Con l’introduzione del reato di “Omicidio stradale”, un freno ai pirati e ai criminali della strada, ma non basta

Ci sono voluti anni. Ma finalmente, ora, anche l’Italia riconosce per legge, il reato di “omicidio stradale”. Un atto di giustizia, hanno commentato le famiglie di molte vittime della strada. E sicuramente, aggiungiamo noi, un buon deterrente che può contribuire a ridurre l’emergenza che ogni giorno, nel nostro Paese, provoca una media di 9 vittime per incidenti stradali. Ma attenzione: l’istituzione del reato di “omicidio stradale”, anche se ha fissato pene certe severe, non può e non deve costituire un punto di arrivo. Non è con una condanna esemplare o anche con il semplice rischio di incappare in essa che si potrà risolvere il caos che regna sulle nostre strade. Perché di vero caos, fatto principalmente di incoscienza mista a presunzione e ignoranza delle regole da parte di migliaia di automobilisti, si tratta.
Non servono le statistiche, ma basta aprire gli occhi e guardare cosa accade quotidianamente dentro e fuori le città per rendersi conto, infatti, che il pericolo, in Italia, è ovunque: negli incroci come nelle aree di parcheggio; nelle vie di grande comunicazione come in quelle di servizio; lungo i rettilinei come in prossimità delle curve; nelle rotatorie come sulle rampe di accesso o di decelerazione.
Il mancato rispetto delle regole, anche di quelle più elementari, ormai da anni è la prima vera causa degli incidenti stradali nel nostro Paese. E il comportamento criminale di qualche automobilista risulta solo un’aggravante di una situazione che è già grave e pericolosa di per sé.
Non per fare gli esterofili, ma se si ha la possibilità di guidare anche solo per mezz’ora su una strada di un Paese straniero dell’Unione europea e si osserva il comportamento degli altri automobilisti (stranieri), la differenza con quello che accade all’estero è subito evidente. Come diventa evidente la mancanza di “cultura automobilistica” che invece noi italiani abbiamo. Una situazione, la nostra, che a volte è frutto della presunzione di nascere tutti piloti e di essere migliori degli altri e a volte è dovuta a errate convinzioni, ma sempre, alla base, ha una carenza di senso civico e una mancata conoscenza (o un mancato apprendimento) delle regole da rispettare e dei comportamenti da tenere.
Per cui condannare i pirati e gli assassini della strada è sicuramente un atto di giustizia, ma è anche giusto mobilitarsi fattivamente per cambiare rapidamente un malcostume e un’ignoranza ormai imperante nella maggioranza degli automobilisti italiani. Anche in quelli cioè che, almeno nell’immediato, non provocano incidenti mortali ma costituiscono comunque un pericolo costante.
L’Italia, insomma, ha sicuramente bisogno di maggiore severità sulle sue strade, ma anche di una migliore e più efficace educazione stradale dei suoi automobilisti. Ma mentre sul primo fronte, anche se lentamente qualche passo dalla creazione della patente a punti ad oggi si è mosso, sul secondo molto poco, se non proprio niente, è stato finora fatto.

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