L’Alfa Romeo 156 compie 20 anni

L’Ospite di Autologia, Giovanni Barzan, giornalista automotive

Quella piacevolissima sensazione di “raddrizzare le curve”, tipica delle migliori Alfa Romeo, accompagnata da uno sterzo diretto e preciso che riesce a far dimenticare la presenza della trazione anteriore tanto snobbata dagli Alfisti. Questa è in estrema sintesi la guidabilità della 156, berlina di Segmento D che nel 1997 (sono già trascorsi 20 anni!) è chiamata a sostituire la non fortunatissima 155 riportando l’Alfa Romeo ai fasti di un tempo.

Obiettivo raggiunto pienamente, poiché in nove anni di onorata carriera la “932” (sigla ufficiale del progetto) avrà un notevole successo commerciale a livello internazionale che non si riscontrava dai tempi dell’Alfetta. Dietro le doti proverbiali di tenuta di strada, stabilità e maneggevolezza della 156 c’è un intenso lavoro di progettazione.

Un grande gioco di squadra tra il Centro Tecnico e il Reparto Eperienze dell’Alfa Romeo di Arese e il Centro Ricerche Fiat. Quest’ultimo in particolare ha dato un sostanziale contributo alla realizzazione delle raffinate sospensioni a quadrilatero alto, soluzione in grado di recuperare pienamente il camber nelle curve in pieno appoggio allontanando il sottosterzo.

Nel corso della sua brillante carriera, l’Alfa 156 diviene più volte una sorta di “vetrina tecnologica” per l’intera Fiat Auto. Al riguardo, a livello di motorizzazioni vengono confermati alcuni capisaldi Alfa Romeo come i Twin Spark 16V e il V6 “Busso”, ma la novità di portata mondiale è rappresentata dai 1.9 e 2.4 turbodiesel JTD. Si tratta, infatti, dei primi propulsori Common Rail al mondo. Soluzione ideata da Fiat Auto, in seguito ceduta a Bosch e oggi presente sulla stragrande maggioranza dei motori alimentati a gasolio al mondo. Successivamente, si parla del 2001, l’Alfa Romeo 156 porta al debutto anche il primo propulsore italiano a iniezione diretta di benzina, ossia il 2.0 JTS da 166 CV.

Un motore che ha però problemi di “dentizione” come si suole dire in gergo aeronautico, poiché nella fase iniziale di produzione le detonazioni oltre i 5.500 giri/min. sono frequenti. Tutto si risolve al meglio con la preziosa collaborazione di Santino Balduzzi, storico preparatore Alfa Romeo di Lodi che progetterà dei pistoni modificati. Curioso notare come Balduzzi interverrà dieci anni dopo anche sul 1750 TBI in alluminio (problemi agli alberi a camme).  Un’altra soluzione fortemente innovativa è l’introduzione del cambio Selespeed sulla 156 2.0 Twin Spark, una delle prime trasmissioni robotizzate in assoluto tra le berline del Segmento D.

Spettacolare la “doppietta automatica” svolta dal sistema in scalata che “fa tanto Alfa Romeo dei tempi andati”. In particolare, i giapponesi si divertono talmente tanto con le levette al volante del Selespeed da far andare in tilt spesso e volentieri il sistema. Da qui un’intensa sessione supplementare di collaudi nelle tangenziali milanesi all’ora di punta e il problema viene risolto.

Nel frattempo il successo commerciale della 156 continua e si implementa nel 2000 con il debutto della Sportwagon, una station “che parla il linguaggio dei coupé”. Inutile dire come la 156 abbia rappresentato un capitolo importantissimo anche in termini stilistici. Infatti, la linea della berlina è stata disegnata con estrema maestria da Zbigniew Maurer del Centro Stile Alfa Romeo di Arese, sotto la supervisione di Walter De Silva.

In sostanza Maurer è il “papà” della 156, alla medesima stregua (citando un esempio calzante) di quanto lo è stato Marcello Gandini per l’Alfa Romeo Montreal di Bertone. Tra le peculiarità stilistiche della 156 vi è la reinterpretazione del classico trilobo Alfa da cui parte l’intera linea, cenni alla storica Giulietta del 1955 nella forma del lunotto e le maniglie delle portiere posteriori “nascoste” che danno l’idea del coupé. All’interno spiccano sapienti richiami ad altre Alfa del passato, come dimostra la strumentazione d’ispirazione 1750 berlina, ma soprattutto si apprezza il posto guida con volante perfettamente verticale e il piano di seduta regolabile molto in basso. Aspetti questi studiati con la collaborazione dei piloti ufficiali Alfa Romeo. In conclusione, per dirla con un famoso slogan del Centro Stile Alfa, la 156 ha la “bellezza necessaria” che spesso è mancata alle le sue progenitrici. E questo vale sia per la versione originaria disegnata ad Arese, sia per quella ristilizzata in modo impeccabile da Giugiaro in entrambe le configurazioni berlina e Sportwagon.

Cruscotto-AlfaRomeo-156

1 commento
  1. palazzo pino
    palazzo pino dice:

    A quando una riedizione della 156, senza tralasciare le peculiarità sportive che l’hanno resa mollo apprezzata da chi “ha il piacere di guidare”. Come del resto avviene con la VW Golf da oltre 45 anni !

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