Gino Rancati, il Lancista

Nel mare di notizie, che spesso ci travolge, ce n’è una che avremmo voluto leggere, ma all’epoca ci è sfuggita e ne siamo dispiaciuti. L’ANSA nel 2019 l’ha riportata così:

“Cremona, con il mondo degli appassionati di auto e in generale dello sport, renderanno omaggio domani 30 novembre alla memoria di Gino Rancati, giornalista nato nella città del Torrazzo nel 1923 e scomparso nel 1998. Grazie all’iniziativa del Club Amatori Veicoli d’Epoca Cremona (Cavec) e dello scrittore Luca Dal Monte – già apprezzato uomo di comunicazione in Maserati nonché in Ferrari, Pirelli, Toyota e Peugeot – e con il patrocinio del Comune di Cremona, è stata collocata una targa commemorativa all’angolo tra via Guarneri del Gesù e piazza Roma dove Rancati è nato e cresciuto, ma soprattutto dove era situato il famoso Bar Giardino gestito dalla sua famiglia. La carriera di Gino Rancati ha spaziato dai quotidiani La Stampa al Giorno, e soprattutto in ambito televisivo dalla Rai di Milano e poi a quella di Torino, facendo incrociare il suo percorso professionale con tanti ‘grandi’ dell’automobile.

Da Enzo Ferrari, a cui ha dedicato il due libri ‘Ferrari Lui’ e ‘Ferrari l’Unico’ a Gianni Agnelli (di cui era anche consulente calcistico), da Battista Pininfarina ad Alexandro De Tomaso, da Dante Giacosa a Umberto Agnelli e Vittorio Ghidella. ”Rancati – ricorda il Cavec – è stato uno dei personaggi che più hanno contribuito a divulgare la cultura dell’auto per almeno un quarantennio nel secondo dopoguerra. Un periodo, questo iniziato con il boom economico nel quale l’auto si è affermata come conquista sociale sino a diventare poi, negli Anni ’90, bene di consumo. In questo arco di tempo ci sono state grandissime innovazioni tecnologiche ma anche grandi storie umane che Gino Rancati ha saputo cogliere e raccontare in modo sublime”.

Gino è stato un grande giornalista e noi lo abbiamo apprezzato, come un Maestro che ci ha insegnato tante cose che non si possono dimenticare. Lui era un “Lancista”, apparteneva a una categoria di esperti appassionati che oggi non si trova più.

Anni fa pubblicammo qui su Autologia.net un articolo a lui dedicato, che ci fa piacere riprendere integralmente per ricordarlo ancora una volta insieme a tutti coloro che lo hanno conosciuto e come noi gli hanno voluto bene, eppoi, chissà, potrebbe essere d’aiuto ai manager di Stellantis per far rinascere la mitica LANCIA

Che cosa vuol dire “essere lancista” ?

Probabilmente oggi non è più una necessità, ma per parecchio tempo molti uomini e donne di marketing si sono impegnati per trovare una definizione che potesse descrivere esattamente quali sono le caratteristiche di questo soggetto speciale, amante di certe automobili, ma soprattutto appartenente ad un mondo del tutto particolare.

Per tentare di dare un piccolo contributo a questa ricerca, semmai interessi ancora a qualcuno che ancora si occupa di Lancia…o di quello che ne è rimasto, (noi continuiamo a sperarlo!) siamo andati a recuperare un articolo scritto da Gino Rancati per l’elegante “Rivista Lancia” nel lontano 1967, dove, con un linguaggio che oggi giudicheremmo un po’ aulico, un po’…ingenuo, ci pare fossero descritti con semplicità i tratti essenziali del lancista d.o.c.

Il lancista di questa epoca non è quello che compra l’auto per apparire, ma perché sa che a livello tecnologico trova il meglio di quanto offra il mercato.

Gino Rancati è stato un grande giornalista che ha dedicato la propria vita al mondo dell’automobile. Per anni è stato cronista sportivo del TG1 Rai, curando le rubriche dedicate ai “motori”, ha scritto su diversi giornali e pubblicato alcuni libri, sempre sul mondo dell’auto. Aveva un “file rouge” particolare con l’avvocato Agnelli e con Enzo Ferrari che spesso si affidavano a lui per farsi consigliare su uomini e prodotti. I suoi giudizi per più di quarant’anni sono stati considerati legge, il suo stile e la sua classe sono stati d’insegnamento per decine di giovani allievi che lo ricordano sempre con nostalgia: Gino Rancati era un “lancista”.

