Se un bambino dimenticato muore in auto
In poco più di un secolo di storia l’automobile ha compiuto balzi da gigante.
Dal catorcio per il quale dovevamo avviare il motore scoppiettante girando la manovella con la forza di entrambe le braccia siamo arrivati ai salotti viaggianti mossi da silenziosissimi propulsori, ecologicamente corretti, che si azionano sfiorando un dito su un pulsante o inviando un comando direttamente dallo smartphone. E la tecnologia a bordo è così tanta che le vetture di oggi possono percorrere chilometri e chilometri con tutti quei sistemi di guida autonoma che ci impediranno per sempre il piacere di guidare, ma ridurranno al minimo il rischio di incidenti.
Sul fronte della sicurezza siamo arrivati a livelli impensabili fino a pochi anni fa: Abs; Esp; airbag perfino per le ginocchia; radar e telecamere che tengono sotto controllo i limiti dell’auto a 360 gradi e dispositivi che controllano i nostri segnali vitali per verificare se rischiamo di avere un colpo di sonno; freni che si azionano da soli se siamo distratti o tardiamo a intervenire anche per evitare di investire un piccolo animaletto che attraversa la strada; cinture di sicurezza che si mettono in tensione da sole simulando un caldo e rassicurante abbraccio attorno al nostro corpo.
Le innovazioni si moltiplicano a catena con un ritmo sfrenato. E, per dimostrare la semplicità di utilizzo dei nuovi marchingegni e le nuova possibilità, perfino i più piccini vengono sfruttati nelle pubblicità. Così sono proprio loro, spesso, a illustrarci direttamente, lasciandoci stupefatti, di cosa oggi un’auto può essere capace.
Vediamo bambini che azionano i portelloni del portabagagli muovendo semplicemente un piede sotto al paraurti, magari per recuperare il pupazzo di peluche che il papà distratto ha lasciato nel bagagliaio. Bambini che fanno sogni d’oro sul seggiolino mentre mamme sorridenti conducono suv e crossover lungo sterrati che si snodano tra scenari idilliaci che, in verità, le nostre città hanno cancellato ai nostri occhi, da anni e per sempre (in Italia, poi, per trovare buche a raffica basterebbe un viaggio in superstrada). Bambini che ci spiegano le stesse innovazioni parlando come fossero già giunti al terzo master post lauream. Ma nonostante tutto questo, nonostante quindi un carico tecnologico a bordo di una vastità senza precedenti, le nostre vetture continuano ad essere pericolose proprio per i nostri bambini: quelli che dovrebbero essere protetti per primi e più di tutti in un veicolo.
Quello che è successo mercoledì 7 giugno 2017 in provincia di Arezzo era già accaduto in provincia di Perugia. E anche in quella di Livorno; come in quelle di Lecco, Catania, Piacenza. E non sono fatti che si ripetono solo in Italia.
Bambini dimenticati in auto da genitori distratti muoiono con incredibile frequenza in tutto il mondo. E non è sempre colpa di padri e madri snaturati. Spesso si tratta di fatalità che oltre a uccidere una giovane vita rovinano per sempre anche quella di genitori premurosi, colpevoli solo di essere stati accecati, magari solo quella maledetta volta, dal mondo che li circonda.
Un genitore protagonista di una vicenda del genere porterà per sempre con se un dolore straziante. E non perdonerà mai, a se stesso, quanto è accaduto. Ma le stesse sensazioni e lo stesso stato d’animo sarebbe giusto che li provassero anche i costruttori di automobili. E con loro tutti i legislatori. Perché, fino ad oggi, nessuno ha ancora fatto qualcosa di concreto per evitare tragedie del genere.
Eppure la tecnologia giusta c’è già da molti anni; e le invenzioni – semplici e facili da applicare direttamente sui sedili che utilizziamo per i bambini – non mancano.
Il caso vuole che una di queste sia stata perfino messa a punto nella stessa provincia di Arezzo dove è avvenuta l’ennesima tragedia. Ma se non c’è una sola casa automobilistica che decide di passare ai fatti e, soprattutto, se non c’è nessuno che imponga degli obblighi per legge (perché è evidente che ormai è l’unica strada da percorrere per accelerare una soluzione), le nostre auto continueranno a trasformarsi da avveniristici, stupefacenti e comodi salotti viaggianti in camere di morte.
Parole e proposte, finora, sull’argomento ne sono state fatte a bizzeffe. In Italia, come in Europa. Anche negli Stati Uniti. E se ne è discusso perfino all’Onu. Fatti: zero.
E pensare che nel secolo scorso, proprio un costruttore di auto, un certo Henry Ford (che di automobili e innovazioni al servizio del benessere dell’uomo se ne intendeva davvero), ebbe a dire che “c’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”. Ma la realtà è che molti di questi vantaggi che oggi ci vengono offerti nemmeno li vorremmo. E altri, di cui abbiamo davvero bisogno, ci vengono negati.
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