Automobili e commissari di polizia

brugnotti 1Che l’automobile abbia natura e peso differenti nella letteratura poliziesca, noir e di spionaggio, rispetto alla cinematografia dello stesso segno, è ovvio ed evidente. La dimensione dinamica propria dell’auto ne fa spesso una protagonista o coprotagonista cinematografica, come ci è già capitato di raccontare; mentre nel fumetto (vedi la Jaguar di Diabolik e la Ds – ma anche la XM e la CX – di Ginko) essa è un po’ come “ in transito” da una collocazione all’altra. Sulla pagina scritta invece l’auto non invade la scena, il più delle volte è appena citata, anche quando è l’ auto dell’eroe protagonista: quanti sanno o ricordano che Ellery Queen guida un Duesenberg? Mentre si può essere ragionevolmente certi che la Tipo di Montalbano (nella fiction TV) sia ben presente come componente non accessoria della personalità del commissario.

L’auto di carta è però molto importante: vi si compiono delitti ed è strumento per compierli (quanti sabotaggi ai freni…), viene rubata per compiere rapine, è inseguita ed insegue… E almeno in un caso recentissimo, è “la” soluzione di un’indagine, come abbiamo saputo alla presentazione del libro “Tango argentino sulla Cote”, che è poi la Costa Azzurra, dove è ambientata la storia scritta da un giornalista alla sua prima prova narrativa, Franco Fiorucci (nella foto in basso), ma che nella sua lunga carriera professionale si è occupato, non a caso, di automobili vecchie e nuove.

Come egli stesso ha raccontato, la storia dormiva in un cassetto da decenni, sorvegliata dal suo protagonista, il commissario Belpensiero, con questo cognome straordinario “che mi ha ricordato Umberto Saba e “Trieste e una donna” ”, come ha detto Roberto Iasoni presentando il libro. E lo ha fatto a sua volta nella doppia veste di caposervizio dei Motori del Corriere della Sera e di curatore di una rubrica nel settimanale letterario del Corriere stesso, “La lettura”, dedicata a sapide segnalazioni e recensioni ed il cui nome -”Mani in alto”- la dice lunga sui suoi soggetti.

Anche Iasoni nella sua densa presentazione ha ricordato il ruolo di un’auto nel “Tango” di Franco Fiorucci, ma sull’argomento naturalmente non si può aggiungere nulla: chi è interessato potrà rivolgersi a Localia-Edizioni Leucotea, editore a Sanremo. E varrà la pena, perché si tratta del primo atto di una trilogia, che prende il via negli anni Settanta del secolo scorso e ruota attorno al ritrovamento del cadavere di un giovane italiano tra i cespugli lungo la strada della Moyenne Corniche, verso Nizza. Attorno a Belpensiero ruotano altri personaggi, dei quali vorremmo sapere di più: è il caso di Roberta, reincarnazione di ragazze che il lettore di una certa età potrebbe anche aver conosciuto, in quegli anni…

Belpensiero si colloca agevolmente nell’albero genealogico del giallo italiano, che ha alle sue radici un altro commissario, De Vincenzi, creato negli anni Trenta da Augusto De Angelis, si può immaginare con quanta poca delizia del Minculpop e del regime. Le notizie di “nera” erano state cancellate dalla cronaca e comunque, in un romanzo “giallo”- del quale al regime non sfuggiva il successo popolare – assassini, ladri e delinquenti vari erano ammessi solo se stranieri. Per giunta De Vincenzi era un commissario colto, dalle letture vaste e sofisticate…Nel romanzo di Fiorucci è citato per una sua collaborazione, quarant’anni prima, con un collega francese che darà un suggerimento a proposito di una certa automobile…D’altronde De Vincenzi aveva una filosofia di vita e di indagine che enunciava così: “forte è in me la convinzione che solo il caso ci governi. Il caso, nume tutelare di coloro che si trovano alle prese col mistero”. Cosa ne dica Belpensiero, non lo sappiamo ancora, vedremo nella sua prossima avventura: per ora l’autore ci dice che il suo commissario pensa a Roberta – ed alla Patagonia (ed ecco il tango). Al lettore, se vorrà, il piacere di scoprire come il caso viaggi – a volte, conformità alla propria natura – in automobile.

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