Sette domanda a Giorgio Bianchi, architetto

Giorgio Bianchi è un importante architetto italiano, partner del Renzo Piano Building Workshop (RPBW), che ha uffici a Genova e Parigi e connessioni in tutto il mondo.

È un genovese a Parigi: uno di quei liguri -come diceva Calvino- che attraversano il mondo, non di quelli che stanno attaccati ai propri luoghi come patelle allo scoglio.

Ma è rimasto un ragazzo di bottega.

E l’aria del ragazzo è quella che ci accoglie: con garbo e misura, competenza, lampi di intelligenza e ascolto.

Una conversazione informale e intrigante, il tutto condito di preparazione e disincanto, di molta umanità.

Architettura e futuro, Italia e Francia, automobili, nuova mobilità, bici ma a Parigi, mica a Genova che è tutta una salita.

Domande che sono alibi per riscoprirsi a Londra o Tel Aviv e parlare di viabilità e vivibilità, di scelte urbanistiche.

C’è Renzo Piano in filigrana, c’è gratitudine e c’è una normalità disarmante e autentica: un very archi-normale!

Dimenticavo, un Lancista doc, anche se oggi non ha più la  macchina!

Ps. Il tono delle risposte ha conservato per scelta la spontaneità del dialogo

1- La tua prima auto 

La mia prima auto in assoluto è stata la 500 di mia mamma, ma la mia prima vera auto tutta mia è stata la A112 nera con il tetto apribile.

Perché quando avevo 18 anni c’era la 500 di mamma, bianca, che ci siamo molto pentiti di averla venduta… imparandola a guidare con tutti i crismi: la doppietta, tutte queste robe da piloti, perché la 500 era la macchina più difficile di tutte da guidare.

La mia 112 l’ho venduta, e siccome ero fedele alla marca l’ho venduta per comprarmi la Y10.

Questa era la macchina degli anni 80, era il futuro, anche se devo dire con il senno di poi che la 112 era molto più bella, era più macchina e l’altra era una “saponetta” pazzesca.

Con la seconda Y10 mi sono girato al casello di Genova ovest alle 3 di notte tornando a casa dall’ufficio, perché era un po’ bagnato e c’era l’olio dei freni dei camion, non andavo fortissimo, forse ai 30 km, ma l’ho distrutta.

Era la seconda che avevo ed era turbo, era rossa, è arrivata dopo la 112 normale e una Y 10 normale, poi sono stato promosso alla turbo che andava come una scheggia.

Posso essere definito un lancista: infatti poi ho terminato con la Delta, quella che è venuta a Parigi, che era brutta, però, pensando al design non era bella.

Io lancista, mio padre un alfista ma ha terminato con una Mercedes.

2- Città futura con auto o senza, come la immagini? 

Forse senza auto, o solo per i grandi percorsi.

Non ho più la macchina dal 1998 e mi sento perfettamente a mio agio.

Vivere in una città come questa senz’auto è assolutamente facile … devo dire però che quando sono a Genova vivere senza auto è un po’ più complicato, dipende molto da dove ti trovi.

Genova non vorrei paragonarla a Los Angeles per carità, ma è una città che ha meno servizi di Parigi e quindi se devo andare in ufficio da casa dei miei, che sono 30 km, se non hai la macchina visto che devi prendere un treno e un autobus, è un po’ complicato.

Tutto è possibile, quindi dipende molto da dove vivi, credo sia impensabile vivere a Los Angeles senza l’automobile, vivere a Parigi, a Londra, anche in centro a Milano, a Torino probabilmente, potresti farne volentieri a meno

Forse cambierà il concetto di mobilità: essendo io genovese di origine, ho imparato a usare la bici da quando sono qua, perché a Genova per usare la bicicletta devi essere molto preparato, è tutta in salita e di conseguenza non puoi usare la bici come la usi qua.

Adesso va beh è anche cambiato quello, ci sono le bici assistite, sta cambiando tutto, secondo me lo stiamo ancora vivendo questo cambiamento, ma magari mi sbaglio

Però devo anche dirti che alle volte prendere un’auto e fare 200 km in autostrada e andare da un posto all’altro ti da ancora quel senso del viaggio che non hai quando prendi l’aeroplano …vedere il paesaggio che cambia, vedere la strada che corre…queste cose qui…

Per me è ancora un piacere perché sono figlio di un fanatico di automobili, quando i viaggi in macchina erano i viaggi, tutto il resto non esisteva.

