L’automobile nel cinema (prima parte)

Nella sezione Cannes Classics del recente festival, Claude Lelouch ha (ri)presentato il film con il quale, cinquant’anni fa, vinse la Palma d’oro, “Un uomo e una donna” con Anouk Aimeé e Jean-Louis Trintignant. (https://autologia.net/auto-e-cinema-un-uomo-una-donna-e-una-mustang-al-galoppo/) Per la verità si trattò di un ex-aequo con “Signore e signori” di Pietro Germi, che probabilmente avrebbe meritato un premio tutto per sé. Il Morandini rileva infatti come Lelouch, facendo sapiente uso delle astuzie e degli stilemi del fotoromanzo, ottenne un prodotto “perfetto”, dal grande successo di botteghino. E che – per stile e ritmo di montaggio – precorse/dettò (en passant ma mica tanto) il linguaggio pubblicitario di almeno un decennio a venire.
Ma varrà la pena di ricordare anche accanto ai due protagonisti “umani”, la Mustang del pilota Trintignant, che non fu soltanto il solito accessorio più o meno lussuoso della sceneggiatura e della scenografia, inserito – oggi più di ieri – sulla base di precise clausole di product-placement. Fu comprimaria, con una propria identità non casuale, esattamente come lo era stata nel “62 l’Aurelia B24 di Gasman e Trintignant ne “Il sorpasso”. (https://autologia.net/autocinema-il-sorpasso-e-laurelia-b24-spider/) L’automobile, in entrambi i casi, esprime “qualcosa” ed è a propria volta strumento di interpretazione, in quanto portatrice del mito della velocità nell’arte cinetica per eccellenza, il cinema.
La velocità è, secondo Milan Kundera (lo scrive in “La lentezza”!) “la forma d’estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo.” Ritrovo la citazione nel saggio “La velocità del cinema”, di Alberto Barbera, critico cinematografico (https://autologia.net/sette-domande-ad-alberto-barbera-direttore-della-mostra-del-cinema-di-venezia-e-direttore-del-museo-nazionale-del-cinema-di-torino/), e Simona Previti, scrittrice e ricercatrice. Secondo i due autori, la velocità, incastonata nel cuore del “900 “inaugura con un nuovo senso estetico il moderno e attraversa la contemporaneità evolvendosi nel postmoderno.” Essa è “la forma di rappresentazione che momenti storici diversi si sono dati (nel corso del secolo e fino ad oggi, ndr) per seguire con la creazione artistica le rotture con il passato provocate dall’innovazione tecnologica, rotture cui si accompagna la rivoluzione dei linguaggi estetici.”
La velocità ha insomma prodotto un immaginario collettivo che si esalta, per così dire, nelle fasi di sviluppo economico e tecnologico, creando “il sogno del superamento dei limiti percettivi verso l’assoluto.” Ed ecco la ricerca di potenza dei motori, il fascino per le corse e i grandi raid. Un immaginario che il cinema rende alla perfezione: certo, l’auto non ne è l’unica interprete, ma il suo rapporto diretto con ciascuno di noi presenta caratteri particolari, dai risvolti profondi, psicologici e sociali.
Tutto ciò è accaduto, in Italia, in due momenti: quello dell’avanguardia inizio ‘900, con l’accelerazione come nuovo ideale estetico dei futuristi e nello snodo socio-economico degli anni ’50/’60. Nel saggio di Barbera e Previti viene ricordato il Manifesto della cinematografia futurista (1916), dove il cinema – fatto di montaggio, velocità e ritmo – viene riconosciuto come incarnazione di progresso e modernità, opposta al “passatismo pantofolaio e borghese”. Al di là delle chiacchiere pseudo-rivoluzionarie che non a caso per molti futuristi sfoceranno nel nazionalismo prima e nel fascismo poi, ciò che il movimento cercava – ed è il suo merito – era un nuovo linguaggio che esprimesse le sensazioni, le emozioni, le esperienze che la modernità urbana e industriale imponeva. Il Paese è infatti alle prese con la sua prima vera “modernizzazione” con ampio ritardo rispetto al resto del mondo occidentale. “Cinema, città, macchine, aereo, locomotiva, per il loro flusso costante di sensazioni cinetiche, sono nell’immaginario modernista trasformatori di realtà, dispositivi di esplorazione della nuova realtà percettiva…”. Il cinema futurista non diede vita ad una cinematografia e in generale la ricerca prodotta dalle avanguardie si travasò e infiltrò nei codici spettacolari alla base dei “generi”. La velocità’ venne rielaborata nei termini degli inseguimenti delle comiche o in quelli drammatici dei polizieschi e dei noir, o in quelli sportivi. E nei road-movies. Un processo che si diede prima che altrove nel cinema americano: in Italia, negli anni’30, l’automobile è un semplice “controcanto”o un accessorio allusivo come i telefoni bianchi.
La rappresentazione della velocità è invece simbolo dell’Italia del boom, dove irrompe “ la vita al quadrato” portata dai nuovi consumi e davanti/dentro la quale corre l’Aurelia di Gassman e Trintignant. Se “Il sorpasso” nel ’62, segnalava già la luccicante fragilità del boom, terminando con la rovinosa e mortale uscita di strada, “Un uomo e una donna” quattro anni dopo, mentre celebrava l’apice dei “gloriosi Trenta”, sembrava a propria volta insinuare nel finale aperto, il dubbio sulle possibilità di durata di un’epoca – della quale resta solo la famosissima colonna sonora.
Verrà la prima crisi energetica, la fine dei “gloriosi Trenta”, il post-moderno e la scomparsa delle certezze, salvo una, sembra dire Spielberg, in “Duel” (https://autologia.net/autocinema-duel-il-peterbilt-contro-la-plymouth-valiant/)….E verranno, cito alla rinfusa, Wim Wenders, Ridley Scott, fino a “Nebraska” di Payne. Ciascuno meriterebbe una trattazione a sé, per le novità e per la riproposizione di temi antichi, oltre all’andirivieni, in alcuni casi, tra linguaggi cinematografici pubblicitari e televisivi. Tutti confermano il rapporto alla fine inestricabile tra cinema e automobile… (Fine prima parte…segue)

1 commento
  1. GIANFRANCO CONTI
    GIANFRANCO CONTI dice:

    …e lo vieni a dire a noi ? Auto e cinema: il nostro pane quotidiano
    ne avremmo di aneddoti da raccontare
    dal 1957 noleggiamo automezzi d’epoca e non per il solo uso cinematografico e televisivo
    invecchiare una vettura perfetta per farla sembrare un semirelitto
    lustrare un ” cadavere” per renderlo perfetto
    Buttare da un dirupo 4 quattro Citroen Pallas, perchè la scena non veniva bene
    etc etc

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