Nel giorno della memoria: la famiglia Citroen

Salone di Berlino, febbraio 1933: nel grande Club Citroen installato al centro dell’esposizione, Adolf Hitler non trovò il patron a riceverlo. Citroen aveva preferito evitare di stringere la mano al neocancelliere autore del “Mein Kampf” e che, appena eletto, un mese prima, aveva sciolto il parlamento. Il piccolo ingegnere si fece rappresentare da un collaboratore e da tambureggianti campagne pubblicitarie, che pare avessero seccato non poco Hitler.
Citroen sarebbe morto nel luglio del ’35: toccò alla sua famiglia misurarsi, spesso tragicamente, con il fascismo ed il nazismo, pagando la cosiddetta “diversità” delle proprie origini. Che risalivano già a secoli addietro quando nel 1811, Charles Francois Lebrun, duca di Piacenza e già terzo console, ricevette dall’ex collega Napoleone la nomina a luogotenente dei Paesi Bassi, annessi alla Francia l’anno precedente. Con la nomina arrivò l’incarico di censire la popolazione e dare quindi un cognome a chi non l’aveva. Per questa via imperial-anagrafica, Roelof, figlio di Jacob e discendente dalla diaspora degli ebrei ashkenaziti di due secoli prima, ricevette il cognome Limoenman. Roelof infatti, e Rosje, sua moglie dal 1806, erano venditori ambulanti di frutta nei paesi intorno ad Amsterdam: frutta esotica, e soprattutto limoni della Guinea olandese, dai quali arrivò la trasformazione in cognome di un probabile soprannome. Roelof lasciò molto presto Rosje vedova, con i suoi figli Barend e Sara. Barend abbandonerà la frutta esotica per l’oreficeria e chiederà in sposa Netje Rooseboom, figlia di un grossista di orologi, il quale accettò il matrimonio purchè Barend cambiasse il suo cognome, che suonava oramai troppo pittoresco in una comunità sempre più assimilata e dall’importanza economica e sociale crescente. E così Barend Limoenman divenne Barend Citroen, che in olandese si scriveva senza dieresi e significava comunque limone.
André Citroen avrà certamente aggiunto ai meriti che riconosceva a Napoleone anche quello di essere all’origine del suo nome, più di settant’anni prima della sua nascita. Ma andiamo con ordine, anche perchè la prolificità del matrimonio di Barend e Netje è il punto di svolta della storia di famiglia Citroen. Dodici dei loro quattordici figli sopravvissero, equamente ripartiti tra femmine e maschi: cinque di questi ultimi (e due loro cognati) furono orafi e gioiellieri nel laboratorio di Barend. Tra loro Levie, che nel 1870 il padre invia a cercare clienti e fornitori nell’Europa dell’Est. Ci troverà moglie, a Varsavia, e con Masza Kleinmann decideranno il trasferimento a Parigi, nel nono arrondissement, attraversato dal boulevard Haussman, insomma nel cuore della Parigi nuova, per avviare un (proficuo) commercio di pietre preziose. E tra il ’72 e il ’78, insieme alla Terza Repubblica nacquero Jeanne, Hughes, Fernand, Bertrand e Andrè, anzi André-Gustave. Ma la vita di Levie, presto divenuto Louis, all’apparenza, se non felice, serena e agiata, era segretamente avvelenata dalla depressione, sulla quale si abbatterono le preoccupazioni per gli affari, complicati dagli eventi politici ed economici francesi degli anni ’80, percorsi da un antisemitismo sempre più evidente. Levie -Louis consultò un famoso medico, Adrien Proust (sì, proprio il padre di Marcel), ma la terapia a base di laudano non servì a niente: Levie si suiciderà nel 1884, un gesto che segnò la vita di Andrè e fu forse all’origine della vorticosa vicenda professionale e umana dei suoi anni adulti. Al giovanissimo Andrè toccò poi di attraversare un’altra porta quando l’ “affaire Dreyfuss” gli rivelò d’improvviso una “diversità” che, come gli spiegò il fratello maggiore Hughes, stava tutta negli occhi e nel pregiudizio di (certi) altri.
