(Più di) 7 domande a Claudio Berro
Vi siete mai chiesti perché certe persone fanno quello che fanno?
Perché in certi luoghi le cose accadono più facilmente?
Perché? Ci deve essere una ragione.
Perché alcuni sanno leggere bene una curva e altri la vedono soltanto?
Che cosa sarà?
L’atmosfera, il clima, il luogo?
Nascere a Bordighera significa nascere in una terra di rallysti e direttori sportivi, di navigatori e appassionati… una sorta di predestinazione.
Poi se aggiungi una laurea in Ingegneria Meccanica Nucleare al Politecnico di Torino e shakeri sapientemente il tutto, il cocktail è servito.
Claudio Berrò è tutto questo: rallysta, navigatore, dirigente sportivo.
Peugeot, Ferrari, Abarth, Lotus, Maserati, Isotta Fraschini le sue esperienze principali, ne dimentico sicuramente qualcuna, con ruoli manageriali sempre di grande rilievo, tanto da meritare l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana nel 2004 dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Un concentrato della costa sportiva ai più alti livelli, un degno erede di Daniele Audetto: stesse piste, stessi uffici Ferrari, non Lauda ma Schumacher il suo pilota.
Una cosa è certa: Claudio Berro non sarebbe potuto nascere in nessun altro luogo.
Ecco a voi “the Riviera car guy”.
1. La tua prima auto, la tua prima auto da corsa?
La prima auto, ovviamente una Fiat 500, da corsa la Sumbeam Chrisler 1600 TI.
2. La tua strada del cuore?
La strada del colle di Tenda
3. La tua vittoria più bella in un rally?
Rally di Monza con la Stratos, col gruppo due Lotus direi San Marino.
E la tua vittoria più bella in F1?…
Difficile ricordare, tante, forse come direttore sportivo Schumacher a Silverstone 1998 passando dai box a scontare una penalità ma tagliando il traguardo nella corsia box.
Anche Giappone 2000 con il titolo.
4. Fantasy dinner, chi inviteresti a cena tra protagonisti del mondo dell’automobilismo di ieri e di oggi?
Con protagonisti di ieri mai conosciuti direi Fangio, Ascari, Ferrari. Oggi e conosciuti: Montezemolo, Todt, Domenicali, Briatore.
5. Un pilota che vuoi ricordare nei rally e uno in Formula 1, un ricordo legato a loro…
Andrea Zanussi, puro talento, un po’ difficile da gestire ma con cui abbiamo vinto gare fantastiche e siamo ancora oggi ottimi amici.
In F1, non posso altro che ricordare Michael Schumacher, tanti ricordi meravigliosi legati alla sua amicizia e anche pura ingenuità, come quando a Imola in pieno GP F1, la sera del sabato mi chiese di riservargli un posto in una pizzeria per lui e i suoi amici. Ho fatto venire la pizzeria in hotel, impensabile che potesse cenare tranquillo in una pizzeria ad Imola.
Un atleta oggi mi ricorda totalmente i suoi modi, i suoi approcci e la sua onestà intellettuale: Jannick Sinner.
6. Rischio o prudenza? Che cosa contraddistingue il tuo stile di guida e di vita professionale?
Guido con prudenza, non amo il rischio, forse in moto un po’ più imprudente che non con l’auto.
Nella vita professionale sempre prudente, forse anche troppo, a volte ci vuole un po’ più di sregolatezza e coraggio.
7. Un tratto di costa tra Sanremo e Montecarlo, che vanta 2 rally mitici e un Gran Prix di F1… quanto ha influito nella tua vita questo “genius loci”?
Tantissimo. Monaco GP a 5 anni nel 1960 con mio padre a vedere i passaggi alla chicane.
Rally Montecarlo e Sanremo uguale, a volte era mia madre che ci caricava, me e i miei amici, la sera e con la Fiat 1500 ci portava a bivio Rocchetta sul Gouta.
Non dimentichiamo Ospedaletti con le moto quando ammiravo le MV Agusta di Agostini.
8. Quella volta che…
Vincemmo il rally di Biella con la 205 T16 Ev2 appena scaricata dal camion Italtecnica alle verifiche, una sorpresa amara per il Jolly Club, e poi tutte le vicissitudini con colpi bassi parati durante la gara che ci ha portato alla vittoria.
Un capolavoro di organizzazione e “spionaggio”.
9. E il tuo segreto di navigatore? Oggi puoi dircelo…
La precisione, la meticolosità e l’analisi dettagliata di una gara, come provare una SS alla stessa ora della gara per vedere se il sole ti da fastidio o meno. Una volta i rally avevano più variabili e dovevi farti trovare pronto.
Il mio motto anche in F1 era “double check”, avere la check list come sugli aerei e ripeterla due volte per non dimenticare nulla.
10. L’essere stato un bravo navigatore cosa ti ha portato dietro nella vita professionale?
Penso più che il navigatore, i rally dell’epoca sono stati una scuola di vita professionale importante. Tanti ex navigatori hanno occupato posti di comando e organizzazione.
Il navigatore, oltre a organizzare la gara all’interno dell’auto con il pilota, organizzava anche assistenze e altro.
Il navigatore non perdeva mai la calma e doveva sempre sapere cosa fare.
Anche nella vita professionale in F1 e dopo, la conoscenza perfetta della materia e delle regole mi ha sempre consentito di affrontare le varie situazioni senza panico, il panico arriva quando non conosci a fondo la tua materia.
11. E dietro la curva?
Dietro la curva c’è sempre una sorpresa, l’importante è farsi trovare sempre preparati.
PS – Già, saper leggere le curve… perché a forza di leggere le strade, in fondo impari anche a leggere la vita.
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