Quando Ferrari obbligò Niki Lauda a partecipare alla Parma-Poggio

L’Ospite di Autologia:

La scomparsa di Niki Lauda ha suscitato unanime commozione nel mondo degli appassionati della formula 1. E anche nella gente comune. Niki era un personaggio atipico, a volte scostante a volte disponibile: non ricordo che abbia mai rifiutato di farsi intervistare prima o dopo una gara di formula 1. https://autologia.net/addio-niki-luomo-visse-due-volte/

Un evento particolare lega Niki Lauda a Parma. La rievocazione storica di una delle gare più popolari che si disputarono fra le due guerre mondiali, la Parma-Poggio di Berceto. L’idea era venuta a Luciano Micconi, parmense doc, allora segretario di redazione del Corriere della Sera, che nel paese appenninico aveva, e ha tuttora, una casa in cui trascorrere le ferie estive. Mi espose la sua idea, mi ricordò che a quella gara aveva partecipato anche Enzo Ferrari, mi «inviò» a parlarne col Drake che subito si mostrò disponibile a dare il proprio patrocinio all’avvenimento.

«Se potrò verrò personalmente. Alla Parma-Poggio partecipai diverse volte, giunsi anche secondo. Con me verrà anche Lauda», mi disse sorridendo. Il fatto fece il giro dei giornali, il patrocinio di Enzo Ferrari aveva un’importanza fondamentale: il Corriere della Sera, la Gazzetta di Parma, il Resto del Carlino, la Repubblica, altri quotidiani pubblicarono la notizia e Luciano Micconi si ritrovò a gestire un bel cartello di iscrizioni, alcune delle quali di autentico prestigio. Per esempio Piero Ferrari con la 125S, prima auto da corsa costruita a Maranello; Clay Regazzoni, col quale avrei fatto coppia, con la Lancia Asturia cabriolet; Consalvo Sanesi, eroe della Mille Miglia, con l’Alfa Romeo Sport a ruote posteriori gemellate; Gino Munaron, che negli anni ’50 era stato un popolare gentleman driver, al volante di un’Alfa Romeo 2500cc. Con la collaborazione dell’Automobile Club di Parma e il comando dei carabinieri, la gara prese il via dal Palazzo Ducale di Parma sabato 11 giugno 1977, quarantadue anni fa. Enzo Ferrari era lì, come aveva promesso. E Niki Lauda, se non ricordo male, avrebbe guidato una Ferrari 512 GTB che portava il numero 1. C’era stata una piccola discussione fra Micconi e Lauda che non avrebbe voluto partire perché intenzionato a recarsi alla pista di Fiorano per mettere a punto la monoposto in vista degli importantissimi, per la classifica iridata, gran premi estivi a cominciare dalla Svezia che si sarebbe disputato il 19 giugno. Però, intervenne Ferrari che convinse Niki a prendere il via. Poi il Drake, che aveva un po’ di febbre, tornò a Modena mentre Lauda, fatti i primi chilometri sino ai piedi delle colline, finse di avere un guasto meccanico e deviò verso Modena. Alla corsa, che ancor oggi si disputa come gara di regolarità, la coppia Regazzoni-Morosini arrivò a Berceto per ultima a causa delle numerose soste ai bar lungo il percorso che i tifosi, vedendo Clay al volante, ci obbligavano a fare: a forza di caffé e grappini, arrivammo al traguardo piuttosto allegri!

Quell’11 giugno 1977 precedette di meno d’ un mese il gran premio di Francia a Digione, in cui scoprii che la vita sportiva di Lauda avrebbe subito, di lì a poco, una svolta clamorosa: l’abbandono della Ferrari per la Brabham Alfa Romeo. Lo scoop arrivò grazie alla soffiata di Carlos Alberto Reutemann, compagno di squadra di Lauda alla Ferrari.

Primo luglio 1977, pista di Dijon-Prenois, caldo asfissiante per la prima giornata di qualificazioni del G.P. di Francia. Verso le 18, avevo appena finito di scrivere il mio servizio e gironzolavo per il paddock alla ricerca di qualche amico con cui passare un paio d’ore. Beccai Reutemann, parlammo un po’ di calcio, di cui è appassionatissimo, poi lui mi disse con un sorriso sornione: «Gringo, posso una notizia sensazionale».

La parola «gringo» la riservava ai giornalisti con cui aveva più confidenza. «Qual è ‘sta notizia sensazionale?», replicai. E lui: «Niki se ne va dalla Ferrari, va alla Brabham Alfa Romeo». Sobbalzai e mormorai, con finta noncuranza: «E chi te lo ha detto, lui?».

«No, l’ho sentito che lo diceva a Calisto Tanzi patron della Parmalat che sponsorizza la scuderia di Ecclestone. Io ero salito sul caravan della Parmalat, avevo voglia di fare un pisolino e mi sono sistemato sul letto sopra il divano. Sono entrati Niki e Tanzi e, senza accorgersi che c’ero anch’io, hanno cominciato a parlare della stagione 1978. Se ti serve, puoi usare questa notizia basta che non riveli da dove ti arriva».

