Te la dò io l’America…
Bernie Ecclestone è ormai una specie di fantasma che di tanto in tanto si materializza su qualche pista. Di recente è stato, come sua tradizione, a Kitzbühel per godersi insieme a Niki Lauda e Gerhard Berger la discesa libera più celebrata del mondo. La Formula 1 non è più affar suo, e la carica onorifica che gli è stata assegnata dagli americani di Liberty Media conta come il classico due di picche quando si tratta di prendere decisioni operative.
Dopo qualche mese di timidi approcci, i nuovi proprietari dei diritti commerciali hanno cominciato a far sentire il loro peso. La direzione presa sembra proprio quella dello spettacolo a tutti i costi, e all’americana. La parata dei piloti a Londra prima del Gran Premio di Gran Bretagna e l’introduzione in stile da finale del Superbowl a Austin sono fulgidi esempi di come gli uomini (soprattutto di marketing) di Liberty Media interpretino il modo di proporre la Formula 1 agli spettatori di tutto il globo.
Questo va probabilmente benissimo per il pubblico statunitense, abituato a questo genere di show. Il problema sottovalutato viene dal fatto che la Formula 1 è nata nel 1950 in Europa ed è cresciuta e prosperata sulla base degli appassionati del vecchio continente. Inutile girarci intorno: con l’eccezione del Giappone e dell’Australia i circuiti lontano dall’Europa sono poco popolati dal pubblico pagante. E per fare audience televisiva ad orari compatibili, Ecclestone & C. si sono inventati i Gran Premi in notturna.
Il trend all’americana continua comunque imperterrito. Lo illustrano le sono state annunciate nuove decisioni di Liberty Media in vista della nuova stagione. Si comincia con lo spostamento di un’ora e dieci minuti della partenza dei Gran Premi in Europa, spiegato con la certezza che nel pomeriggio avanzato si raccolgono più spettatori. Non sappiamo in base a che statistiche sia stato rilevato questo dato ma, in base alle nostre, è certo che una giornata di sole sottrae audience alle telecronache. Quindi sarebbe stato meglio anticipare le partenze di un’ora, per lasciare libero il pomeriggio alle uscite fuori casa del pubblico europeo, quello che pesa davvero.
Se però facciamo due conti con il fuso orario, il posticipo regala un’ora di sonno in più agli spettatori americani, con partenze dalle 6 alle 9 del mattino, passando da Los Angeles a New York. I dieci minuti di ritardo ulteriore servono poi per essere riempiti di pubblicità, nel pieno rispetto delle esigenze delle emittenti a stelle e strisce.
Che dire poi della decisione di vietare le cosiddette “ombrelline” sulla griglia di partenza? Un assurdo divieto che infrange una consolidata tradizione europea, mai considerata offensiva da nessuno. Però in America c’è stato il caso Weinstein, con tutte le conseguenze (spesso molto ipocrite e un po’ troppo a posteriori) che ha comportato sul ruolo della donna. E allora, da bravi americani, gli uomini di Liberty Media decidono di conseguenza, senza chiedersi se è davvero così importante privilegiare le vedute del nuovo continente rispetto a quelle della vera culla della Formula 1, che è l’Europa.
Non fossero bastati l’introduzione dell’Halo e la perdita definitiva della televisione in chiaro in alcune nazioni come l’Italia, ora la Formula 1 corre anche il pericolo dell’americanizzazione indiscriminata. Avrà la forza di sopravvivere, anche in vista delle prossime battaglie in materia di regolamenti? Stavolta non ce la sentiamo di scommettere…
Bellissimo articolo, Roberto, condivido parola per parola.