In ricordo di Giorgio Faletti: “Il coraggio di andar piano”

“Ciao bell’uomo!”. Era così. Il suo saluto in qualsiasi circostanza. Tutte le volte che ci incontravamo. Con qualsiasi persona mi trovassi!
Ma quella volta mi prese alla sprovvista. Non me l’aspettavo. Eravamo a Torino, sulla porta d’ingresso del Centro Stile Fiat. Quella volta accompagnavo l’ing. Roberto Testore, l’Amministratore Delegato di Fiat Auto, impassibile, dritto come un palo nel suo completo grigio chiaro.

Una imperturbabile Patrizia Pasini (Capo Ufficio Stampa) faceva da anfitrione. Aspettavamo l’arrivo dei giornalisti. Mi parve di capire che l’AD pensò che quel “Ciao bell’uomo!” fosse per lui e gongolava. A riportare tutto alla normalità fu Carlo Cavicchi che presentò il suo accompagnatore ai presenti: “Giorgio Faletti – disse – cabarettista, attore, cantautore, giornalista in prestito ad Autosprint”. Allungando la mano destra Faletti replicò “Pirlota”, sono noto per essere stato un pirlota. Sono stato sott’ufficiale della squadra Martini con la Delta e Fiat con la Cinquecento in due gare del mondiale rally: dal top al tap. Ho portato le automobili al traguardo. Missione compiuta ingegnere! Quando ritiro la Ferrari?”. Era il preludio di una giornata particolare. Giorgio non risparmiò nessuno, neppure la signora della sorveglianza Sirio addetta alla sicurezza industriale: quando ricevette il foglio per il pass d’ingresso la fissò e notando che lei porgeva anche una biro per la firma, le chiese più serio che mai: “A chi faccio la dedica?” . Ed eravamo appena all’inizio della giornata!

Asti è piccola “la gente mormora” ci conoscevamo da sempre, anche se lui aveva qualche anno più di me. Mia madre, esperta rammendatrice soprattutto dei miei pantaloni, rigorosamente corti fino alle ginocchia con 2 bottoni ai lati, si riforniva da suo padre che gestiva “la boutique del bottone” in piazza Alfieri, dove si teneva il mercato. Amavamo entrambi il basket ma la statura non ci ha mai premiato e come diceva Giorgio “quello è uno sport classista: se sei corto, stai a casa!”. A me piaceva scrivere e anche a lui. Io volevo fare il giornalista, lui no. Mi dilettavo a fare il D.J. lui si dilettava a FARE le Canzoni. Aveva già capito che era portato per stare in mezzo alla gente e non fare l’avvocato come voleva suo padre. Iniziò con “I Topi d’Albergo” con spettacoli di cabaret. Per alcuni anni ha girato nei teatri d’Italia ed è approdato poi nel leggendario Derby Club di Milano. Il grande salto in televisione dove i suoi personaggi hanno influenzato il linguaggio popolare. In campo musicale ha scritto canzoni con e per Gigliola Cinquetti, Mina, Milva e Angelo Branduardi. Ci siamo persi un po’ di vista.

Ci rincontrammo. Era il 1992. Quell’anno Faletti a Sanremo aveva cantato con Orietta Berti “Per partecipare al Festival – si scherniva – è necessario che almeno uno dei due sia bravo a cantare. E con me c’è Orietta”. Lasciando cadere la cosa così, perché quella canzone da lui scritta “Rumba di tango”, non era piaciuta. Ad ottobre nuovamente nella Città dei Fiori per la gara italiana del calendario iridato rally. La sua fede calcistica era Juventina “Genoa per Voi – mi sfotteva sapendo della mia fede rossoblù – le stelle per noi”. Tifoso della Ducati e della Ferrari era appassionato di corse, e si era anche trasformato in pilota. Esperienza non nuova per lui. In precedenza aveva già indossato casco e tuta per una gara nel CIVT su una Peugeot 106, prima di assaporare il gusto dei rally nazionali al volante di una Renault 5 GT. Ora un altro capitolo della sua incredibile vita: era al 34° Rally di Sanremo. Il volante della quarta Lancia Delta del Martini Racing era per lui. Un fiume in piena, un ragazzino che va in pellegrinaggio a Gardaland. Prima del via in conferenza stampa dopo Auriol, Kankkunen e Aghini i piloti ufficiali della squadra con licenza italo-inglese gestita dal Jolly Club, Giorgio trovò il modo di stemperare un po’ di tensione. “La clausola che ho voluto sul contratto per questa gara – intervenne Faletti – è che in questa gara io non mi presterò mai ai giochi di squadra e non mi fermerò per lasciare il passo ai miei compagni.”. Tutti risero e la maggior parte dei giornalisti per la prima volta, incontrarono l’autoironia di Giorgio che, in quella gara, oltre al diciasettesimo posto assoluto ottenne il maggior numero di interviste, vincendo il confronto con i grandi campioni. Le sue dichiarazioni erano sempre esilaranti. Come al termine della prima prova speciale “Sono contento di com’è andata. Sono venuto giù a una andatura commovente. In discesa mi hanno superato anche Bugno e Chioccioli che si stavano allenando in bicicletta”. E dopo aver capottato. “Peccato, non aver messo gli adesivi degli sponsor anche sotto l’auto.” E poi al termine “Sono felice di com’è andata. La Delta è fantastica basta pensare di accelerare che lei va.” E ancora “Dovete comunque ammettere che bisogna avere un bel coraggio ad andar così piano con questa automobile”.

