Ponti tedeschi al limite, sicurezza a rischio

Mentre i ponti cadono a pezzi e i costi per ripararli lievitano, il governo tedesco investe in nuove strade anziché mettere in sicurezza quelle esistenti: la ricetta perfetta per un disastro annunciato, secondo Transport & Environment

In Germania circa 6mila ponti autostradali e statali sono tecnicamente “a fine vita” e dovrebbero essere sostituiti, non domani ma… ieri. A lanciare l’allarme è un recente studio di Transport & Environment (T&E) Deutschland, che parla chiaro: un quarto delle infrastrutture su cui si muove il traffico su gomma tedesco è gravemente compromesso. E la situazione non migliora spostando lo sguardo verso le strade comunali, dove la mancanza di dati strutturati nasconde un potenziale disastro.

La cifra necessaria per rimettere in piedi il sistema sarebbe pari a quasi 100 miliardi di euro, tra ponti federali e comunali. Ma il Ministero dei Trasporti, denuncia T&E, si ostina a inseguire una logica da “triage”, cioè scegliere chi salvare e chi no, senza una strategia sistemica. Come se l’infrastruttura viaria fosse un campo di battaglia più che una rete nazionale.

Il piano del Ministero punta alla ricostruzione di 4mila ponti da qui al 2030, concentrandosi principalmente sul corridoio TEN-T, la rete trans-europea di trasporto. Ma sono oltre 12mila i ponti fuori da questo piano che già oggi necessiterebbero interventi. E mentre il tempo passa, i costi aumentano esponenzialmente. “Ogni intervento rimandato oggi è un’esplosione di spesa domani”, spiega Benedikt Heyl, Senior Analyst di T&E.

È facile sottovalutare questa crisi come un problema “da ingegneri civili”, ma per l’industria dell’automobile tedesca – da sempre simbolo dell’efficienza infrastrutturale – è una mina vagante. Le aziende automobilistiche e della logistica, già sotto pressione per la transizione elettrica e le sfide della supply chain post-COVID, dipendono da una rete stabile e affidabile per far viaggiare merci e componenti. Quando un ponte cede – e in Germania sta già succedendo, come nel caso simbolico del viadotto Rahmede chiuso nel 2021, che ha paralizzato una delle principali arterie dell’ovest del paese – a crollare non è solo il cemento, ma la credibilità di un sistema.

Il Financial Times afferma che le crepe di un sistema trascurato troppo a lungo stanno emergendo in Germania mentre per Le Monde il Paese dell’automobile rischia di diventare quello delle deviazioni obbligatorie.

T&E suggerisce una serie di interventi urgenti, dal supporto economico ai comuni alla transizione del trasporto merci verso la ferrovia, fino all’uso di materiali a basso impatto climatico come acciaio e cemento verdi. È una visione che sposa la manutenzione come scelta politica, contro la retorica sterile dei nuovi chilometri di asfalto.

Per il mondo dell’automotive, questa potrebbe diventare l’occasione di un ripensamento profondo. L’industria tedesca dell’auto ha sempre goduto – e contribuito a costruire – una rete di trasporti capillare ed efficiente, uno dei suoi più grandi vantaggi competitivi. Oggi, quello stesso vantaggio rischia di essere compromesso dalla miopia strategica di chi guida le politiche infrastrutturali.

In tempi di crisi climatica, di transizione ecologica e di profondi cambiamenti industriali, continuare a progettare nuove autostrade mentre i ponti esistenti crollano è una metafora perfetta di una politica rivolta al passato. Come sottolinea ancora Heyl: “Chi oggi sogna nuove strade ha perso il senso della realtà”.

Serve una svolta non solo nei bilanci pubblici, ma anche nelle priorità culturali e industriali. Se l’automotive vuole restare il motore dell’economia tedesca, deve cominciare col chiedere strade solide sotto le ruote. Non nuove, ma sicure.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *