Costruire automobili, l’ultima moda

Dopo oltre un decennio di tortura per il continuo riproporsi dell’auto ad aria compressa che l’astuto millantatore Guy Négre offriva a destra e a manca trovando puntualmente un allocco disposto a dargli dei soldi, oltre che tanti improvvidi caporedattori pronti ad assicurargli titoloni sui quotidiani di mezza Europa, il nuovo incubo diventa ora l’auto (troppo intelligente) che tutti sembrano avere in casa e capace di sconvolgere ogni mercato.

Accadeva già all’inizio del secolo scorso, dove in ogni garage si nascondeva un produttore di carrozze a motore, adesso invece la moda contagia quelli che hanno tanti soldi da parte che evidentemente vedono nell’auto del futuro una forma di sicuro investimento.

Aveva iniziato Google a eccitare le fantasie con il suo ovetto, decisamente sgraziato, ma capace di camminare senza nessuno al volante. Tra poco toccherà alla Apple gettarsi sul progetto iCar per ripetere i trionfi di iPod, iPad e iPhone come se in fondo sia poi la stessa cosa. Un’auto ovviamente “intelligente”, elettrica e a guida autonoma, con un nome che evoca qualcosa di grande: Titan, che dovrebbe essere la prima di una lunga serie che si presume avrà nomi sempre più fantasiosi come Titan2, Titan3, Titan4…

Ma non basta. In Cina il multimiliardario Jia Yueting, chairman della Leshi, una grandissima azienda di Pechino che si occupa di Internet e tecnologia applicata per l’informazione, mica scherza: vuole distruggere (letteralmente) l’industria automobilistica mondiale mettendosi a produrre vetture, ovviamente molto più all’avanguardia di quanto gira per le strade adesso, e tutte connesse al web; e punta direttamente al mercato americano dove “nessuno potrà farne a meno”. Il messaggio di Yueting è molto chiaro: “E’ sempre così: quando arriva una cosa nuova la gente prima la ignora, poi si mette a ridere, poi entrano in guerra con te, ma alla fine tu vinci. Noi abbiamo tutto per dominare la scena futura grazie ai nostri punti di forza, compresa la progettazione, il design, la produzione e la distribuzione”. Alè.

Aspettando che anche gli eredi dell’impero Ferrero decidano di buttare a mare la Nutella per proporre al mondo l’auto di cioccolato (ovviamente elettrica e a guida autonoma) che si potrà acquistare al supermercato sul banco dei dolciumi, è lecito chiedersi che idea il vecchio mondo delle quattro ruote abbia dato di sé, visto che chiunque pensa di essere in grado di fare meglio e pure nel giro di pochissimo tempo.

Probabilmente sbaglio a essere perplesso, ma questa moda mi ricorda tanto gli anni 90 quando ogni attore, comico, cantante oppure calciatore apriva un ristorante, tanto niente è più facile che dare da mangiare agli affamati. Mille ristoranti inaugurati e mille ristoranti spariti senza il minimo rimpianto dei commensali.

Appuntamento tra 10 anni.

2 commenti
  1. Rino Drogo
    Rino Drogo dice:

    Mi riallaccio a questo intelligente commento di Carlo, al rientro dal mio solito viaggio di approfondimento al salone di Ginevra dove come ogni anno facendo il giro tra gli stand mi sono imbattuto in marchi sconosciuti con velleità di diventare la supersportiva del futuro prossimo. Sono disposto a scommettere che molti di questi marchi più o meno patinati non vedranno la fine del decennio. Certo qualche ricco-scemo lo troveranno, ma da qui a diventare un marchio la strada è lunga. Se il gruppo Volkswagen ha decretato il canto del cigno per Bugatti e Mercedes quello per Maybach qualche motivo ci sarà. Di geni che resistono a sopravvivere come Pagani ne esiste uno solo, gli altri sono solo minestre insipide.

  2. Autologia
    Autologia dice:

    Ma quindi aveva torto l’Avvocato Agnelli che già negli anni ottanta ha cominciato a dire che al mondo sarebbero rimasti 6/7 Costruttori di automobili? Allora l’attenzione era tutta centrata sui giapponesi e non si poteva neanche immaginare che sarebbero stati invece i cinesi a condizionare l’economia mondiale.

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