“La mia Lancia” di Gino Rancati

Sono a passeggio con un giovane amico sotto i portici della piazza di un paese della bassa padana. C’è un silenzio che pare di essere tornati indietro di un secolo. La pioggia accompagna i nostri passi che fanno l’eco. L’amico mi chiede: « Che hai, fratello? Ti vedo assorto, rincorri qualcosa. Che c’è?

« Oggi mi hanno affibbiato un compito difficile. Devo scrivere per la Rivista Lancia un pezzo sui lancisti. E tu capisci che è piuttosto arduo. Devo essere sincero. Poi ci sarà sempre qualcuno che mormorerà “bella fatica essere così generosi, come si potrebbe fare diversamente? “. Ed invece, e tu mi conosci, sono proprio sincero quando dico della Lancia. E lo sarò ancora. Sarebbe come se dovessi scrivere degli occhi di mia madre che sono azzurri, chiari, chiari e splendidi. Potrei dire che non sono azzurri? Capisci? “.

« Si, capisco. Scrivi quello che ti passa per la mente a proposito delle Lancia. Qualche ricordo. Ad esempio di quel signore, lancista convinto, che sentiva un rumore provenire dal motore della sua vettura ecc. ecc “.

« Ah, sì! Beh, quello è un po’ un caso limite. A tutti i costi, e lo sosteneva con una incrollabile testardaggine, affermava che a tanti giri il nemico scattava: un rumore impercettibile, questo sì (e lo riconosceva che era impercettibile), ma pur sempre rumore. E tutti, meccanici, carrozzieri, ingegneri, ad ascoltare, auscultare, a tastare, a dire no, non c’è nessun rumore. E lui a sentirlo quel rumore, distintamente, quasi fosse sempre sul punto di scoprire da dove provenisse. Poi, da solo, capì che era vittima di un niente, di una fissazione. Forse aveva sentito un rumorino per pochi secondi. E siccome una Lancia non può fare nessun rumore al di fuori di quello previsto dal normale funzionamento, ne era atterrito. E quella paura lo preoccupava, lo attanagliava, gli condizionava i viaggi. Non ha potuto resistere e un giorno l’ha cambiata con un’altra».

«E poi racconta dei tassisti, i fedelissimi Lancia “.

«Hai ragione, fedelissimi. Un tipo di lancista particolare. Quando capito a bordo di un taxi Lancia, vorrei che il tragitto fosse più lungo. Hanno fatto centinaia di migliaia di chilometri e ti dicono le cifre con un orgoglio sottile. A Torino ne ho trovato uno che negli ultimi trent’anni ha avuto quasi tutti i modelli Lancia. E di ognuno può raccontare vita e miracoli. Gli chiedi dove abbia messo l’Aprilia, se l’Aprilia sia morta, finita sotto un maglio. Ti risponde che le sue Lancia hanno una vita, fanno miracoli ma che non muoiono mai. Sì, ma dove sono finite? Ti risponde ancora “là” quasi volesse dirti ” in cielo, tra gli angeli “. E non c’è verso di tirargli fuori altro. La sua attuale Lancia è una Fulvia. C’è da scommettere che la notte ci resta a dormire. È uno dei tanti tassisti Lancia. L’ultimo l’ho trovato giorni fa. Appia 3° serie. Quanto ha fatto? 270 mila. Manutenzione regolare, una ripassatina a 170 mila. La cambia? Come si fa? Va bene, benissimo, è un gioiello. La Fulvia mi piace, ma per ora resto con la mia Appietta. Una fedeltà nella fedeltà, dunque. Un altro aspetto del lancista».

«E quando ci fu il periodo delle corse? Le rosse Lancia a lottare e vincere su strade e piste. Puoi dire anche di allora».

«Quello fu il tempo di un’esaltazione breve. Parte dei lancisti drizzò il pelo, ruggì, andò all’assalto. L’altra parte ne ebbe un colpo. Troppo rumore, troppi colori, troppo circo equestre. La Lancia doveva restarne fuori. I suoi motori dovevano continuare a recitare la loro quasi inudibile canzone, perfetti, sicuri, generosi. Non dovevano lacerare l’aria con quegli urli da baraccone. In punta di piedi, dunque, così come si conviene a vetture civili, rispettose degli altri, che fanno la loro strada senza scendere, il più delle volte, a duelli farseschi. Ecco perché al tempo delle monoposto una parte dei lancisti arricciava il naso».

