Interconnessione o inter-ossessione ?

L’Ospite di Autologia, Marcello Pirovano, giornalista, direttore di Japan Car Magazine, Europe Car Magazine, MotorPad TV e Motorpad.It

L’interconnessione spinta é il bene e il male di questi tempi convulsi, indecisi o pronti a tutto. Anche a non staccare mai il filo, a servirsi del telefonino, del computer e perfino della nostra auto, per essere, sempre, comunque e dovunque, connessi a tutto e con tutti.

Va dilagando a velocità supersonica l’ossessione di sentirsi parte di qualche universo, pardon, “tribù” o, come dicono quelli della generazione web che queste cose le sanno, di qualche “social group”. Basta sedersi al tavolo di un qualsiasi ristorante per vedere che i commensali più che le posate usano il telefonino e forse, e non esagero, addirittura per parlare tra loro.

Si sopporta anche, anzi si ricerca con insistenza, che qualcuno o qualche tecnologia dal misterioso funzionamento vegli su di noi e addirittura prenda, al nostro posto, anche decisioni importanti.

Succede così che il grande e intollerabile Grande Fratello di una volta diventi ora e sempre più spesso, l’irrinunciabile e insostituibile fratello, amico, compagno o tutore che sia. E succede anche che uno dei candidati più autorevoli e capaci a ricoprire questa funzione sia proprio la nostra automobile.

Ormai sa fare tutto (o quasi) meglio di noi quando siamo alla guida, e non ci vorrà molto perché ci tolga le mani dal volante e i piedi dai pedali del freno e dell’acceleratore; da quello dalla frizione l’ha già fatto da tempo.

Ora capisco bene, e ne approfitto appena possibile, che la sicurezza, il confort e il controllo di un’arma impropria come può essere un’auto in mano ad un incapace o incosciente, siano cose troppo importanti per essere lasciati al suddetto incapace o incosciente, ma l’auto è pur sempre e per fortuna anche un impasto di passione e di piacere. Qualcosa che è bello governare e interpretare per le emozioni che può dare con i comandi e i controlli che le si vogliono dare; ben inteso con la necessaria quantità di sale in zucca, senso di responsabilità e consapevolezza e dei propri (e suoi, dell’auto) limiti.

In breve. Sono ammirato dei continui progressi della tecnica, ma l’auto troppo angelo custode mi toglie troppo piacere di guida, troppo “libero arbitrio” e, paradossalmente, mi toglie anche parte della necessaria concentrazione impegnandomi a leggere quel diluvio di segnalazioni, controlli, avvisi, allarmi, richiami, inviti a fermarmi, ecc che mi piovono addosso. Per non dire che ogni tanto decide lei, l’auto, se frenare o accelerare, quando cambiare marcia, quando accendere o spegnere i fari, agitare i tergicristalli, prendere un caffè. E tutto posso sopportare tranne che di passare da controllore a controllato, da uomo che decide a uomo che subisce, magari neanche accorgendosi di cosa gli sta succedendo attorno.

Così, per il semplice gusto di ricevere una telefonata, magari in viva voce e proprio mentre sto affrontando un sorpasso o un bel tornante, che mi avvisa che l’apposita APP mi sta misurando la pressione per avvertirmi che sta per arrivarmi un infarto. Che se poi il sistema di interconnessione si rompe o sbaglia, l’infarto mi viene davvero.  Esagero, naturalmente. Ma mica tanto.

Lo so: è il progresso e i vantaggi personali e sociali sono enormi. Ma ho voglia di restare un po’ disconnesso e di pensare a guidare divertendomi come faccio da sempre senza sentirmi un gufo, un rompiballe o un agente della Polizia della Strada sulla spalla. Chiedo troppo?

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