Fari posteriori con “appendice”: normativa o moda?

L’Ospite di Autologia: Alessio Di Zoglio, designer

È da più di un decennio che il disegno di coda delle auto ha un curioso standard. Ricerche, misure ed esempi per fare attenzione a una pratica poco attenzionata.

Perché le auto più recenti hanno un secondo gruppo luminoso sul paraurti posteriore? È un obbligo di omologazione o un’abitudine estetica? Si tratta di un elemento che il più delle volte incorpora i catadiottri; può anche contenere le luci di retromarcia e/o i retronebbia; invece luci di posizione, di stop e di direzione restano nell’elemento principale, quello superiore.

Nell’Audi Q7 prima serie, il gruppo “appendice” molto allungato ed evidente fece tendenza. In applicazioni più lontane, come sulla Punto seconda serie restyling, era invece molto piccolo e discreto. È elemento grafico dominante, addirittura, sulla Hyundai Kona, dove ingloba anche gli indicatori di direzione e si può quasi dire domini sul faro principale. Ma su un altro modello recente, la nuova Citroën C3, non c’è. Il lettore si diverta a notare che, dalle utilitarie alle super sportive, alle fuoristrada, una regola chiara sembri non esserci. Quindi? Quindi quello di posizionare specifici elementi luminosi in specifici posti può essere un obbligo di legge, a cui i vari modelli adempiono in modi diversi. Collocare catadiottri, retronebbia e luci di retromarcia nel faro principale può cioè non essere sempre possibile se quest’ultimo si trova troppo in alto: ecco il motivo di spostarli in basso sul paraurti. La normativa ECE 48 disciplina il montaggio della fanaleria. Se luci di posizione, di stop e di direzione possono essere fissate fino al massimo a 1500mm di altezza dal suolo, le luci di retromarcia non devono superare i 1200mm, i retronebbia i 1000mm (o 1200mm se montati insieme ad altro faro) e i catadiottri i 900mm (o di nuovo 1200mm se insieme ad altro faro). Da qui si deduce che un faro posto a non più di 1200mm di altezza possa integrare ogni genere di fonte luminosa. Ipotizzando però di volersi mettere al riparo da interpretazioni sfavorevoli della normativa, si potrebbe voler disegnare gli elementi secondari a non più di 900mm da terra. E allora ecco, si proceda con le misurazioni su alcuni dei modelli più conosciuti, per verificare l’altezza a cui si trovi il bordo inferiore del gruppo faro posteriore “principale”:

Smart Fortwo 2014 820mm appendice sì

Fiat 500 2007 710mm no

Fiat 500 restyling 2014 710mm sì

Fiat Punto 5p 1999 720mm no

Fiat Punto restyling 5p 2003 720mm sì

Fiat Panda 2012 1000mm sì

Citroën C3 2016 830mm no

Ford Puma 2019 940mm sì

Vw Golf 2019 820mm sì

Bmw Serie 3 4p 2019 790mm sì

Mercedes Classe E Coupé 2017 800mm sì

Audi A8 2018 830mm sì

Alfa Romeo Stelvio 2016 990mm sì

Range Rover Velar 2017 1000mm sì

Porsche 911 2019 730mm sì

Ferrari SF90 Stradale 2020 770mm sì

Se in molte delle auto elencate il gruppo “principale” rientra sotto i 900mm di altezza, in tutte rispetta i 1200mm, quindi potrebbe regolarmente incorporare gli elementi spostati in “appendice”. Scongiurata la severità della norma: che si tratti allora, consapevole o inconsapevole che sia, di una pratica estetica, una moda? In tal caso, perché? Perché, con le moderne tecnologie, non integrare ogni elemento in modo intelligente? Perché sovraccaricare la grafica di coda? Si sente e si legge con facilità che le carrozzerie moderne, molto grandi, debbano essere “riempite” per dissimularne le dimensioni.

Ma, in nome delle regole auree form follows function e less is more, non bisognerebbe invece massimizzare la funzione e minimizzare la forma? E se si stesse semplicemente copiando lo status quo, per paura di dire la propria?

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