3- Quando immagini un edificio oggi, fai i conti con l’auto o no?

Che bella domanda.

Sempre meno…sempre meno perché ci sono varie città dove l’auto anche per i grandi edifici non è più la cosa più importante.

Lo Shard di Londra è l’esempio più eclatante, una torre di 300 metri di altezza, popolata da 8000 persone, che ha 48 posti di parcheggio perché è sopra la stazione di London Bridge che è uno dei nodi ferroviari, di metropolitane e bus più importanti di Londra, e quindi all’epoca il sindaco Ken Livingstone disse che quella torre dovesse essere indipendente dalle automobili.

Non più tardi di stamattina discutevamo di questo progetto che stiamo facendo a Tel Aviv: sono 3 torri di cui una residenziale, una Mix-Use, due terzi di uffici e un terzo residenziale, e un’altra completamente uffici.

La città vorrebbe avere il meno posti auto possibili ma vuole avere un gran numero di parcheggi per le biciclette, il cliente per vendere gli appartamenti, vuole avere il più posti auto possibile, in un luogo che è molto complesso, con molti edifici esistenti, ed è molto difficile andare sotto terra perché non c’è abbastanza spazio.

Puoi andare molto profondo, ma come sai i parcheggi hanno bisogno di spazi di manovra, per dire che puoi andare anche al centro della terra ma se non ci arrivi non ci arrivi, poi ci sono gli ascensori e quindi c’è questa lunga discussione nella quale abbiano detto al cliente: alla fine dovete decidere quale strategia volete avere, se un progetto che guarda al futuro, in cui l’auto è meno importante o che guarda al passato dove l’auto è assolutamente legata.

Parliamo sempre del centro di Tel Aviv, non stiano parlando di periferie o come fossimo sperduti da qualche parte…

Ma qui a Parigi stanno anche succedendo cose interessanti: il Centro Pompidou che decide di trasformare un parcheggio in spazi d’esposizione, ti rendi conto che cambiamento?

4- C’è qualcosa che vorresti suggerire ai produttori di auto, magari tratto della tua esperienza urbana?

Vorrei suggerire di farle sempre più piccole: bisognerebbe quasi avere 2 tipi di auto, quelle che devi usare in città e quelle che usi per andare fuori.

Perché sinceramente bisognerebbe vietare i Suv: uno compra la casa in città e se vuole compra una macchinina che permette di andare al supermercato, a fare le cose limitate all’ambito urbano, e se vuoi fare altre cose vai in un altro garage, che magari non è legato alla tua residenza, dove hai il tuo Suv mega-galattico e ti vai a fare 400 km .

Quelle per la città devono essere agili-piccole-facili da parcheggiare… non puoi fare il paragone con gli USA, non parlo di New York, dove hai questi parcheggi giganteschi: abbiamo fatto un progetto a Des Moines dove c’erano più parcheggi che building, perché tutto è basato sull’automobile.

Queste strade completamente vuote perché tutti vanno in macchina e questi parcheggi multi piano che da fuori sembrano uffici ma in realtà sono parcheggi, perché lì tutti si spostano così, e poi hanno la casa a svariate miglia fuori città.

Un’altra cultura, un altro tipo di spazi, ma francamente nelle nostre città…questa che è molto densa, pensa che Parigi ha la densità di Hong Kong… dove vai con la macchina?

…infatti mi spiegava il sindaco quelle che vedi sono le auto dei non residenti, non dei residenti, loro la usano la domenica per andare in Normandia

Quelle più piccole le compri con l’appartamento e poi quella grande c’è l’hai da un’ altra parte, e se hai troppi bagagli prendi un taxi.

Io sono un fan dei taxi.

5- Parafrasando l’auto e i rally, Renzo Piano è stato il tuo driver o il tuo navigatore?

Sicuramente ha dato la rotta alla mia vita, parlando in termini marinari, perché senza di lui non sarei neanche qui che te la racconto.

Parlando in termini strettamente rallystici il navigatore è quello che ti da la direzione, che ti guida e l’altro è il tecnico che conduce.