La storia degli anni di formazione di Andrè Citroen e delle sue prime attività imprenditoriali è d’altronde quella di un “polythecnicien” di estrazione borghese, laico e massone (come i fratelli Hughes e Bernard), francese fino al midollo: e la stele che ricorda Bernard, fatta erigere da Andrè, è ancora visibile nel luogo dove il fratello cadde nei primi mesi del 1914. I legami familiari, piuttosto, saranno importanti lungo tutta la sua storia: finchè sarà possibile, Citroen ricorrerà a parenti ed amici per evitare di consegnarsi alle banche, che pure, come vedremo, entrarono eccome in famiglia.
L’acquisto del brevetto per la produzione degli ingranaggi a cuspide, il cui disegno stilizzato sarà il “double chevron”, avvenne in Polonia grazie al prestito del cognato Bronislas Goldferer, banchiere marito della sorella Jeanne, che sposandosi aveva compiuto a rovescio il percorso del padre Levie. Altri fratelli del quale si erano peraltro spostati in Inghilterra. E perciò Andrè aveva cugini inglesi: Frederick, e David che lo precedette nel mondo dell’automobile come direttore di Minerva, la marca che aveva messo a punto il motore senza valvole, poi adottato da Andrè sulle Mors, negli Anni Dieci.
Per la cronaca, illustre discendente di David è stato Sir Alfred Jules Ayer, tra i più importanti filosofi di analisi del linguaggio del ‘900. Ma torniamo alla Mors: ad Andrè fu affidata – mentre la sua fabbrica di ingranaggi era già avviata – dal suocero del fratello Hughes, il banchiere Paul Haarbleicher. Ed anche il matrimonio di Andrè, come quello di Hughes, avviene nell’ambito della comunità ebraica internazionale, ed è l’unico modello di comportamento tradizionale che ancora sussiste, sebbene per poco, come vedremo.
Nel 1914 Andrè sposa Giorgina Bingen, figlia di Gustave (un banchiere di Genova) e Laura Gingiditta Cohen, appartenente ad una famiglia tra le più importanti per la storia della cultura ebraica: risale a Rabbi Low, di Praga, dall’erudizione e dalla sapienza così sterminate da far fiorire intorno a lui leggende splendide come quella della creazione del Golem. Citroen si appoggiò più volte, come dicevamo, a questa famiglia ed agli amici, nei momenti di difficoltà o di svolta (spesso coincidenti) della sua vita imprenditoriale: solo tra il 1928 ed 1930 sarà costretto a rivolgersi alla potente banca Lazard, raggiunta peraltro attraverso i legami di parentela di Georges-Marie Haardt, il suo direttore generale ma soprattutto amico di vecchissima data. Ma riprenderà bruscamente in mano le redini per l’ultima fase della sua avventura, la ricostruzione di Javel ed il lancio della Traction. E sarà poco prima della sua morte che Jacqueline, la figlia maggiore, sorella di Bernard e Maxime, sposando Paul de Rafeles barone di Saint-Sauveur, abbandonerà anche l’ultima tradizione dei matrimoni nella comunità. La famiglia fondata da Bernard e dai suoi dodici figli si era intanto sparsa e radicata in tutta Europa, con relazioni salde ed importanti, ma che non bastarono a metterla del tutto al riparo dal fascismo e dal nazismo. La protezione della famiglia Saint-Saveur permise a Giorgina e Jacqueline di restare a Parigi e di coprire, a lungo e con gravi rischi, la clandestinità di Jacques Bingen, fratello di Giorgina, che nel 1943 era succeduto a Jean Moulin a capo della Resistenza, su incarico di De Gaulle. Sarà consegnato ai nazisti da una delazione e si suiciderà per non tradire, come Louis Citroen, nipote di Andrè a capo della Resistenza a Marsiglia. Il ramo olandese vedrà Karol Citroen – prosecutore ad altissimi livelli della tradizione nell’oreficeria – riparare in Inghilterra ed arruolarsi nella Marina, perdendo però madre e sorella ad Auschwitz. Nel ramo tedesco, Paul ed Hans, entrambi pittori e trasferiti ad Amsterdam, sopravvissero, nascondendosi il primo in rifugi di fortuna e fuggendo in Svizzera il secondo: anch’essi persero madre e sorella in un lager. Altri componenti della famiglia riuscirono ad rifugiarsi negli Stati Uniti. Andrè Gustave Citroen, figlio di Levie-Louis-, nipote di Barend e pronipote di Roelof, aveva attraversato la modernità del Ventesimo secolo ricreandola: ebbe la fortuna di poterne soltanto intravedere il lato diabolico.

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