Basta ipocrisie

Oggi scrivo di moto. Non se ne può fare a meno dopo la gara di Moto GP. La penultima gara di un Mondiale bellissimo. Combattuto e spettacolare. Di fatto, però, è una storia di piloti, come tante altre nella Storia del Motorsport. E più semplicemente una storia di uomini, come tanti.
Mi piace essere chiaro. E vedere serenamente quel che è accaduto sgombrando il campo dalle ipocrisie.
Primo punto, da scolpire sulla pietra a imperitura memoria. Deve ancora nascere il pilota che è contento se vince un altro. O se un altro lo passa, o se ha in qualche modo più successo e visibilità. Semplicemente non è mai esistito e, senza paura di essere smentito, dico che non esisterà proprio mai. Teniamolo presente perché ci consente di inquadrare con maggiore serenità il duello che abbiamo visto a Sepang. Che poi non è un duello isolato, ma è una storia umana tra piloti. Come tanti. Una storia che nello specifico riguarda Marc Marquez e Valentino Rossi, ma anche Jorge Lorenzo.
Dicevo, non esistono amici quando si cala la visiera. Poi ci possono essere piloti più simpatici o meno. Piloti umanamente indifferenti. E anche piloti che stanno sulle palle, più o meno pesantemente. Esattamente come nel campionario umano di tutti i giorni. Come in un qualsiasi ambiente di lavoro. E persino in una famiglia. Semplice e banale natura umana. E sociologia dei rapporti.
Detto questo e tornando alla Moto GP, è dunque normale che Marquez, Rossi e Lorenzo siano avversari spietati. E che facciano il possibile e l’impossibile per finire davanti agli altri. E che provino anche un brivido di godimento quando uno degli altri va per le terre perdendo la gara. Normale. Eticamente discutibile per i puristi dell’anima, ma comprensibilissimo. Sempre se vogliamo evitare l’ipocrisia. Nelle corse e nello sport in genere, io pilota devo stare davanti a tutti gli altri. Sempre e comunque. Punto. Altrimenti è meglio che faccia un altro mestiere.
Poi succede che tra i tre menzionati prima non ci sia solo una condivisione dello stesso ambiente di lavoro, ma ci sia anche dell’antipatia. Forte. Non equamente distribuita tra i tre, però. Normale anche questo nella natura umana. Capita che uno sia più antipatico di un altro. Se poi con questo qualcuno ci devi anche spartire l’ambiente di lavoro, allora può diventare fastidioso. A maggior ragione quando c’è competizione. Per esempio, capita che a Marquez stia antipatico Rossi, al quale sta antipatico Lorenzo che ricambia serenamente.
Il duello che Marquez ha messo in piedi con Valentino nei primi giri è dunque perfettamente logico se teniamo conto delle considerazioni che ho appena fatto. Non c’era nessun motivo tecnico o sportivo per cui dovesse farsi da parte. Non era mica doppiato. Per dipiù gli sta pesantemente sulle palle e quindi ha fatto di tutto per metterlo in difficoltà. Se avete notato, i sorpassi di Marquez non erano mai banali. Erano piuttosto una continua provocazione. Non prendiamoci in giro… è stato evidente. C’era sempre il tentativo di provocare un contatto, una spallata, una strisciata. Un gesto di sbruffoneria strafottente di un ragazzino iper-talentuoso che non può più partecipare alla lotta per il titolo ma che ha delle simpatie, o meglio, delle antipatie. E non le nasconde. Ed è, a mio modo di vedere, un fatto tanto evidente quanto assolutamente normale nella natura umana. Valentino sta antipatico a Marc, mentre Jorge no. Punto.
Tra l’altro, Vale lo aveva anche puntualizzato davanti al mondo intero, in conferenza stampa, che a Phillip Island Marc aveva fatto l’impossibile per ostacolarlo. Apposta. Lo aveva detto proprio per non far prevalere i sorrisini di circostanza, quell’ipocrisia del sembrare amici a tutti i costi quando in realtà non ci si sopporta. E da bravo ragazzino strafottente, Marquez non ci ha nemmeno pensato a smentire. Ma anzi ha calcato la mano dandone una dimostrazione evidente. Sì, era proprio così… lo faceva apposta…
Personalmente non ci vedo nulla di male in tutto ciò, se non che nel duello con Vale è Marquez che ha perso per primo la lucidità. E Vale gli è andato dietro. Ecco, l’unico effetto collaterale negativo quando si verificano questo tipo di conflitti umani, è proprio la perdita della lucidità. Nello sport come nella vita di tutti i giorni.