Prese parte alla cronoscalata “Nido dell’Aquila” nel ’93, la Pikes Peak di Nocera Umbra sempre con un Lancia Delta Integrale. All’ultima Curva piantò un cappottone indimenticabile. Nella settimana successiva la sua rubrica “Io Canaglia” su Autosprint fu intitolata “Qualcuno volò sul Nido dell’Aquila”. Il testo, accompagnato da una foto a tutta pagina della vettura in volo, recitava semplicemente “Io, porca vacca!!!”

Ancora Sanremo nel ’94. Il palco dell’Ariston lo vede protagonista assoluto con la sua canzone “Signor Tenente”. Si classificò secondo, premio della critica e disco di platino. “Minchia”!
Per amicizia, ma anche per divertimento accetta di partecipare al Rally di Montecarlo nel 1998 con la squadra della Fiat Auto Corse sulle Cinquecento Sporting gruppo A. Nei rally con Faletti sicuramente chi si è divertito maggiormente, è stato Geppi Cerri. “Amico da una vita e anche compagno di studi” abituale navigatore di Dario Cerrato, prestato ma soprattutto fortemente voluto con lui anche in questa avventura. E con il “naviga astigiano” Giorgio dividerà ancora una volta l’abitacolo di un’auto da rally in una gara iridata. Prima dell’ultima notte, al briefing mattutino con Ninni Russo, i giovani piloti della Fiat apprendono che le strade saranno innevate. Regna un po’ di paura, nervosismo e tensione. Nel solone dell’Hotel Beach Plaza, Geppi guarda il suo pilota e gli lancia un: “Giorgio pensaci tu!”. Faletti non se lo fa dire due volte, improvvisa uno spettacolo. Inizia mimando un pattinatore facendo finta di guidare un’automobile, passando da Vito Catozzo, Carlino, il testimone di Bagnacavallo, Franco Taburino e Suor Daliso. Risate a crepapelle. Un’ovazione. Scomparsa la tensione, la paura. Si esce dalla hall dell’Hotel con i caschi tra le mani e i quaderni delle note sotto braccio, tra gli applausi dei presenti e Giorgio che lancia il suo tormentone: “Adalpina, taca la musica!”. Terminò la gara al 54° posto.

Tra i tantissimi aneddoti di quella gara ricordo che mi raccontò anche questo: “In un tratto di prova azionai i tergicristalli. Geppi nell’interfono chiese e la parola “chiese” è un eufemismo, cosa stavo facendo. Gli risposi che avevo visto un filmato in cui Auriol lo faceva e ho voluto provare anch’io, forse ci poteva aiutare ad andare più veloce. E tutto questo durante una prova speciale!”
E infine sotto la pedana d’arrivo al porto monegasco mi confidò: “Sai una cosa, ho scoperto che faccio più ridere da pilota che da comico”. Ed è forse proprio qui che Giorgio ha deciso di appendere il casco al chiodo. Ma non dimentica l’esperienza fatta. Anni dopo nel suo romanzo d’esordio come scrittore “Io uccido”, il secondo best-seller nella storia della letteratura italiana, ambientato nel weekend del GP di Montecarlo, il Faletti scrittore partorisce frasi bellissime per descrivere la paura che prende ai piloti prima della corsa, che solo chi ha provato a far i conti con il cronometro può descrivere così bene. Tradotto in 25 lingue e pubblicato il 40 paesi stranieri a Giorgio Faletti gli è stato conferito dal Presidente della Repubblica il premio De Sica per il suo contributo alla cultura italiana nel mondo.

Ci siamo incontrati ad Asti il 14 dicembre del 2013. Un paio di giorni prima della sua partenza per l’America. Ho avuto in regalo una litografia di un suo quadro. L’arte figurativa la sua ultima passione. In quell’incontro, tante parole, ricordi, confidenze personali, sono volate veloci con una complice allegria. “Ma lo sai che l’altro giorno – mi confida Giorgio – stavo autografando il libro ad un gruppo di ragazzi. E’ arrivata una signora e ai suoi amici ha detto: adesso mi faccio anch’io una foto vicino a Paulo Coelho”. Poi il suo sorriso si è fatto malinconico e un velo di tristezza ha attraversato i nostri saluti.
“Ciao bell’uomo!”

La fotografia con la Delta è di FotoDon ed è reperibile su photorally.it

girogio faletti cinq (1)

3 commenti
  1. Renato Ronco
    Renato Ronco dice:

    Grande Faletti! L’ho conosciuto bene: gioiva nel poter parlare di corse automobilistiche. Ed era sempre disponibile ad intervenire nelle mie trasmissioni di Crono. E gli piaceva intervenire da competente, non da comico. Indimenticabile!

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