Sette domande a Raffaele Balducci

Raffaele Balducci è un direttore creativo specializzato in automotive, che ha siglato importanti campagne pubblicitarie del gruppo FCA.

1) Meglio un testimonial per lanciare un’auto, oppure no? 

Purché abbia la patente. Non è una battuta. Può capitare anche questo.

Il testimonial amplifica il messaggio in termini di memorabilità, ma resta necessaria l’idea che lo giustifichi. No ad un utilizzo creativo “gratuito”. Anche perché il testimonial ed il suo agente non conoscono il significato di tale parola.

Trovo più interessante l’utilizzo di una celebrity all’interno di uno spot, come cameo.

Per dirlo alla romana, una “comparsata”. Incuriosisce, ti aspetti un sequel, generi rumors.

Più efficace di un faccione schiaffato in prima pagina.

 

2) Una campagna pubblicitaria automotive che avresti voluto firmare ?

“Imported From Detroit” per Chrysler 200.

Il lancio di una nuova auto, Il rilancio di un brand assieme alla sua importanza sociale.

Un pensiero maturo, nuovo, con un saggio utilizzo del testimonial.

 

3) Quella tua di cui vai più fiero ?

Mi entusiasmo sempre per l’ultima nata.  Ma è il tempo che alla fine mi chiarisce le idee. Ancora oggi riguardo volentieri Alfa 147 5 porte Gemelle del 2001.

 

4) Donne e  motori, che ne pensi oggi? 

Purtroppo o per fortuna per chi è a corto di idee, vale ancora. Bastava essere al Salone di Ginevra di quest’anno. Forse le vallette ci avrebbero anche stufato.

 

5) Cosa è cambiato, rispetto ai tuoi inizi, nella pubblicità’ auto?

Le auto e i loro contenuti.

Dal tema della sicurezza, che trasversalmente attraversava tutti i brand fra ’80 e ’90, all’affidabilità, quindi alla tecnologia, poi all’ecologia.

In comunicazione alla fine i concetti da esprimere sono limitati. Sono i modi per esprimerli che sono infiniti perché vanno di pari passo con il nostro modo di evolvere, di comunicare e naturalmente con gli strumenti che utilizziamo per diffonderli.

 

6) una cosa che vorresti dire ai clienti automotive e che non riesci mai a dire.

 

Fidatevi. Sul set lasciate a casa lo storyboard. Un film è fatto di tante sensibilità e tutte lavorano per un risultato concordato.

Un film non è una serie di disegnetti messi in fila come un documento powerpoint.

Esagero. Perdete il vostro ego di regista, montatore, direttore della fotografia, scenografo, costumista… io l’ho perso molti anni fa e credo di essere migliorato.

 

7) Il digitale , ci regali un tuo commento libero ?

 

Liberiamoci di questa parola. In comunicazione non facciamo più distinzione.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *