ANALISI – L’auto italiana in panne tra motori termici (da spegnere) e sogni elettrici (da accendere)
La crisi dell’industria automobilistica italiana è un problema di lunga data, una certezza ormai quasi… endemica, anche se c’è chi preferisce dare la colpa alla transizione ecologica come fosse questa nuova “moda” il colpevole da demonizzare. Ma se facciamo un passo indietro ci possiamo accorgere che non è proprio così. Gli anni Novanta sono stati un po’ come quei giri di pista in cui la Formula 1 inizia a fare rumori strani e perdere velocità. Competitività calante e delocalizzazioni spesso un po’ disinvolte hanno contribuito ad accrescere la parabola discendente. Poi, nel 2008, è arrivato il grande botto della crisi economica e finanziaria globale, che ha lasciato l’industria a girare in tondo, senza sapere bene da che parte dirigersi. Dal 2010 a oggi è stato un lungo declino rettilineo fino al 2020, quando pandemia e innovazioni tecnologiche da introdurre forzatamente hanno aggiunto al percorso qualche pericoloso tornante, sempre in discesa.
A parlare sono i numeri: dal 1990 la produzione di auto in Italia è scesa del 75 per cento, da 2 milioni a circa 500 mila unità all’anno. L’anno scorso le immatricolazioni sono calate dello 0,5 per cento rispetto al 2023, con picchi fortemente negativi come a ottobre, mese in cui il calo è stato del 9,1 per cento. Insomma, da un lato ci siamo persi le auto, dall’altro anche chi le guida…
Il mercato dell’auto oggi è un campo di battaglia tra bolidi sempre più costosi e ingombranti, strade cittadine con sempre meno manutenzione e giovani che preferiscono sfrecciare contromano su un monopattino. E tutti – chi usa e chi non usa l’auto – guardano con curiosità e incertezza alle nuove tecnologie: elettriche, ibride, idrogeno… quasi come dover scegliere tra gusti di gelato (costosissimi) mai assaggiati.
Una tragedia, quindi? In realtà secondo lo studio Power Shift redatto da Accenture si intravede qualche speranza. Sembra infatti che il 22 per cento di chi non possiede ancora un’auto elettrica pensa di comprarne una entro 5 anni e il 48 per cento del campione ritiene che le auto elettriche siano il futuro. Valore interessante, non fosse che il 52 per cento invece non lo crede…
Che cosa conta veramente per chi compra un’auto? La sicurezza (87 per cento), il costo (86 per cento) e l’affidabilità (84 per cento) sono le priorità e inoltre il 54 per cento degli italiani vuole una formula d’acquisto che sì, sia orientata al futuro e quindi alla rete internet, ma allo stesso tempo non perda di vista la tradizione, cioè le concessionarie. Forse perché non si fida del tutto di nessuno dei due canali.
A fronte di queste notazioni che in una certa misura potrebbero essere considerate positive, c’è un grosso punto negativo: peccato che il costo delle vetture elettriche sia ancora un salasso. Basta attendere, dicono gli ottimisti, perché tra qualche anno le batterie peseranno meno, saranno più prestazionali, costeranno poco e si caricheranno molto più velocemente di oggi. Servirebbero incentivi, dicono invece gli esperti, per livellare da subito i costi rispetto ai veicoli tradizionali. Altrimenti la gente continuerà a comprare (lo afferma quell’86 per cento di prima) quello che conviene di più, sia esso un diesel o un GPL.
Anche sul fronte delle infrastrutture, troviamo buone notizie e qualche intoppo. I punti di ricarica pubblici stanno aumentando considerevolmente in maniera continuativa, tuttavia il numero di auto elettriche immatricolate non segue lo stesso ritmo: è un po’ come prenotare al ristorante un tavolo da 10 e presentarsi in tre… Per ora sono le ricariche domestiche a dominare la scena con l’80 per cento degli utenti che preferisce (o ha vantaggio nel) ricaricare a casa o in azienda, con qualcosa meno di 1 milione di punti privati stimati. Finora sono stati i bonus fiscali a far aumentare il numero di colonnine private, ma servirebbe un ulteriore sprint motivante per convincere sempre più persone a fare il grande salto verso l’elettrico.
Servirebbero forse incentivi esclusivi per le auto elettriche ampliando le infrastrutture e migliorandole. Per esempio diffondendo capillarmente il sistema Plug & Charge grazie al quale sarebbe sufficiente collegare il veicolo alla colonnina senza dover utilizzare app, card o altre procedure complicate per avviare la procedura e il pagamento. Sarebbe un bel passo in avanti poter pagare senza preoccuparsi di perdere minuti nel cercare l’app giusta sul cellulare o la card nel portafoglio, magari sotto la pioggia!
Insomma, l’industria automobilistica italiana sembra essere a un incrocio: da una parte la nostalgia di un passato glorioso ormai perduto, dall’altra la speranza di un futuro elettrizzante, nel senso letterale del termine. Certo, tra crisi, costi e monopattini impazziti, il viaggio non è semplice. Ma forse il vero problema non è il motore termico che si rompe o non si deve più utilizzare, bensì la direzione verso cui andare: perché se continuiamo a girare in tondo, senza prendere decisioni necessarie per lo sviluppo del settore, rischiamo di restare senza benzina e senza ricarica.
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