Auto Union: dalla Russia con amore

L’Ospite di Autologia: Enzo Caniatti.

La storia, che pare un romanzo, del ritrovamento dopo 60 anni di due Auto Union, tornate a casa grazie alle peripezie di un collezionista bielorusso

Alla fine del 1944, prima ancora che un solo fante sovietico avesse messo piede nel territorio del Reich, Stalin aveva già dato precisi ordini su come impossessarsi delle principali industrie tedesche. Sotto il diretto controllo dell’NKVD (l’antesignano del KGB) furono istituite speciali squadre di “ricercatori-smantellatori” con il compito di accompagnare la travolgente avanzata dell’Armata Rossa, individuare i siti dove si celavano le unità produttive, razziare il razziabile, arrestare e deportare quadri dirigenti e maestranze qualificate. E se possibile smantellare gli stabilimenti e ricostruirli in Unione Sovietica.

Tra le principali prede dei cacciatori russi c’era ovviamente l’industria automobilistica. Consci del pericolo, negli ultimi mesi di guerra, i dirigenti tedeschi cercarono di nascondere progetti e prototipi. Non sempre però lo stratagemma riuscì. Fu questo il caso della Auto Union di Zwickau, che celò le sue celebri “frecce d’argento” in una miniera abbandonata. I segugi dell’NKVD le scovarono e le inviarono a Mosca, dove se ne persero le tracce.

La nuova Auto Union GmbH (l’attuale Audi AG), fondata nel 1949 a Ingolstadt, le diede così per disperse. La guerra fredda fece calare la Cortina di Ferro sull’Europa. Alla fine degli anni ’70 si diffusero le prime voci sulla possibile esistenza nei territori dell’ex Unione Sovietica di un’Auto Union. Paul Karassik, un collezionista americano di esclusive vetture d’epoca, si mise alla ricerca di questo pezzo raro insieme a sua moglie Barbara, originaria della Germania.

Karassik aveva assistito da giovane all’ultimo Gran Premio di Belgrado prima della seconda guerra mondiale, un’esperienza che non aveva mai dimenticato. Immigrato negli Stati Uniti ed entrato in possesso di un’enorme eredità, fu per lui utile il fatto di discendere da una famiglia bielorussa, essere cresciuto in Serbia e parlare quindi fluentemente la lingua russa. Dopo oltre dieci anni di esplorazioni nell’Unione Sovietica, riuscì a ritrovare in Russia e Ucraina i resti di due auto da corsa Auto Union distrutte, e si avvalse di tutta la propria abilità di negoziazione per acquistarli.

In seguito, dopo numerosi viaggi avventurosi – alcuni dei quali affrontati a bordo di un furgone per consegne – riuscì finalmente a far passare i componenti attraverso la Cortina di Ferro in Europa occidentale, da dove motori, telai, assi e cambi furono portati in aereo in Florida. Nell’autunno del 1990 Paul Karassik prese i primi contatti con alcuni specialisti del settore. E nel maggio dell’anno seguente con Audi Tradition, che poi collaborò come consulente al restauro. I Karassik affidarono la ricostruzione alla ditta inglese Crosthwaite & Gardiner, che vantava una lunga esperienza nel restauro delle vetture da competizione. Dopo un’attenta analisi dei componenti si decise di dotare una Typ D con un compressore semplice nella versione del 1938 e l’altra di allestirla in versione 1939 con un doppio compressore. In entrambi i casi fu necessario rifare l’intera carrozzeria, poiché tutte le parti originali erano andate distrutte. Della cosa si occupò in Inghilterra Rod Jolley Coachbuilding.

Nell’agosto del 1993 venne terminata la prima delle due vetture, la 1938. Un anno più tardi era “ready for roll-out” anche la 1939. Con l’aiuto di Audi, per la prima volta dal 1939, entrambe le auto tornarono ai nastri di partenza in occasione del rally Eifel Classic il 1° ottobre 1994 sul circuito del Nürburgring. Nel luglio del 1998 l’Audi acquistò la Typ D nella versione del ’38. Nella primavera del 2000 Paul Karassik cedette la seconda auto a un collezionista privato, dopo aver visto svanire, a causa della guerra dei Balcani, il sogno di vederla correre ancora a Belgrado, a 60 anni dall’ultimo Gran Premio.

Negli ultimi anni Audi è riuscita a recuperare anche la Typ D a doppio compressore; possiede quindi tutte e tre le Auto Union finite a suo tempo in Unione Sovietica. La terza è la Typ C/D, la versione per le gare in salita utilizzata da Hans Stuck, che prima del crollo dell’URSS costituiva una delle maggiori attrazioni del Museo Automobilistico di Riga in Lettonia.

Nella foto: 1938 l’ Auto Union Typ D, con doppio compressore, disponeva di 485 cavalli

1 commento
  1. Filippo Zanoni
    Filippo Zanoni dice:

    Se non sbaglio esiste anche un replica, utilizzata dalla Audi nelle rievocazioni. I lamierati di questa vettura sono stati fatti da un artigiano torinese.

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *