CONTRO STILE – Automobili…Reborn (la Giulia 1962 Reborn – ErreErre Fuoriserie)

Questa volta prendo ispirazione da un programma televisivo con, nella versione italiana, il simpatico chef Antonino Canavacciuolo impegnato ad aiutare ristoranti in crisi. Vorrei, infatti, parlarvi di come, a volte si può dare vita a uno stile discutibile per riportare alla ribalta alcuni capolavori del passato.

In primo luogo, ci tengo a sottolineare che si tratta di considerazioni molto personali, che vengono dal cuore, da un amante passionale di Alfa Romeo, ma anche di chi ha guidato dal 1987 al 1998 il mitico Centro Stile Alfa Romeo di Arese, come “padre” di molti modelli di successo come Proteo, Nuvola, 166 e 156, 147…(rispettivamente 1998 -2000 Car of the Year).

Retromod …

Secondo i progettisti un modello Retromod ha l’obiettivo di unire artigianalmente modelli storici con le più moderne tecniche progettuali.

Sono il primo a sostenere che noi italiani, con le nostre qualità uniche, abbiamo una grande tradizione da cui prendere ispirazione: il “Futuro nel Classico”, ovvero la rilettura storica delle automobili in chiave moderna, che è la vera filosofia per dar vita a vetture sportive di lusso dallo stile senza tempo.

Estetica rimescolata

Le immagini della Giulia 1962 Reborn, di ErreErre Fuoriserie, la start-up torinese specializzata nel far rivivere in un corpo rivitalizzato vecchie glorie del passato, mi stimolano alcune riflessioni spontanee.

Innanzi tutto, nello specifico caso della Giulia, pesa molto “il concetto di carrozzeria aerodinamica”, che agli inizi degli anni 60, affronta seriamente e in largo anticipo sui tempi, la disciplina legata a filo doppio alle vetture da corsa, utilizzando soluzioni stilistiche molto coraggiose per una berlina di grande serie.

La Giulia 1962 Reborn, per il sottoscritto, è un’interpretazione al limite consentito dal concetto originale, soprattutto nel rispetto del modello studiato dagli specialisti dell’epoca, i “padri” della prima vettura berlina: l’ing. Satta Puliga, l’Ing. Ivo Colucci, il Prof. Giuseppe Scarnati e l’Arch. Ermanno Cressoni, tanto per intenderci.

Nata in controtendenza con i modelli concorrenti, la vettura all’esordio fece molto discutere giornalisti, tecnici e pubblico.

Per un modello unico e mitico come la Giulia, secondo il mio sincero parere, vedo molte forzature estetiche:

sarebbe stato opportuno affrontare lo Stile con più sensibilità all’insieme e più attenzione ai dettagli e alle citazioni dell’epoca.

Linee, superfici e stilemi dell’originale vengono riutilizzati in maniera poco equilibrata. Mi sfuggono, inoltre, le ragioni tecniche e anche l’estetica mi pare attribuibile solo a un esercizio nostalgico di stile.

Inoltre, voler marchiare questo modello Retromod, decisamente fuori dagli schemi, con lo Stemma del Biscione, bandiera della Marca italiana famosa in tutto il mondo, mi sembra molto azzardato. Vorrei ricordare che ALFA ROMEO “la sportiva italiana per la famiglia” è famosa per per le sue gesta sportive, per la bellezza dei suoi modelli, e per il suo speciale DNA, grazie al quale ha dato a Enzo Ferrari la straordinaria possibilità di nascere, crescere e di trionfare.

Riflessione finale

Molti trasformatori o piccole carrozzerie artigianali basano il loro core business su modifiche di automobili prodotte da Brand famosi. (vedi Stola, Touring, Ruf, Brabus, Mansory e tanti, tanti altri…). Per la verità, cercano sempre correttamente attraverso tecnica, estetica e qualità di trovare un accordo, una condivisione e una certificazione con le Case Madri, non sempre corrisposta da una corretta attenzione allo sforzo creativo ed economico.

Essendomi trovato in situazioni analoghe, sia dalla parte del costruttore e che dalla parte del designer, mi viene spontanea una semplice riflessione finale: non sarebbe meglio lasciare la libertà di espressione e, con l’aiuto di esperti qualificati e dei Registri Storici, stabilire poche semplici regole di intesa tra le parti in gioco? Oppure tutto è lecito?

A questo punto, però,  mi parrebbe davvero una lucida follia… …per chiudere con un ossimoro che rende perfettamente l’idea.

 

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