Ora si fa in fretta a dire “Un nove volte campione del mondo non doveva cadere nel tranello… doveva essere più maturo”. Anche qui, cortesemente, smettiamola di essere ipocriti. Chi nell’adrenalina del duello… con uno che ha fatto passare il tuo avversario per il titolo senza opporre la minima resistenza ma che non la smette di farti trovare lungo, pur essendo fuori dai giochi importanti… uno che continua a provocarti mentre il tuo avversario intanto se ne va… uno così, che ti sta già sulle palle, e per dipiù provoca con sorpassi da gradasso rischiando volutamente il contatto ogni volta che si avvicina…. beh, chi sarebbe stato così freddo da mantenere l’aplomb da santo, evitando di dirgliene quattro? Non siamo ipocriti, su…. è comprensibile anche la reazione di Vale.
Poi purtroppo la lucidità è un qualcosa che quando la perdi ci metti un po’ a ritrovarne il filo. Ed ecco che, prima di calmarsi, scatta il fallo di reazione. Un errore. Eticamente discutibile, sempre. Ma altrettanto umanamente comprensibile, a mio modo di vedere. Io dico che, in quella situazione, è umano il gesto di reazione. Scorretto, assurdo, inaccettabile… moralmente discutibile fin che volete, ma comprensibile. Sempre se non vogliamo essere ipocriti…
Poi è chiaro che il gesto di reazione si paga. Giustamente. Perché è eclatante, perché non si fa, perché passi dalla parte del torto, perché viene punito con l’espulsione persino nel calcio. Quindi Vale ha sbagliato ed è normale che sia stato punito. E’ giusto così e non c’è nessuno spirito persecutorio in questo. Semmai potremmo discutere l’entità e la tipologia della sanzione. Curiosamente scientifica e alquanto strana, a mio modo di vedere. Tre punti di penalità sulla patente per, presumo, condotta di gara pericolosa. Proprio tre punti che sommati a uno già sanzionato a Misano fanno, guarda caso, un numero di punti sufficiente a far partire Rossi per ultimo nell’ultima gara del Mondiale. Diciamo che è un modo un po’ perverso per dirgli che ha perso il Mondiale… Ma una sanzione ci sta, non ci sono scuse. Poteva esserci l’esclusione dalla classifica di questa gara. E dal punto di vista numerico per Rossi sarebbe stato peggio.
Queste, secondo me, sono le considerazioni che dovremmo serenamente fare sul duello Rossi-Marquez. Di duelli così, di piloti che si ostacolano al limiti della legalità (e anche oltre) ne è piena la Storia del Motorsport. Senna e Prost, Schumacher e Villeneuve… e potrei andare avanti all’infinito. E ne è piena la storia umana di tutti i giorni. Che piaccia o non piaccia, è così. Capita.
Ora però voglio dire due parole anche su Jorge Lorenzo, che avrebbe potuto stare alla finestra, in qualità di spettatore serenamente interessato (e, se volete, gongolante), e invece ha voluto partecipare come protagonista. Lorenzo, in questo duello Marquez-Rossi, è parte in causa ma non essendo stato direttamente coinvolto nell’incidente aveva la grossa opportunità di poterne rimanere fuori. Anche nei commenti a fine gara. Una grande occasione di mostrarsi intelligente e superiore che, purtroppo per lui, ha perso. Intervenendo in Direzione Gara quando non ne aveva nessun titolo. E criticando come insufficiente la sanzione applicata, quando avrebbe potuto godersela ufficialmente in silenzio per poi, privatamente, stappare champagne.
Ecco, anche questo capita. E’ nella natura umana pure questo, anche se lo vedo molto meno giustificabile. Perché è capitato nel dopo gara, quindi più a freddo. Dove la lucidità è più difficile da perdere. E dove l’intelligenza la dovrebbe fare da padrone. A meno che non si voglia mostrare al mondo che la natura distribuisce talento ma non sempre lo accompagna con l’intelligenza. Che poi, purtroppo, non si può più acquistare in farmacia…

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