Com’è difficile comprare un’auto…anche per un giornalista automotive

A me non capita spesso, una volta ogni dieci anni (e non mi riferisco ad attività più o meno riproduttive…) ma capita. Capita di andare in una concessionaria e vedere un modello, chiedere quanto costa, com’è accessoriato e altro ancora. Ebbene sì, anche per uno che lavora nel settore, comprare un’auto non è cosa frequente. Merito delle varie prove stampa, per cui la necessità di avere qualcosa di proprio e nuovo, non è che mi faccia perdere il sonno. Ma vuoi la necessità del ricambio (11 anni di vettura son tanti) vuoi perché in giro c’è un modello che fa per le mie necessità, parto alla ricerca dell’acquisto perfetto. Comincio dall’ufficio stampa della Casa in questione. Hanno delle vetture parco stampa, mi informo, chiedo prezzi. Visto che non sono nemmeno tanto convenienti, e con qualche km addosso, provo a chiedere quanto costa un nuovo, che prezzi fanno etc etc. come da prassi ovviamente. Cioè portare a casa la macchina migliore al prezzo migliore. Mi siedo, chiedo chi è il venditore. Mi rispondono che han da fare, che devono andare in bagno e prendere un caffè e che dopo un quarto d’ora sono a disposizione. Mi aggiro, guardo le offerte, attendo con ansia. Finalmente, soddisfatte le proprie necessità (in che ordine non so) il venditore si siede al tavolo. Mi chiede cosa voglio. Sono in una concessionaria, probabile che voglia vendermi qualche etto di salame. Boh, tiro a indovinare. Faccio presente che da giornalista vorrei acquistare quel modello a quelle condizioni offerte dall’ufficio stampa. “Guardi non so cosa le hanno detto, ma questa versione non esiste ancora, se vuole ho quella inferiore, arriva a fine mese, poi ci sono 90 giorni per la consegna, le faccio un preventivo?”. Visto che son qui apposta, direi che si può fare. Mi rifila bigliettino con modello, accessori, tasse etc, sconto stampa e via andare. Ci sentiamo poi. Saluti, grazie, arrivederci. Cala il sipario. Passa qualche giorno, girovagando per la bassa padana altro concessionario della stessa Casa, modello in vetrina con le caratteristiche cercate. “Ma allora esiste?!” mi chiedo. Entro per curiosità. Mi accolgono così e così, ma quando dico che vorrei acquistarne una, parte il venditore che mi fa sedere, mi mette comodo, mi chiede come la voglio, di che colore, con quali optional e via di questo passo, poi mi chiede se ho qualche convenzione, dico giornalista, lui preme un tasto ed esce il preventivo scontato. Mistero, son due mila euro in meno rispetto alla Casa ufficiale. E qua i conti non tornano. In un momento in cui si fatica a vendere un oggetto costoso come l’auto, come è possibile che le Case si affidino a venditori che se fossero bancari allo sportello avrebbero maggiori emozioni? Manca la formazione, la passione, il saper vendere? E badate bene che non è un problema di una sola Casa, basta farsi un giro e poi si scopre che la situazione è identica per quasi tutti i marchi, anche i blasonati tedeschi quelli dei “suvvoni” da 70 mila euro di partenza, con venditori che trattano i clienti come dei rompiscatole. Certo, una concessionaria è una azienda privata che deve fare utili, ha regole e commissioni che variano in base al venduto, agli obiettivi e altro ancora. Io che faccio il giornalista, sono un privilegiato. Mi fan lo sconto, mi danno le auto in prova, eppure mi han preso a pesci in faccia. Un cliente normale, che deve mettere mano al portafoglio, uno che spende soldi veri fatti con sacrificio e che deve immolarli per una passione o per una necessità, non meriterebbe forse maggiore attenzione e rispetto? Le Case fanno corsi di formazione, controllano tutto il controllabile, ma poi alla fine incappi sempre nel venditore stanco, smaronato e annoiato. Che fa cadere tutto il lavoro del marketing, degli uffici stampa e altro ancora. E che dire del prezzo? Se su un modello da 20 mila euro circa ballano 2 mila vuol dire che c’è un 10 per cento di troppo e quale è il vero prezzo di una vettura? Non è che son troppo care e che bisogna guardarsi in faccia cominciando magari a rivedere i listini? Se un motore e cambio in produzione costano 124 euro, non è che la vettura base la vendiamo a 13000 euro perché si vuole con una macchina venduta ammortizzare le dieci che restano nel parcheggio? Di questi tempi sarà il caso di farci una riflessione. Non si vende perché non ci sono soldi o non si vende anche perché c’è gente che non sa vendere?

4 commenti
  1. MANZE
    MANZE dice:

    Le case costruttrici fanno di tutto per far crescere i venditori. non dimentichiamo di che pasta sono i concessionari e aggiungo che.per quanto riguarda i venditori farei gli esami alla fine dei corsi ,poi chi è “bocciato”non puo’ fare il venditore per quella concessionaria.in italia purtroppo la professionalità è cosa rara e fra i venditori di auto ancora di piu’
    ciao a tutti gian

  2. Sergio Casagrande
    Sergio Casagrande dice:

    Caro Cicc,
    hai pienamente ragione. Ma guarda che negli ultimi tempi non è proprio così. O almeno non lo è dappertutto. Ne è la prova che alla fine ho deciso (o meglio accettato) di farmi l’auto nuova, un bel suvvone tedesco proprio di una di quelle blasonate case che ogni volta che mi recavo in concessionaria ne uscivo dopo essere stato trattato come se fossero loro a fare un piacere a me… Cosa che mi ha sempre mandato in bestia.
    Ma ora la crisi ha cambiato molte cose e ha fatto fare un bagno di umilità a tanti… Ne è la prova che oggi, anche a uno di noi, conviene di più (se non alla pari) comprarsi un’auto nuova o il classico chilometri zero piuttosto che cercare un buon residuo di parco stampa…
    A margine aggiungo che – per quanto mi riguarda – resto convinto che comprare un’auto resta comunque il peggior affare del mondo… Ma che dobbiamo fa’, si campa una volta sola… Dopo averne provate tante, anche il più grande viveur, prima o poi, decide di farne veramente sua almeno una…
    Ciao
    Sergio

  3. Autologia
    Autologia dice:

    Il problema sollevato da Ciccarone relativo alla scarsa professionalità dei venditori si trascina da decenni. Le case cercano di porvi rimedio, ma probabilmente non fanno abbastanza. Il risultato è che c’è ancora troppa diffidenza e quindi distanza fra il venditore e l’acquirente.

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