Sette domande a una Mobylette Motobécane

Personaggi (in ordine di apparizione)

Lei: una Mobylette Motobécane arancione

Lui: César, lo scultore – il mago della fiamma ossidrica

La scena: Galleria Accademia, via Po, Torino

Atto unico

Entro e la vedo lì, in bella mostra. Una Mobylette Motobécane. O meglio, ciò che resta di una Motobécane.

Ha quell’aria familiare di provincia francese, vestita di un arancione solare, tipico di certi anni e certi luoghi.

Per chi ha superato una certa età, è impossibile non ricordarla: sfilava tra i tornanti della Provenza e le viuzze della Costa Azzurra negli anni Settanta e Ottanta, leggera e un po’ sfrontata.

Un ricordo così vivido non poteva certo sfuggire a César Baldaccini – in arte César – scultore marsigliese dalle radici toscane, figlio di un bottaio, spirito libero e creativo, maestro delle compressioni e delle espansioni.

Lì, in quel contesto, ci è sembrato naturale rivolgerle qualche domanda.

E lei, con grazia, ha risposto.

1 – La tua strada del cuore?

Una tra le colline di Borgogna, tra curve e vigneti, tra Brouilly e Mercurey.

Se chi guidava era sobrio, meglio.

Lo sai com’è: una curva tira l’altra…

2 – A chi devi la tua forma attuale?

A una pressa.

E a César, certo. César Baldaccini, il mago della fiamma ossidrica.

Si atteggiava a scultore, sai? E io ci sono cascata.

Però non mi lamento: questa mia nuova esistenza mi va stretta solo in senso figurato.

Credo che si sia ispirato alla ribollita che mangiava da bambino: era figlio di toscani, e in casa si riusava tutto.

Oggi la chiamerebbero sostenibilità. Allora era solo buon senso e creatività: si usava quel che c’era, senza tante etichette.

3 – Cena fantastica: chi vorresti invitare?

Jean-Louis Trintignant, l’attore-pilota, e Claudia Cardinale.

Non chiedermi perché.

Me li immagino sul mio sellino, a zigzagare tra le vigne affacciate sul mare di Saint-Tropez, tra la spiaggia di Pampelonne e Ramatuelle. Giovani, scalzi, in costume. Complici. Sorridenti.

4 – Rischio o prudenza: che cosa ha guidato la tua vita?

Rischio. Sempre.

Con le mie compagne d’avventura – le Citroën della mia generazione: Mehari, 2CV…

Giù per strade bianche, di giorno e di notte, al chiaro di luna.

Sulla sabbia, a folleggiare.

Con il sapore della libertà nel vento.

5 – Quella volta che…

Mille volte. Mille motociclisti.

Ragazzi e ragazze, donne e uomini, contadini e impiegati.

Al mare, alle sagre, al lavoro.

Raccontarne una sola sarebbe fare torto a tutte le altre.

Colonna sonora: La vie en rose.

Profumo di lavanda. Cieli blu. Notti stellate.

6 – Come si sta, ora?

A dire il vero, bene.

Quando penso ai miei coetanei finiti nello sfasciacarrozze, mi dico che mi è andata alla grande.

Ho fatto bene a dire di sì a César, quella volta.

Cambio spesso indirizzo – gallerie, case private.

Da qui vedo la vita scorrere in via Po, la gente che entra, curiosa.

Sogno spesso di tornare in strada.

Di rombare di nuovo, in sella a una francese di passaggio.

Mi manca un po’ la polvere. Il vento.

E il profumo della Provenza, a tarda primavera.

7 – E dietro la curva?

Un quadro di David Hockney.

Era appeso davanti a me, anni fa, in una galleria di Londra.

Una curva sinuosa, azzurra, che da allora percorro ogni notte, nei sogni.

Grazie.

PS (uscendo, mi sussurra):

Una cortesia: mi rimetti in assetto? Fammi scappare, verso la collina.

Solo un istante di libertà.

Sai com’è… quel sapore impagabile della vita vissuta”.

1 commento
  1. Claudio
    Claudio dice:

    Rivedo certi film della nouvelle vague, l’atmosfera degli anni ‘’60, Brigitte Bardot, Jean Seberg, Godard, ecc. la Brasserie Alsacienne di Nizza, i maxi cappotti e la mitica Becane a competere con Vespa e Lambretta. La canzone? Jacques Dutronc: il est cinq heures,Paris s’éveille

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