).
Formano un cartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere prezzi e concessioni. Questi Paesi se ne producono molto, il prezzo scende, se producono poco il prezzo sale.
Nelle ultime settimane il prezzo è risalito verso quota 55 dollari. Gli analisti scommettono sul petrolio a 60 dollari entro il 2017 per salire a 70 dollari verso il primo semestre 2018.
Da maggio, negli Usa, sono state riattivate 157 trivelle. Non dimentichiamo che nel giugno 2014 il prezzo del petrolio era sopra 110 dollari. Gli stati membri Opec controllano il 79% delle riserve mondiali di petrolio, il 50% di quelle di gas naturale e forniscono il 43% della produzione mondiale di petrolio ed il 17% di quella di gas naturale. L’Opec nacque come risposta dei paesi produttori di greggio al predominio economico delle aziende petrolifere straniere, in particolare anglo-americane, che fin dagli anni 20 e 30, attraverso una serie di concessioni per l’estrazione, esercitavano un controllo totale sulla filiera produttiva.
Nel mondo si consumano ogni giorno 94 mbg di petrolio, sigla che comprende il greggio (86 mbg) ed altri idrocarburi liquidi ma la capacità produttiva ha superato quota 102 mbg causando una evidente differenza fra capacità potenziale e domanda.
Questo ha comportato forti rialzi di titoli di numerose società petrolifere, in particolare made in Usa.
La Russia intanto marcia spedita battendo ogni record produttivo superando nell’ottobre scorso quota 11 mbg. Ma i big dell’oro nero scommettono sull’energia verde in previsione del 2030-2040, data in cui la domanda del petrolio dovrebbe iniziare a scendere.
Un percorso ancora incerto visto che la vendita di auto elettriche nel mondo ha superato solo la soglia del milione di unità, un millesimo del parco mondiale di auto.
Con gli impegni alla decarbonizzazione già presi da Stati e istituzioni si può azzardare che nel 2025 si arrivi a 30 milioni di veicoli elettrici e a 140 milioni nel 2040, il che comporterebbe una perdita di 1,4 milioni di barili al giorno. Dopo queste previsioni fanno bene Shell, Eni e Total a puntare in forza alle rinnovabili?
Nel 2014 la domanda mondiale di energia primaria per combustibile vedeva leader il petrolio (31,2%) su carbone (28,7%), gas (21,1%), nucleare (4,8%) e biomasse (10,4%).
E’ di sabato scorso lo storico accordo sul petrolio. I Paesi Opec e non-Opec hanno raggiunto il loro primo accordo dal 2001 per ridurre la produzione di greggio e fare risalire i prezzi. L’intesa prevede un taglio della produzione pari a 558 mila barili al giorno e partire da gennaio. La decisione dei Paesi Opec  segue l’accordo di Vienna per il taglio di 1,2 milioni di barili, mossa che ha fatto già risalire i prezzi e come effetto rischia di essere accompagnata da un innalzamento dei prezzi dei carburanti.

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