In rotta verso il futuro, un compromesso affonda il clima

L’accordo IMO sul trasporto marittimo è un passo avanti per il multilateralismo, ma lascia il clima in secondo piano. Misure insufficienti e biocarburanti insostenibili rischiano di compromettere la decarbonizzazione del settore entro il 2050

Il 2025 si è aperto con un compromesso che, purtroppo, non ha soddisfatto le aspettative dei più ottimisti in tema di sostenibilità ambientale. L’accordo raggiunto al termine dei negoziati delle Nazioni Unite sul trasporto marittimo, avvenuti nell’ambito dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), è stato salutato come una “vittoria per il multilateralismo”, ma allo stesso tempo come una sconfitta per il clima. E questa contraddizione è il cuore dell’analisi di Transport & Environment (T&E), che in un report appena diffuso mette in luce le numerose lacune dell’accordo.

L’accordo prevede l’adozione di alcune misure per abbattere le emissioni di gas serra del settore marittimo, ma la realtà è che non solo queste misure sono ben lontane dal raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati dall’IMO nel 2023 (che prevedono la decarbonizzazione del settore entro il 2050), ma rischiano di essere dannose sul lungo termine, promuovendo biocarburanti di prima generazione come l’olio di palma e di soia. Questi carburanti, seppur “economici”, sono noti per il loro impatto devastante sugli ecosistemi, come la distruzione delle foreste tropicali, e potrebbero addirittura peggiorare la situazione in termini di emissioni di CO2.

Il compromesso raggiunto è il risultato di intensi negoziati e rappresenta un passo, seppur modesto, verso l’adozione di soluzioni più verdi nel settore marittimo. Infatti, per la prima volta l’IMO ha introdotto un quadro che prevede la generazione di entrate per la decarbonizzazione ma, come sottolinea T&E, questi fondi sono tutt’altro che sufficienti per incentivare i combustibili puliti e garantire una transizione equa e sostenibile. A fronte di un obiettivo di riduzione delle emissioni che si sperava fosse vincolante, si prevede che l’accordo possa ridurre solo del 10% le emissioni entro il 2030, ben lontano dal traguardo del 30% che sarebbe stato necessario per mantenere la promessa di un futuro senza emissioni nette entro il 2050.

Sebbene l’intenzione di salvaguardare il multilateralismo sia chiara, la questione dei biocarburanti rappresenta un punto nodale. Se i carburanti più economici e facilmente accessibili, come quelli derivati da colture insostenibili, dovessero prevalere, il rischio sarebbe compromettere definitivamente la lotta al cambiamento climatico. Un’analisi precedente di T&E ha addirittura previsto che una simile scelta potrebbe portare a un incremento di 270 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti entro il 2030, vanificando gli sforzi globali per la decarbonizzazione.

In questo scenario, la responsabilità non è solo dell’IMO, ma anche dei singoli Paesi che ora devono fare la loro parte per rendere realizzabili gli obiettivi di decarbonizzazione. È fondamentale che i governi introducano politiche nazionali che incentivino l’uso di carburanti sostenibili, in particolare quelli derivati da idrogeno verde, se si vuole davvero evitare un disastro ecologico e promuovere una vera transizione verde per il settore marittimo.

Alla fine, l’accordo IMO è un passo avanti, ma anche una sconfitta parziale per l’ambiente. La partita è tutt’altro che finita e, come sottolinea Faig Abbasov, direttore del settore marittimo di T&E, ora è il momento per ogni singolo Paese di agire, adottando politiche nazionali che possano finalmente aprire la strada a carburanti davvero sostenibili. Il multilateralismo ha avuto la sua vittoria, ma ora bisogna sperare che le politiche locali diano una spinta decisiva per salvare il nostro pianeta.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *