Considerazioni sul libro “Vite di corsa” di Pino Allievi

Passano i motori aspirati, i turbo, le minigonne e qualche circuito ornai fuori “dal giro” per motivi economici. Quello che resta, anche in un mondo complesso come la F1, sono le persone. Perché, senza quel ristretto gruppo di addetti che lavorano in questo sport non si stringe nemmeno una vite, figuriamoci progettare una power unit o la sempre più complessa (e assurda) aerodinamica.
Quello che rimane nella rete dell’esistenza dipende dalla sensibilità di ognuno di noi. Qualcuno ne ha di enormi, a maglie larghe, per catturare molte cose materiali. Altri, diversi dalla massa, mettono sempre al centro le persone, entità che vengono ormai sempre di più emarginate dalla tecnica e dalle mutate “regole sociali” del “circus”.
Penso che Pino Allievi sia un pescatore che usa quelle più fini. Oppure sono io che, grazie al suo libro, ho ammirato una galleria di personaggi che non ho mai avuto il piacere e il privilegio di conoscere (tranne uno, ed è Mauro Forghieri). (https://autologia.net/vite-corsa-limperdibile-libro-pino-allievi/)
Allievi lo dice a chiare lettere nella prefazione: quello che ha scritto non è la descrizione della gente coinvolta nelle competizioni, ma “ritratti” di persone che ha avuto modo di frequentare nel corso della sua “militanza” nella carovana F1. E’ come se si fosse “astratto” dal contesto delle competizioni per ambientare il suo scritto in una dimensione più consona a cogliere le sfumature di ogni personaggio. I quadri che offre non sono ordinati in base a criteri cronologici, ma sono inseriti in questa galleria alla rinfusa. Un po’ come se avesse preso da una scatola fotografie di diverse epoche e, guardandole, avesse trascritto i suoi pensieri. La sua tavolozza? I taccuini che ha conservato in tutti questi anni di grandi scarpinate nei box. Sullo sfondo di ogni ritratto si percepisce un sottile rammarico per tutto quello che la modernizzazione ha fatto perdere alla F1. A cominciare da quel rapporto vivace e genuino con i piloti, ora imbrigliati nelle logiche di una comunicazione sempre più anonima e artefatta. Una cosa che deve aver provato – dal punto di vista prettamente tecnico-artistico – anche Giorgio Piola, altro “decano artista” di questo sport. Dopo aver letto “vite di corsa” si rimane piacevolmente pensierosi. Perché quelli appena finiti di leggere non sono 27 aneddoti, quelle sono storielle che lasciano un impressione più giocosa e ironica. Sono racconti scritti con l’autorevolezza del giornalista corretto e accorto, che ha basato la sua professione su solide fondamenta: la sensibilità e il gusto per le cose fondamentali della vita.

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