Un’utilitaria dall’insolito destino

Autore: “L’Ospite di Autologia” Bruno Libero Boracco, direttore  di piccolegrandiruote.com.

La Fiat 500, che per distinguerla dalla omonima dell’anteguerra aveva aggiunto la denominazione nuova 500, non ebbe al suo apparire nel luglio del 1957  un buon successo, sia per il prezzo che non si discostava troppo da quello della sorella maggiore, la Fiat 600, che per numerosi difetti e le modeste prestazioni stradali.

La casa madre reagì in breve tempo migliorando le prestazioni e mettendo in vendita un allestimento meno spartano. La variante base fu oggetto di una riduzione di prezzo e la Fiat  rimborsò con un assegno circolare tutti gli acquirenti dell’auto al prezzo iniziale.

Negli anni 60’ la 500 era diventata in Italia (non così all’estero) molto popolare ed aveva sostituito numerosi scooter e per chi se lo poteva permettere, faceva le veci della seconda auto per i percorsi cittadini. Tra i giovani neopatentati diventò di moda per il modello 500 F, quello con le porte incernierate anteriormente, il colore blu scuro. Ma allora i colori di moda non erano pagati a parte, anzi nessun colore si pagava in più del prezzo di listino.

Ora ahimè l’unico colore che non si paga é di solito un pastello “sfigato”. Poveri noi automobilisti, ora siamo costretti a pagare di più un colore della carrozzeria decente. Ma sino a quando saremo così disponibili ad accettare questi balzelli?

L’attuale reincarnazione della Fiat 500 ha avuto subito successo, pur con un listino dai prezzi non particolarmente popolari, ma favorito dal fatto che é un’auto che fa tendenza con il suo aspetto decisamente personale. Inoltre sono state commercializzate delle varianti particolarmente raffinate e costose che hanno ancor maggiormente allontanato l’immagine di utilitaria del passato.

Mi ricordo bene quando da diciottenne neopatentato ho avuto il mio primo contatto con la Fiat 500, che per l’occasione era una 500 L, nel tanto amato blu scuro con interni in finta pelle rossa. Appena seduto al posto di guida  mi chiesi: “come riuscirò ad azionare quella pedaliera posizionata così in alto ?”. Passato il mio primo imbarazzo misi in moto azionando la levetta posta sul tunnel centrale ed iniziai a muovermi azionando una frizione non particolarmente morbida ed un cambio senza sincronizzatori un pò brusco negli inserimenti. Mi diressi nel mio percorso tipo con poco traffico e mi accorsi che la piccola auto aveva un ottima tenuta di strada in curva, una buona frenata ed uno sterzo non troppo leggero.

A questo punto mi permetto di dissentire da chi ha scritto che la piccola di casa Fiat non era poi quel gran capolavoro dell’Ing. Giacosa. Forse é un’automobilista di quelli fortunati, che ha avuto macchine di pregio a diposizione, ma vi assicuro che la Fiat 500 venne apprezzata per la sua agilità e stabilità persino dall’autorevole quindicinale francese L’Auto Journal” che durante la prova su strada della 500 L la definì “un reptil insaisissable” (un rettile imprendibile) nei percorsi tortuosi in discesa.

Ho avuto modo di essere al posto di guida della Fiat 600 D, che era meno piacevole da guidare che mi parve avere un propulsore meno brillante di quello della sorella minore. Un’ultima cosa, il suo soprannome a Torino, luogo di progettazione e nascita, era “cinque chiappe” e non “cinquino”, come tutti indicano attualmente.

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