«Sì, ma oggi ci sono i rallies con le entusiasmanti vittorie delle Fulvia HF».

«Stai diventando lancista anche tu? Sì, ci sono i rallies ed altre corse, ma quelle Lancia sono pressappoco come quella che tu stesso puoi comprare dal concessionario Lancia. Hai detto HF. Una delle vittorie più belle è stata quella di quest’anno a Snetterton. 500 miglia, in pista un nugolo di BMC e tutto uno stuolo di altre vetture. Il giorno delle prove, davanti al box Lancia, c’è una sola Fulvia. Cella, Facetti e Cesare Fiorio si divertono a lanciarsi un aeroplanino di carta, di quelli che si impara a fare a scuola, con il foglio di quaderno. Cominciano le due ore di prove ufficiali. Vanno tutti come pazzi. La Fulvia è sempre ferma al box. L’ultima mezz’ora, Facetti mette in moto e parte. Tre giri per riscaldare il motore e tocca a Cella fare il tempo. Due giri bastano. Tre secondi meno di tutti. In silenzio, con il loro aeroplanino di carta in mano se ne vanno. Il giorno dopo la Fulvia è prima assoluta. Si è lancisti anche nell’affermazione più esaltante: una stretta di mano, un sorriso, una telefonata a Torino. E pensare che quella di Snetterton è vittoria splendida, l’alloro più glorioso del 1967».

«Ma perché si è lancisti? Prova a dirmelo».

«Provo a dirtelo, ma non ci riuscirò. Intanto penso che non si sia lancisti per libera scelta, ma per conquista. Alla Lancia ci si arriva. È un cammino; talvolta lungo, fatto di desideri e di ansie. Un amico ha una Lancia, tu ci sali e vedi, tocchi, senti che c’è di più. Non te la puoi permettere, la Lancia. Ed allora fai i conti. Rimandi. Fin quando arrivi anche tu alla conquista. Sì, d’accordo ci sono anche quelli che la Lancia se la possono comprare subito. Ma stai tranquillo, anche loro se là devono conquistare per conoscerla. I soldi non bastano. Ci vuole altro. Hemingway era uno che diceva e scriveva ” …la mia Lancia “. Sì, viaggiava infatti in Lancia. Un uomo che poteva permettersi sempre il meglio: Io champagne, la carabina, il safari, la casa più bella. Sceglieva Lancia. E certamente è stata una conquista anche per Ernest. Chissà quante ne avrà provate prima. Si è fatta l’esperienza, ha soppesato, poi ha deciso. Quindi ha conquistato anche lui la sua Lancia».

«E così mi hai fatto sapere che anche Hemingway era un lancista. E poi?».

«Un amico sosteneva: siete lancisti per tre fogli di balestra in più. Un disfattista quasi. Poi anche lui è giunto a conquistarsi la sua Lancia. Oggi ha dimenticato quei tre fogli di balestra in più. Anzi dice che tutto in una Lancia è tre volte di più».

«Ma perché le Lancia sono automobili con così tanta fedeltà?».

«Per mille ragioni. Solide, personali, eleganti. Si è lancisti anche perché pare di appartenere ad un altro mondo di automobilisti, ad una élite. Ma tutto senza fanatismi, con estrema signorilità. Da borgo San Paolo con amore dice uno slogan. Sì, forse proprio per amore».

«Hai visto? Abbiamo chiacchierato, ti ho chiesto, mi hai risposto. Scrivi quanto ci siamo detti e l’articolo è fatto».

«Sì, è fatto. Allora: la mia mamma ha gli occhi azzurri, chiari chiari…».

3 commenti
  1. Filippo Zanoni
    Filippo Zanoni dice:

    Bello scritto, di Rancati mi parlavano spesso Gianni Rogliatti e Gian dell’ Erba.
    Che dire della Lancia…in famiglia ne abbiamo avuto 2 (Beta e Prisma). La prima la trovavo stupenda. La seconda aveva una certa classe. Lancia è unica perché esprime un concetto di eleganza unico, abbinato ad un sportività mai ostentata e discreta. Un bel mix, veramente raro. Dopo la Thema si è perso molto in termini di personalità, con la Kappa. La Thesis ha fatto riapparire certi concetti e ancora oggi è veramente bella.

  2. Luca Pazielli
    Luca Pazielli dice:

    Grazie Alfio per aver reso questo doveroso omaggio al mitico indimenticabile Gino. L’ambiente e le mode di oggi gli starebbero molto molto strette.

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