L’idea. Di Maio: abolire il bollo auto con i risparmi sullo spread

Rende 6,5 miliardi l’anno alle Regioni. E’ la tassa più odiata, ma nessuno riesce ad eliminarla: ecco perché

Antico sogno degli italiani e perenne promessa politica di qualunque governo degli ultimi dieci anni: l’idea di abolire il bollo auto non tramonta mai. L’ultimo a rilanciarla è Luigi Di Maio che ieri, nel corso di una trasmissione della Rai, ha collegato l’opportunità di questa mossa alla prossima legge di bilancio. «Visto che lo spread si è abbassato – ha detto il ministro dello Sviluppo economico – si potrebbe cominciare a eliminare quella tassa odiosa che è il bollo auto», aggiungendo che intende «trovare i soldi per permettere che un’auto, mi auguro sempre più ecologica, possa essere meno tassata. L’idea è di una consistente riduzione del bollo o di una sua vera abolizione, per la quale, da qui a fine anno, dobbiamo mettere insieme le risorse».

Ne parlò la prima volta l’allora candidato premier Silvio Berlusconi alla vigilia delle elezioni del 2008. E non se ne fece nulla. Ma l’abolizione del bollo è stata in passato anche una promessa dell’allora candidato alla presidenza della Lombardia, Roberto Maroni, che ne annunciò la cancellazione se la Regione, nella partita con lo Stato, fosse riuscita a trattenere per sé più risorse. Anche allora, nulla di fatto. Nonostante i proclami, l’inossidabile tassa automobilistica – la più odiata in quanto colpisce il possesso di un veicolo e non il suo utilizzo – ha resistito a tutti gli attacchi. Anche perché si parla di cifre consistenti: il bollo garantisce alle Regioni risorse per circa 6,5 miliardi di euro all’anno, un miliardo dei quali alla sola Lombardia. La sua abolizione aprirebbe una voragine nei conti delle Regioni, sostenibile solo al prezzo di un aumento di altre imposte, o di un taglio sui servizi. Bisognerebbe quindi, che lo Stato trasferisse risorse a questi enti, o che consentisse loro di varare nuove imposizioni per compensare la perdita. La materia è comunque spinosa, trattandosi tra l’altro di una tassa istituita da una legge statale, ma di competenza regionale in tema di esenzioni.

Una via d’uscita, apparentemente impopolare ma equa in linea di principio e più semplice da un punto di vista realizzativo, sarebbe quella di sostituire il bollo con un’addizionale sui carburanti in grado di garantire un gettito equivalente, che penalizzerebbe i grandi viaggiatori ma alleggerirebbe la spesa di chi usa l’auto solo saltuariamente e per brevi tratti. Una proposta di legge di questo tenore, l’anno scorso non fu nemmeno presa in considerazione nel timore di una rivolta d’opinione: tasse e balzelli sui carburanti sono infatti già talmente alti e oggetto di altrettante inevase promesse di abolizione che l’argomento è diventato tabù.

Secondo la previsione dell’Osservatorio Autopromotec, la spesa per benzina e gasolio quest’anno in Italia ammonterà a 62 miliardi di euro, in lieve crescita (+0,4%) rispetto al 2018: non per i consumi (che risultano in calo), ma per la tendenza al rialzo dei prezzi alla pompa che potrebbe protrarsi anche nei prossimi mesi. Nel 2019 gli italiani spenderanno complessivamente 196,3 miliardi di euro per l’acquisto e l’uso degli autoveicoli (-0,2% rispetto al 2018). Ipotizzando una crescita del prodotto interno lordo dello 0,1% a fine anno (fonte Fmi), l’incidenza sul Pil della spesa globale per l’auto sarà dell’11,2%. Un apporto che certifica ancora l’assoluta centralità del comparto automotive all’interno del sistema economico nazionale. (avvenire.it)

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