Ferrari 312B, la monoposto che ha cambiato la storia della F1: nei cinema solo per 3 giorni

sabLa storia di una F1 “dimenticata” che però ha creato una leggenda. Ma anche l’emozionante racconto di un restauro di un’auto da corsa d’epoca e di una sfida impossibile. Tutto questo è il film “Ferrari 312B”, nome essenziale come la sigla della monoposto, che è stato in programmazione solo per tre giorni dal 9 all’11 ottobre in molti cinema italiani.

Questo film a mio parere è una vera gemma per gli appassionati di corse e di automobili perché ti fa capire quanto possano diventare affascinanti, se ben descritti e raccontati cogliendone i frammenti di storia cui sono legati, anche dei banali pezzi di metallo oppure il rombo fragoroso di un motore. Ed è un peccato sia stato in programmazione nei cinema soltanto per tre giorni. Ma chi è riuscito a vederlo ha ricavato grande emozione rivivendo la storia di una Formula 1 che ha fatto epoca: la Ferrari 312B del 1970, la monoposto con cui Maranello ha aperto una nuova era tecnica nella F1 dopo anni di ombre, introducendo la prima generazione di quel motore 12 cilindri boxer che ha restituito negli Anni ‘70 alla Ferrari la supremazia tecnologica e avrebbe portato a Maranello tre titoli mondiali in dieci anni con Lauda e Scheckter.

 

Attenzione però: “Ferrari 312B” è un film-documentario, non un romanzo artefatto rispetto alla realtà. Quindi non aspettatevi una storiella alla “Rush”. I protagonisti non sono gli uomini, ma l’automobile da corsa attorno alla quale gira una storia vorticosa di ricostruzione, collaudi, test in pista, momenti di esaltazione e di affranto. Il film è il racconto realistico tappa per tappa di come un gruppo di appassionati, per iniziativa di Paolo Barilla, imprenditore della pasta ma anche e soprattutto ex pilota di F1 e di Le Mans, ha voluto provare a restaurare una monoposto Ferrari del 1970 per tentare la pazza sfida di andare a correre il Gran Premio Montecarlo storico. Una corsa che si disputa con vecchie monoposto F1 di tutte le epoche sul circuito del Principato la settimana dopo il Gran Premio “vero” e che per gli appassionati di auto Classic è un must.

 

La trama del film-documentario è imperniata sull’impresa del restauro e dei difficili collaudi per far rivivere l’automobile; impresa nella quale Barilla, che aveva acquistato la monoposto in condizioni disastrate, ha coinvolto un manipolo di fidati tecnici. Fra questi il meccanico di fiducia che aveva conosciuto alla Parigi-Dakar quando lo aveva tirato fuori dalla sabbia. E soprattutto l’ingegnere Mauro Forghieri, il papà della Ferrari 312B. Che sia nel film che nella realtà si è gettato con cuore e passione nell’impresa di fare rinascere quell’auto che aveva progettato 48 anni prima.

 

È bellissimo e commovente rivedere come Forghieri guida il restauro e il montaggio del leggendario motore 12 cilindri boxer e di ogni pezzo dell’automobile cercando passo per passo di ricordare, a tanti anni di distanza, come dovevano essere assemblati i vari pezzi fra loro, attingendo alla sua memoria e non ai progetti perché non esistono più. Ed è curioso vedere come anche il grande Forghieri ogni tanto perda la pazienza imprecando con “moccoli” e secche frasi in dialetto modenese quando qualcosa non va come dovrebbe oppure qualcosa si rompe in pista. Divertente poi come le imprecazioni in dialetto vengano beffardamente tradotte dal regista con i sottotitoli in italiano come si fa con il parlato in lingua straniera. È da questi pochi simpatici frammenti che si intuisce perché all’epoca Forghieri, dentro la Ferrari, si fosse meritato il soprannome di “Furia”.

 

La storia del restauro, dei test di pista di Barilla con la Ferrari 312B e della gara monegasca è intervallata con i filmati d’epoca in bianco e nero, i ricordi, e gli aneddoti raccontati dai piloti che assieme a quella Ferrari sono stati protagonisti nel biennio 1970-71. Come Jacky Ickx o Jackie Stewart. I due protagonisti di quel mondiale 1970 sfuggito alla Rossa (il terzo, Jochen Rindt morì proprio a Monza nella gara decisiva vinta dalla Ferrari 312B di Clay Regazzoni). Ma nel film ci sono anche gli interventi di altri campioni che sembrano fuori epoca perché nulla hanno avuto a che fare con la 312B, ma che del mondo Ferrari e del modo di lavorare che c’era a Maranello parecchio sanno. Come Niki Lauda e Gerhard Berger. I due grandi ex raccontano – specie Lauda – aneddoti divertenti sul mito Ferrari e su Forghieri in persona. Eccellente il lavoro di montaggio di tanti spezzoni di realtà e storia, di passato e presente, fatto dal regista Andrea Marini; lavoro ancor più apprezzabile perché per portare avanti il film ha dovuto scoprire e comprendere dalla voce dei co-protagonisti lo spirito di quella leggendaria monoposto che lui, giovane com’è, non ha mai visto correre dal vero.

 

Non vi starò a rovinare la sorpresa svelandovi il finale del film per chi trovasse ancora modo di vederlo. Voglio solo dirvi che un appassionato di corse non può perderselo. Anche soltanto per gustarsi il camera car del via del Gp di Montecarlo dall’abitacolo della Ferrari 312B. Pochi favolosi secondi di racing vissuto. Dove i movimenti frenetici di Paolo Barilla col volante fanno capire quanto fosse più fisico guidare quelle automobili da corsa rispetto alle asettiche F1 di oggi che vediamo nei camera car odierni. E poi scolpitevi nelle orecchie il rombo indimenticabile di quel 12 cilindri, erroneamente passato alla storia come boxer (mentre tecnicamente parlando era un V12 a 180 gradi). In una F1 dominata dal sibilo anonimo dei turbo ibridi, quel rombo vero e maschio del 12 cilindri riprodotto fedelmente dai missaggi audio del film, fa davvero vibrare il cuore.

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