Transizione ecologica in Europa? Indietro tutta!
Il mercato europeo delle auto elettriche sembra aver premuto il freno anziché l’acceleratore. Secondo i dati più recenti dell’Acea (Associazione europea dei costruttori di automobili), le immatricolazioni di veicoli a batteria hanno subito un calo del 4,9 per cento rispetto al 2023. In una fase storica in cui la transizione ecologica dovrebbe spingere l’innovazione e le vendite, il settore si ritrova invece a fare i conti con una brusca frenata. In questo caso il “recharge” non funziona.
A giocare il ruolo del “cattivo” in questa storia è soprattutto la Cina, con le sue auto elettriche economiche e competitive, capaci di fare gola agli acquirenti europei. Mentre i marchi del vecchio continente continuano a proporre modelli elettrici dal prezzo che sembra richiedere un mutuo (anche per un’utilitaria), i produttori cinesi invadono il mercato con veicoli che costano fino al 30 per cento in meno. Risultato? Le case europee si ritrovano con i piazzali pieni di auto e gli showroom vuoti di clienti.
L’export europeo, un tempo fiore all’occhiello dell’economia continentale, è a livelli da fossa delle Marianne e la Germania, cuore pulsante dell’automotive europeo, ha visto un calo drammatico delle immatricolazioni. Non sorprende che questo trend stia mettendo a rischio non solo il fatturato, ma anche l’occupazione: il settore auto coinvolge direttamente o indirettamente 13,8 milioni di lavoratori nell’Unione Europea, una cifra che oggi sembra destinata a ridursi sensibilmente.
Produciamo poco, e male. Questo è una delle difficoltà che assillano l’Europa, un altro dei problemi chiave è la produzione di batterie, il vero cuore di un’auto elettrica. Oggi l’Europa importa la maggior parte delle batterie dalla Cina o da altri Paesi asiatici, una dipendenza che rende vulnerabili le aziende continentali. Anche qui il confronto con la Cina è impietoso: i produttori asiatici riescono a offrire batterie più economiche e con migliori prestazioni, mentre l’Europa fatica a costruire una filiera locale che sia all’altezza.
E non è tutto: i costi di produzione per le auto elettriche in Europa sono aumentati del 20 per cento negli ultimi cinque anni, complici l’inflazione, il caro energia e le materie prime sempre più costose. È difficile essere competitivi quando il tuo prodotto finale costa più del doppio rispetto a quello della concorrenza.
Anche la Banca Centrale Europea si è espressa sulla questione, suggerendo un mix di misure per ridare ossigeno al settore. Tra queste, incentivi più generosi e inclusivi (perché al momento sembrano rivolti solo a chi può già permettersi almeno una Tesla) e politiche industriali a lungo termine che rafforzino la filiera produttiva interna. Ma se le istituzioni parlano di pianificazione strategica, le aziende automobilistiche europee chiedono soprattutto soldi, tanti soldi, per investire in innovazione e abbassare i costi di produzione.
Che cosa serve allora per rimettere in carreggiata il mercato? Sicuramente un approccio integrato, in gergo si potrebbe dire manageriale: serve tutto e subito. Innovazione tecnologica per competere sul mercato globale, investimenti pubblici per sostenere le imprese e strategie di marketing che sappiano conquistare i consumatori.
E magari, un po’ di realismo. Perché l’Europa ha grandi ambizioni green, ma a questo ritmo rischiamo di trasformare la transizione ecologica in un’utopia, più che in una rivoluzione. Nel frattempo, i consumatori continuano a preferire SUV diesel o ibride, e le auto elettriche rischiano di rimanere un lusso per pochi.
Per ora, l’Europa si trova in bilico: da una parte la necessità di mantenere la leadership nell’automotive, dall’altra la concorrenza sempre più agguerrita di nuovi attori globali. Se non si correrà ai ripari, la transizione verso la mobilità sostenibile rischia di trasformarsi in un viaggio molto lungo… e con la batteria scarica.
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