Alla COP29 clima in retromarcia, e la mobilità?
Si è conclusa poche settimane fa a Baku la ventinovesima Conferenza delle Parti (COP) sul clima, che ha messo in evidenza le carenze strutturali nella transizione dalle dichiarazioni di intenti all’azione concreta. Contestualizzandolo quanto emerso al mondo dell’auto, si possono trarre alcune riflessioni significative.
La promessa di mobilitare 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per supportare i Paesi in via di sviluppo è rilevante per il settore automobilistico, che potrebbe beneficiare di investimenti destinati alla transizione verso tecnologie sostenibili, come veicoli elettrici (EV) e a idrogeno. Tuttavia, l’incertezza sull’effettiva erogazione dei fondi complica la pianificazione a lungo termine per i costruttori.
Nonostante i progressi nella decarbonizzazione del reddito, le emissioni globali continuano a crescere, influenzate dalla domanda di auto in Paesi emergenti come Cina e India. Le emissioni pro-capite stabili riflettono una sfida diretta per l’industria: ridurre significativamente l’impronta carbonica dei veicoli.
Il lento avanzamento di un mercato internazionale dei crediti di carbonio potrebbe ritardare gli incentivi per l’adozione di tecnologie green. Per l’industria automobilistica, un mercato di carbonio ben funzionante potrebbe rappresentare un’opportunità per compensare le emissioni della produzione e per accelerare l’adozione di modelli a zero emissioni.
I Paesi emergenti, in rapida urbanizzazione, vedono una crescita della domanda di mobilità. Questo implica un forte aumento delle emissioni legate al trasporto, che richiede soluzioni accessibili e sostenibili. I produttori di auto devono innovare per rispondere a queste esigenze, mantenendo i costi contenuti.
Gli impegni dell’UE e degli Stati Uniti per ridurre le emissioni contrastano con la crescita del contributo cinese e dei Paesi in via di sviluppo. Le case automobilistiche europee e americane, leader storici del settore, devono competere con la Cina, che non solo domina in termini di emissioni ma è ormai il più grande produttore di EV.
La COP29 ha quindi messo in evidenza una debolezza intrinseca nell’allineamento tra politica e industria, con il settore automobilistico che deve affrontare sfide globali legate a emissioni, mercati in evoluzione e finanziamenti incerti. Tuttavia, l’accelerazione verso i 300 miliardi all’anno e lo sviluppo di mercati del carbonio rappresentano segnali che l’industria può sfruttare per spingere la transizione energetica e mantenere competitività.
E così, mentre a Baku si annunciavano le solite grandi promesse con risultati per lo più simbolici, nel mondo dell’auto si tirano le somme: le case automobilistiche si chiedono se quei soldi arriveranno davvero o se resteranno un miraggio, tipo l’auto volante che tutti aspettano dal 1950. Nel frattempo, la Cina guida la corsa agli EV come se fosse il Gran Premio di Monza, mentre l’Europa si consola abbattendo emissioni più velocemente di quanto cresca il suo PIL, soprattutto perché quello cresce pochino.
Insomma, tra piani climatici ambiziosi e mercati del carbonio che avanzano con la velocità di una city car a GPL in salita, la COP29 ci lascia con una certezza: quando si tratta di salvare il pianeta, le emissioni fanno pit-stop, ma il business corre sempre a tutta velocità.
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