L’inizio di un nuovo viaggio è il destino circolare delle auto

Le auto da rottamare sono al centro di una rivoluzione europea che punta su riciclo e sostenibilità. La nuova normativa impone obiettivi vincolanti per l’uso di plastica riciclata nei veicoli, trasformando la gestione dei materiali in una sfida cruciale per l’ambiente e l’economia circolare

Che cosa succede a un’auto data in permuta come “da rottamare” quando – dopo l’arrivo dal concessionario, dopo che le chiavi sono state consegnate – il motore si spegne per sempre? La maggior parte di noi non ci pensa. Eppure, proprio lì, nel destino silenzioso di milioni di veicoli dismessi, si gioca una partita cruciale per l’ambiente e per l’economia circolare dell’Europa.

Non è solo una questione da rottamatori perché è una sfida ingegneristica, industriale e politica che riguarda automobilisti, costruttori, legislatori. A ricordarlo è l’ACEA (Associazione dei costruttori europei di automobili), che in una nota siglata da Silvia Vecchione, responsabile delle politiche ambientali dell’ACEA parla di un mondo in cui anche la plastica di un cruscotto può fare la differenza.

La Commissione Europea ha proposto una revisione delle normative sugli End-of-Life Vehicles (ELV), ovvero i veicoli a fine vita. Ma attenzione: non è l’ennesimo groviglio normativo di Bruxelles. È un’opportunità concreta per ripensare come produciamo, utilizziamo e – soprattutto – come “chiudiamo il cerchio” delle nostre automobili.

Le case automobilistiche stanno già facendo la loro parte, progettando veicoli più longevi, leggeri, facilmente smontabili e riciclabili. Ma se vogliamo davvero che ogni rottamazione diventi un’opera di sostenibilità, servono regole chiare, eque e soprattutto realizzabili.

E qui entra in gioco la plastica.

In un’auto moderna ci sono tra i 200 e i 350 kg di plastica. Componenti leggeri, sicuri, performanti. Ma anche difficili da recuperare a fine vita. Oggi gran parte di questi materiali finisce incenerita o in discarica: un danno ambientale, ma anche un’occasione persa per il riutilizzo intelligente delle risorse.

La proposta europea prevede l’introduzione di obiettivi vincolanti per l’uso di plastica riciclata nei nuovi veicoli. Un cambio di paradigma. Tuttavia, come ogni rivoluzione, anche questa va gestita con equilibrio. Avere fretta, senza strumenti adeguati, rischia di portarci a usare plastiche riciclate di bassa qualità, che non rispettano gli standard di sicurezza o prestazione richiesti per un’auto.

Ecco perché l’industria chiede tempo – 72 mesi per adattare i nuovi modelli – e strumenti: metodi comuni per misurare il contenuto riciclato, sistemi di certificazione affidabili e soprattutto tecnologie avanzate di riciclo da sviluppare e sostenere.

Un altro tema riguarda l’origine delle plastiche riciclate. Alcune proposte puntano a privilegiare i materiali “Made in EU” o provenienti da una lista selezionata di Paesi. Una mossa che rischia di strozzare l’offerta proprio quando la domanda esploderà. Le filiere automotive sono globali, e la transizione circolare non può chiudersi dentro le frontiere.

Progetti come AFRECAR, che promuovono il riciclo sostenibile in Africa, dimostrano che la vera leadership europea si gioca nella cooperazione, non nelle restrizioni. L’Europa può diventare il riferimento mondiale per il riciclo responsabile della plastica, ma solo se saprà costruire ponti, non muri.

Non si tratta solo di regolamentare che cosa fare con un paraurti a fine corsa. In gioco c’è la credibilità stessa delle politiche ambientali europee. Possiamo davvero dimostrare ai cittadini che la sostenibilità non è uno slogan, ma un principio che si incarna anche negli oggetti più quotidiani, come l’auto che guidiamo ogni giorno?

Per riuscirci, la nuova normativa ELV deve coniugare ambizione e realismo. Deve riconoscere la complessità dell’industria automobilistica, l’importanza della sicurezza, la necessità dell’innovazione. E deve farlo ascoltando chi queste auto le progetta, le costruisce e, alla fine, le smonta.

In un’economia circolare vera, ogni fine è un nuovo inizio. Anche per una plastica dimenticata sotto il cofano.

Silvia Vecchione, responsabile delle politiche ambientali dell’ACEA

 

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