Vincenzo Lancia e la Dilambda: un “giallo” americano

Nella vita avventurosa di Vincenzo Lancia vi sono stati parecchi aneddoti degni di essere raccontati.

Forse il più intrigante è quello verificatosi in occasione della nascita della elegante Dilambda.

Lo studio della grande berlina era già molto avanzato quando, nel 1926, comparve inaspettato negli uffici della Lancia, un certo mister Flocker. Costui un americano di madre italiana, si presentò come rappresentante di un gruppo statunitense che aveva in progetto di costruire negli States uno stabilimento per la produzione di auto Lancia.

Vincenzo Lancia restò affascinato e dall’uomo e dall’idea. Le vetture destinate al mercato statunitense avrebbero dovuto avere un motore di cilindrata maggiore del “tipo 220” già pronto con 3960 cmc., e carrozzeria di gran lusso e comfort. Il programma era quello di presentare la nuova auto al Salone Commodor di New York, il più importante dell’epoca, nell’edizione del 1927.

Vincenzo Lancia, fedele alla sua indole entusiastica, mise subito all’opera il suo staff di progettisti e fece progettare un nuovo telaio, quello che poi doveva diventare, attraverso alcune modifiche, appunto il magnifico prototipo della Dilambda.

L’americano, intanto, iniziò a frequentare l’Ufficio Tecnico, interferendo nello studio con continue richieste di modifiche per lo più ritenute assurde e incomprensibili dai tecnici torinesi. Tecnici che finalmente riuscirono ad allestire dodici prototipi, con carrozzerie di gran lusso a sei luci, alcune persino con diversi parti dorate peraltro di dubbio gusto per noi italiani, ma non per gli americani.

Le auto furono spedite a New York in regime di temporanea importazione. In seguito, si comprese che le continue interferenze del Flocker erano mirate a impedire che le vetture giungessero a New York prima dell’apertura del Salone e, cioè prima che la preparazione del complotto in atto fosse compiuta.

Partì anche Vincenzo Lancia che, con il suo carattere accentratore non poteva neanche immaginare una così importante trattativa nelle mani di un estraneo. Egli volle infatti, non solo vedere il Salone ma prendere personalmente contatto con questi fantomatici interlocutori d’oltre oceano.

Non dobbiamo dimenticare che all’epoca le comunicazioni erano alquanto precarie nel nostro paese, figuriamoci poi fra due continenti così distanti. L’impegno in prima persona di Vincenzo Lancia fu provvidenziale perché permise di smascherare una losca trama.

I mandanti di Flocker, infatti, intendevano esporre le vetture al Salone per poi lanciare sul mercato una delle tristemente note emissioni di azioni di una ipotetica Società per la fabbricazione di vetture Lancia, che in realtà non sarebbe mai esistita.

Il progetto di raccogliere fondi, di vendere le dodici auto e infine di sparire nel nulla venne scombussolato dall’arrivo inatteso di Vincenzo Lancia.

La reazione dei gangster americani fu durissima: l’dea era addirittura quella di sopprimere l’industriale italiano.  A questo punto il Flocker, preso dal panico, avvertì Vincenzo Lancia che era stato deciso di ucciderlo la notte stessa nella sua camera d’albergo.

La confessione salvò la vita a Lancia che travestito, immediatamente uscì dal retro dell’hotel, raggiunse il porto dove a mezzanotte s’imbarcò pur senza bagagli sulla prima nave in partenza.

Successivamente le dodici Dilambda furono fatte rientrare in Italia e, modificate, furono vendute con grande successo, questa volta però, nella più sicura, cara, vecchia Europa.

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