Analisi critica dell’Alfa Romeo Giulia

Era attesissima. Desideratissima. Ora, a distanza di circa un anno e mezzo dalla sua commercializzazione, si può incominciare a valutare con maggior freddezza. Termine poco indicato per descrivere una vettura che, rispetto a molte concorrenti, promette di regalare emozioni anche da ferma.

Già, perché proprio a incominciare dal design si può incominciare a descriverla senza essere presi dall’effetto lancio. Le foto iniziali possono dare un’indicazione di massima. Ma è poi vedendo la vettura in varie situazioni “naturali” che l’occhio la definisce meglio. Luce, angolazioni, abbinamenti colore interno/esterno e proporzioni: tanti elementi che contribuiscono all’esperto o all’automobilista comune a giudicare le linee.

La Giulia non ha deluso: anche se le dimensioni sono significative le proporzioni sono ben studiate. Anche quella tendenza a giudicarla simile – soprattutto nelle linee del padiglione – alla serie 3 si sono attenuate. Questa percezione, definibile come un’originalità ora più percepita dagli appassionati del marchio, è abbastanza diffusa.

Se mi chiedessero un’opinione direi quindi che la Giulia mi affascina e che nella sua categoria per me non ha rivali: la comprerei.

Alcuni amici, soprattutto quelli che da anni guidano vetture tedesche, una volta ascoltata quest’affermazione mi chiedono sempre: “Ma come va?”. Quasi come se le prove delle vetture fossero un privilegio di noi giornalisti.

Nel caso della Giulia rispondo: “Telaio ottimo, ma non ho provato tutte le motorizzazioni. E occhio: fossi in te non prenderei nessuna versione col cambio manuale”. Il sottoscritto ha infatti “assaggiato” solo due motorizzazioni diesel (2.200 cm3 con potenze di 150 e 180 CV, quest’ultima con cambio manuale a 6 marce e automatico ZF a 8 rapporti. Propendendo per questa, dichiaro di arrendermi alla modernità: ciao ciao manuale.

Ma l’addio, nel caso della Giulia, è reso più facile dal giudizio sulle caratteristiche di quello azionato a leva. Che, sotto certi punti di vista, è inferiore a quello delle progenitrice 159.

In parole povere: i propulsori (almeno quelli diesel, gli altri non so) sembrano nati per essere abbinati al cambio automatico. Una volta accesa e fatte (o meglio: comandate) le prime cambiate ci si rende subito conto che la leva del cambio la si può mettere nel cassetto dei ricordi senza troppe lacrimucce.

Una volta affrontate le prime curve le doti telaistiche emergono al punto da creare un’immediata confidenza. Alla Giulia si dà del “tu” e il feeling regalato dalle evolute sospensioni e da uno sterzo che più riuscito non si può permette di “giocare” con la vettura. Ma questo non vuol dire assolutamente portarsi in garage una vettura impegnativa: se si vuole la si può guidare anche in souplesse.

C’è da chiedersi quali saranno le strategie dell’Alfa Romeo riguardanti “l’elettrificazione” dei suoi modelli. In una recente considerazione al riguardo Sergio Marchionne ha detto che i marchi che garantiscono un’elevata esperienza di guida saranno poco “colpiti” dal cambio di paradigma che includerà anche una diversa percezione dei vari brand. Nel frattempo la diretta rivale BMW ha già da tempo incominciato ad “educare” i clienti, proponendo versioni ibride e full electric.

cruscotto_AlfaRomeoGiulia

1 commento
  1. Pasqualino
    Pasqualino dice:

    Ciao. Allora secondo me. Ci sarebbe da modificare la parte del cofano dove c’è IL PICCOLO ALETTORE, bisognerebbe fare un buchino per far modo che quando l’auto e ferma in sosta. L’acqua scivola via. Un buchino di diametro 3 cm. Grazie ?

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *