Che futuro per l’auto elettrica?

Auto elettrica in brusca frenata o in rallentamento fisiologico? Ad alimentare il dubbio, mai sopito tra gli scettici sulle reali potenzialità dell’alimentazione a batteria, contribuisce il cammino preparatorio dell’evento che celebrerà il suo momento conclusivo al Salone di Ginevra con la proclamazione dell’Auto dell’Anno 2015.

Per la prima volta dall’inizio del decennio, tra le 31 finaliste (poi ridotte alle sette che si contenderanno il titolo) neppure una è stata scelta per i suoi contenuti “elettrici”, e le poche ibride (normali o plug-in) non sono presenti per meriti propri, ma solo perché inquadrate in una più ampia gamma convenzionale.

Il regolamento dell’ambito riconoscimento ritiene candidabili tutte le auto commercializzate entro fine 2014 in almeno 5 mercati europei con un target minimo di 5.000 vendite annue: è quanto basta per offrire la testimonianza attendibile di un’annata avara di novità. Che si tratti di una pausa di riflessione dei costruttori dopo anni davvero “elettrici” – culminati con i trionfi di Nissan Leaf e Opel Ampera/Chevrolet Volt, Auto dell’Anno 2011 e 2012 – o del primo sintomo di raffreddamento nei confronti di una tecnologia dal cammino ancora irto di ostacoli, lo scopriremo solo vivendo.

Certo è che nel nostro Paese il decollo della mobilità “a batteria” è particolarmente problematico: di soldi pubblici per incentivarne la diffusione ce ne sono pochi, in confronto alla generosità di altri Governi europei, mentre la realizzazione di un’adeguata infrastruttura di ricarica procede a rilento e tra mille difficoltà, non ultima la scarsa attitudine – così profondamente italiana – a rispettare e far rispettare le regole che rende normale parcheggiare nei posti riservati accanto alle colonnine dei veicoli che di elettrico hanno solo le luci e l’autoradio. Pur in rapida e continua espansione anche il car sharing preferisce, salvo casi sporadici, le propulsioni convenzionali, a differenza di Parigi, la cui municipalità ha puntato con Autolib solo sulle city car elettriche ottenendo un successo che ha indotto Londra a seguire l’esempio. Proprio le aree metropolitane sono l’ambiente più propizio alla mobilità elettrica, almeno finché la tecnologia – ma serve una rivoluzione di cui ancora non si vedono i presupposti – non consentirà di superarne gli attuali limiti.

Per ora, solo le anime belle dell’ambientalismo militante possono salutare l’era dell’auto elettrica come se fosse davvero dietro l’angolo, magari citando il caso-Norvegia, Paese in cui la Nissan Leaf è riuscita a salire sul podio delle vendite e dove le colonnine di ricarica, con relative vetture collegate, sono onnipresenti. Ma un conto è “elettrificare” le auto di 5 milioni di persone, un altro è farlo quando gli abitanti sono 12 volte di più, e oltretutto non brillano per senso civico. Perché se a Oslo una delle motivazioni più convincenti per comprare una vettura a batterie è l’autorizzazione a percorrere le corsie preferenziali, a Milano, Roma o Napoli questa incentivazione non funziona. Perché da noi la corsia preferenziale è quella che uno preferisce.

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