Andai in sala stampa, telefonai a Lorenzo Pilogallo, il redattore capo dello sport al Corriere della Sera, il quale ascoltò il mio racconto e poi, dopo dieci secondi di silenzio, mi disse: «Scrivi con molta attenzione perché proprio due giorni fa ho parlato con Ferrari il quale mi ha rivelato una frase che Niki gli aveva detto qualche settimana fa. Gli aveva detto: “Commendatore, fino a quando c’è lei alla guida della Ferrari io resto”. Mi ero un po’ raffreddato. Ma ebbi un’idea. Cercai un carissimo collega, che purtroppo non c’è più, Miguel Angel Merlo inviato del giornale Clarin di Buenos Aires e gli chiesi lumi sull’affidabilità di Carlos: temevo uno scherzo, in quei tempi la formula 1 non era quella di oggi, allora i piloti e giornalisti facevano spesso vita in comune. E gli scherzi erano all’ordine del giorno. Spifferai la notizia al collega, Miguel Angel mi rassicurò dicendomi che Carlos era un uomo d’onore, rispettoso della professionalità dei giornalisti, che mai si sarebbe sognato di fabbricare uno scoop per fare uno scherzo a un «periodista», soprattutto amico. Miguel Angel mi chiese di poter pubblicare la notizia sul suo giornale e io acconsentii. Poi scrissi l’articolo, senza troppe cautele, dando per certo l’uscita di Lauda dalla Ferrari. Fui preso con molto scetticismo.

A fine luglio, pista di Hockenheim, c’era il G.P. di Germania ero sulla pit lane, la prima giornata di qualifica era quasi terminata, Niki Lauda era al muretto. Mi vide, alzò la mano, con l’indice destro mi chiamò. Mi avvicinai e Lauda mi disse: «Tu scritto che io va via dalla Ferrari?». Risposi: «Sì, perché: non è vero?». E lui: «Io non dico niente adesso, però tu fatto a me grande kasino». Rimasi perplesso, Niki mi aveva quasi rimproverato senza però darmi sicurezze. Ero sicuro che Reutemann mi avesse dato uno scoop ma la conferma non l’avevo. La certezza che Niki se ne sarebbe andato mi arrivò qualche tempo dopo, da un dirigente dell’Alfa Romeo, a cena: Niki sarebbe andato il 15 agosto, il giorno seguente dopo il G.P. d’Austria, a Londra da Bernie Ecclestone per firmare il contratto con la Brabham. Parlai con Lorenzo Pilogallo sabato 14 agosto, e sul Corriere la notizia apparve il 15 mattina: per essere certi che non ci sarebbe stata risposta sui quotidiani poiché a Ferragosto nei giornali non si lavora. Il giorno di Ferragosto, i colleghi della Gazzetta dello Sport seppero, attraverso i loro canali, che l’aereo di Lauda aveva volato da Vienna a Londra. Enzo Ferrari si arrabbiò, per questi miei articoli e riteneva Luca di Montezemolo responsabile delle indiscrezioni anche quando gli spiegai, anni dopo, l’origine della notizia: ma ho sempre avuto l’impressione che il Drake fosse convinto di avere ragione. L’ufficialità dell’addio di Niki Lauda si ebbe il 29 agosto 1977, quando ormai vicino al titolo mondiale per aver vinto il GP d’Olanda a Zandvoort, telefonò a Enzo Ferrari dicendogli: «Commendatore, l’anno prossimo io non guido più per lei». Il martedì dopo l’addio di Lauda, Enzo Ferrari convocò una conferenza stampa a Modena, nei locali della vecchia Scuderia. Lorenzo Pilogallo, redattore Capo della sezione Sport del Corsera, disse a Ferrari che avrebbe assistito alla conferenza stampa insieme a me. Ferrari gli rispose: «Non voglio vedere Morosini».

E Pilogallo, gentiluomo, replicò: «Senza Morosini io non vengo e il Corriere della Sera alla sua conferenza stampa non ci sarà». Ma il Drake era uomo intelligente e scaltro, mettersi contro il Corrierone non gli era conveniente e, quindi, accettò di invitarmi. Mi misi perciò all’ultima fila di poltrone nel grande salone della sede modenese, in via Trento e Trieste. Stetti sempre zitto ma quando Ferrari finì di rispondere all’ultima domanda, guardò in fondo alla sala e sussurrò qualcosa all’orecchio di Pilogallo. Lorenzo fece un cenno per farmi avvicinare. Andai, Ferrari mi porse la mano, una stretta vigorosa. Mi guardò, sorrise e disse credendomi milanese: «Sei bravo, ma te set un gran rumpiball».

Lauda aveva vinto in Germania e in Olanda, poi arrivò secondo a Monza e quarto a Watkins Glenn, nel GP Usa Est. Vinto il titolo, non disputò le ultime due corse di stagione. In Ferrari arrivò Gilles Villeneuve. E fu così che cominciò quella che per me è stata un’altra grande storia.(gazzettadiparma.it)

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