Calenda e Delrio si parlino

Ben vengano le parole del ministro Carlo Calenda secondo il quale nella Strategia energetica nazionale si sta ragionando «sulla possibilità di incentivare il passaggio alle auto elettriche, a metano e ibride perché è prevista la neutralità tecnologica».

Aiuti, ha precisato il capo del dicastero allo Sviluppo economico, che «dovrebbero andare soprattutto alle famiglie che hanno redditi più bassi e macchine più vecchie».

È vero che di affermazioni del genere, insieme a promesse regolarmente passate in cavalleria, ne abbiamo sentite parecchie.

Comunque, è positivo che al governo se ne parli. Peccato, però, che soli pochi giorni fa un altro esponente di Palazzo Chigi, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, si sia espresso diversamente rispetto al collega. «Per ora – aveva detto in un convegno – mi pare che non ci sia all’orizzonte un incentivo di alcun tipo per il rinnovo del parco auto».

Appare dunque evidente che Calenda e Delrio, compagni di banco al governo, non si siano parlati.

Uno dice una cosa, l’altro l’opposto. Disarmante.

E nel caso: chi la spunterà? Il caos decisionale non fa per niente bene. Da un lato, crea aspettative da parte di chi intende cambiare la macchina; dall’altro (è il caso delle parole pronunciate da Delrio) rinvia chissà a quando la soluzione di un grosso problema: quello dello svecchiamento di un parco auto circolante che include oltre 10 milioni di veicoli obsoleti e, per questo, inquinanti e per nulla sicuri.

E poi ci si stupisce se ogni anno, puntuali, arrivano i soliti allarmi smog, e ad andarci di mezzo sono le automobili anche dotate di motorizzazioni recenti (Euro 5), per non parlare della chiusura di aree cittadine alle vetture a gas e Gpl, le stesse prima sponsorizzate perché ecologiche dalle amministrazioni comunali. Una cosa è importante, ipotizzando che la spunti Calenda: la filiera automotive (in particolare Unrae, Anfia e Fca) faccia subito sapere di cosa c’è realmente bisogno. Cioè di un vero piano green, ma strutturale.

E che, tra ministri, ci si parli di più. (fuorigiri.it)

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