Auto Usa, la crisi va in berlina In eccesso 3 milioni di veicoli

I riflessi sfolgoranti delle vetture esposte al Salone dell’Auto di New York che ha aperto qualche giorno fa al pubblico non lo farebbero supporre, invece il settore auto in America è nuovamente in recessione. Lo sostiene Bloomberg, analizzando numeri e tendenze che non generano segnali positivi per lo stato di salute dell’economia globale, e che sono pessimi per l’automobile Usa, anche peggiori di quelli europei (-3,6% a marzo) e italiani (-6,5% nel primo trimestre 2019). Si stima infatti che l’industria americana che Trump vuole supportare con la contrastata politica dei dazi, produrrà quest’anno circa 3 milioni di veicoli in eccesso rispetto alle richieste del mercato. Malgrado l’economia Usa galoppi, con la disoccupazione ai minimi storici e ilcalo del prezzo del carburante, l’industria americana dell’auto frena. Parte delle ragioni sta nel crollo della domanda di berline, che appena sei anni fa rappresentavano il 50% del mercato. «Fra i consumatori c’è stato un esodo di massa verso i Suv, e le vendite di berline famigliari come Honda Accord e Ford Fusion hanno registrato un calo del 30% nel 2018», sostengono gli analisti.

L’industria statunitense, dopo l’iniziale esplosione dei Suv, in seguito all’aumento del prezzo dei carburanti registrato una decina di anni fa, invece ha puntato molto sul ritorno ai modelli di berlina tradizionale. Ma, ora che la benzina costa nuovamente poco e si assiste al ritorno di fiamma dei veicoli di taglia larga, si trova costretta a riconvertirsi nuovamente. Fra le aziende più a rischio c’è General Motors. Il colosso di Detroit prevede profitti al di sopra delle aspettative ma, rileva Bloomberg, «il maggior contributo alle rosee previsioni sono i tagli ai costi, che comprendono la chiusura di cinque stabilimenti in Nord America».

Tradotto in pratica: 20mila posti di lavoro persi, escluso l’indotto. Problematica a livello di scelte la strategia degli altri marchi. Toyota si dichiara intenzionata a non smobilitare dal mercato delle berline, Fca invece ha anticipato quella che Bloomberg definisce «la spirale mortale delle berline» e ha puntato molto sui Suv di Jeep, da Grand Cherokee a nuovi modelli come Gladiator. Identico l’approccio di Mercedes che all’International Auto Show 2019 di New York ha addirittura definito ‘Suv Attack’ il suo posizionamento dopo aver venduto 165mila vetture di questo tipo l’anno scorsi negli Usa, e rinnovando l’offensiva con il lancio di 6 nuovi modelli tra cui il debutto dell’ammiraglia GLS, la nuova GLC Coupé e la EQC elettrica.

In generale sono lusso, sportività e veicoli di grandi dimensioni a occupare gli stand di un Salone completamente diverso da quelli europei, con vetture e modelli dedicati al mercato americano. Un ruolo particolare tocca a Maserati, reduce da un 2018 al di sotto delle stime a livello globale (34.900 unità vendute con un -32% rispetto al 2017) addebitato ai risultati non soddisfacenti fatti registrare in Cina e in altri mercati-chiave. Ma anche, come ammesso dall’Ad Fca, Mike Manley, alla non felice scelta di affiancare Maserati ad Alfa Romeo per la creazione del polo del lusso per il Made in Italy, che ha pesato sull’immagine del marchio del Tridente. Ora Maserati è al centro di un piano di riposizionamento importante, avviato con il ritorno del manager tedesco Harald Wester nel ruolo di responsabile, che non può prescindere dal mercato degli Stati Uniti. Per questo a New York Maserati era presente con l’intera gamma (Ghibli, Levante, Quattroporte e Gran Cabrio), e con alcune anteprime per gli Stati Uniti. (avvenire.it)

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