Allora …forse quando ho cominciato io ero il driver, lui il navigatore che mi dava la rotta e adesso con il tempo sono diventato il navigatore dei più giovani…

Lui è sempre il navigatore di tutti: è il comandante, quello che comanda la flotta, l’ammiraglio che decide la direzione in tutti i sensi, fisica ma anche quella generale, quindi direi di sì: all’inizio lui era il navigatore e io guidavo,  lo ascoltavo, e adesso ho imparato a guidare gli altri.

Quindi più che rally è una scuola guida, di vita: ti mettono al volante e hai a fianco chi ti dice come fare, e una volta che hai imparato a guidare insegni agli altri…

6- E-architecture: qualche considerazione (e rileggendo…quante similitudini con le auto elettriche!)   

Adesso l’architettura è sempre più attenta all’ambiente, al fatto di essere intelligenti nel consumo dell’energia, nel produrre energia, e nell’ adesso c’è pure attenzione alla quantità di carbonio prodotta per costruire.

Voglio dire che noi siamo abbastanza avanti, cerchiamo ormai da anni di fare questo lavoro, come il progetto che abbiamo fatto ad Atene che ha questo grande captatore di un ettaro che produce 2.7 megawatt che rendono l’opera nazionale indipendente dalla rete, e che ha un cuore verde.

Comunque ci sono quelli che non si accontentano e malgrado si sia fatto un grande lavoro legato all’ambiente, trasformando un parcheggio abbandonato un grandissimo parco di quasi 200 mila metri quadrati, piantando migliaia e migliaia di alberi… abbiamo pensato un canale di 400 metri di lunghezza che ha cambiato addirittura il microclima, e costruito un grande captatore solare che produce energia e rende indipendente la struttura dalla rete, dicono si “ ma per fare tutto questo avete prodotto carbonio” …

C’è sempre un rovescio della medaglia, non potrai mai essere a pari perché qualunque cosa tu faccia produci qualche effetto collaterale… però l’idea di fare una architettura sostenibile è sempre quella giusta

I conti vanno fatti sul lungo termine, tutto quello che facciamo oggi non serve per domani mattina.

7- Un viaggio immaginario con architetti di ieri e di oggi, chi porti con te ?

Renzo Piano l’ho portato tante volte in viaggio con me, quando eravamo più giovani si circolava solo in macchina con la mia Y10, lui faceva il navigatore oppure fumava il sigaro seduto dietro.

Ogni tanto ci davamo pure il cambio, si girava in macchina a quell’epoca, alla fine degli anni 80.

La macchina è un luogo dove si parla quindi un bel viaggio con … l’hai citato tu, Brunelleschi, che ti spiega le tecniche costruttive, e perché no, un architetto moderno, non saprei con chi vorrei fare un viaggio in macchina, sono tutti così boriosi, vorrei parlare con gente che ti racconta…magari un viaggio con Morandi per farsi spiegare queste sue teorie sull’ ingegneria che hanno generato tante discussioni perché no…

Lui era forse un visionario, faceva queste robe probabilmente un po’ troppo fragili…

E poi Rogers ( Richard Rogers, architetto inglese, autore con Renzo Piano del Beaubourg, ndr) era una persona favolosa, e devo dire che l’ho conosciuto proprio bene e un viaggio in macchina con lui lo avrei fatto proprio volentieri…

Mi piacerebbe poi un giovane architetto, quello è il modo veramente di scambiare, per capire cosa pensa di quelli come noi più vecchi.

Poco prima di parlare con te ho fatto un pranzo con i nostri “stageaire” che mi hanno riempito di domande, ogni 6 mesi vedi questi ragazzetti che potrebbero essere miei figli, perché i loro papà hanno la mia età, sono curiosi, sono come i pulcini che vogliono scoprire …sono la futura generazione …ma gli spocchiosi li lascerei andare in aereo in prima classe

7bis- E dietro la curva ?

Dietro la curva penso a me stesso e cosa farò next, cosa ci sarà dietro la curva quando smetto di giocare qui?

Vorrò lavorare ancora o fare altre cose: mi è stato detto che dopo la curva ci potrebbe essere ancora un po’ di posto per me, però penso ci debba essere un po’ di “cool down”: bisogna sollevare un po’ il piede dall’acceleratore, perché hai lavorato tanto e poi vorresti anche godertela un pochino di più…

 

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