Disegnata dal vento

L’Ospite di Autologia: Tiberio Timperi.

Giulia 1300. Grigio indaco (pseudo lillà) ed interni rossi. Era l’auto di zio Fulvio. Il fratello di mio padre Flavio. Cambiava auto come fossero fazzoletti.

Certo, ho preso da lui. Zio Fulvio andava fiero della sua Giulia. “È un’Alfa, se le mangia tutte”, ripeteva fino alla sfinimento. Ricordo ancora una volta, in autostrada autovelox free, la lancetta bianca che tremando, carezzava i 190 chilometri orari. Un frastuono rendeva impossibile la conversazione. Inutile lo stereo 8 con le mega cassette di Califano. Zio Fulvio andava così, a tutto gas.

E quando sorpassava, accompagnava la manovra dondolando avanti e in dietro il busto. Come se potesse aiutare la sua Alfa. Disegnata dal vento, così recitava la pubblicità del tempo. Erano gli anni in cui tutta la famiglia era chiamata a partecipare all’auto. Quando la si lavava, ad esempio. Ed eri chiamato a passare la cera e di parti in plastica da evitare non ce ne erano. O cromo o niente. I cuscini della zia, abile e arruolata, residenti sotto il lunotto.

E poi, la cerimonia della messa in moto. Un privilegio quando ti veniva concessa. Chi officiava, sacerdote. Tiravi l’aria, un

colpettino di acceleratore. Giravi la chiave e non appena il bialbero iniziava a borbottare, gas ma non troppo. L’ingolfamento era dietro l’angolo. I detrattori della Alfa dicevano consumassero olio. Ma non ho mai sentito un proprietario insoddisfatto. O fuori strada. Tutti a parlare di motore, perché si sa che un’auto deve muoversi e bene, tenuta, freni e della linea. A prescindere dalle finiture, si guardava alla sostanza. Da anni sono appresso ad un Giulia.

Bianca. Anno 1969. Con 1500 chilometri. Ha fatto Roma Milano e ritorno. Per un viaggio di nozze. 1500 chilometri. Una maledizione. Perché un’auto così è condannata a rimanere un pezzo da museo da conservare sotto un telo.

Oppure a perdere valore per ogni chilometro che fa. Il proprietario non molla. Chiede una follia. Ma non demordo. Conosco bene gli Alfisti. Consumo questa riflessione dopo la notizia che la Giulia o Cento o quello sarà, verrà fabbricata a Cassino. Non a Milano. Ma Cassino. Alfa, quanta storia. E quante aspettative. Non dall’Italia ma dal mondo intero. Spero che gli operai di Cassino siano consapevoli della grossa responsabilità sulle spalle. E vivano il privilegio di essere ambasciatori del made in Italy. Henry Ford si toglieva il cappello davanti ad un’Alfa. Tutti noi, invece, pronti a fare altrettanto con le maestranze di Cassino.

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