Guidare elettrico: promossa l’auto, ma il resto è una vera odissea

Vengo astiosamente dipinto come nemico delle auto elettriche, alla pari di vero “hater” di questa tecnologia solo perché esprimo, e mi onoro di essere stato tra i primissimi a farlo, le mie non poche perplessità sull’efficacia della volontà dell’attuale Commissione UE (finalmente agli sgoccioli del mandato) di farci comprare solo auto elettriche dal 2035.

Nel ribadire le mie riserve – e mi fa piacere che via via sono sempre più numerosi a pensarla allo stesso modo – confermo il fatto di essere a favore del principio meglio noto come “neutralità tecnologica” in direzione della decarbonizzazione e dell’abbattimento delle sostanze inquinanti.

Quindi, bene l’elettrico, ma altrettanto bene le altre soluzioni disponibili e, magari, anche meglio capaci di far raggiungere gli obiettivi “green” prefissati. In questo ambito, però, il consumatore deve essere lasciato libero di fare la sua scelta. Sarà anche vero che entro il 2035 il sistema delle colonnine di ricarica potrà essere via via migliorato, ma guardando all’oggi, la situazione resta disarmante.

A dimostrazione che non sono allergico alle auto elettriche, ne sto guidando una in questi giorni (e non è la prima volta): si tratta della Nissan Ariya, crossover coupé della Casa giapponese, nella foto, accreditato di oltre 500 chilometri autonomia (nel depliant si parla di soli 30 minuti per arrivare ad almeno 300 km disponibili in un punto di rifornimento rapido).

Che dire? Sinceramente una gran macchina: bella fuori e dentro, abitacolo avveniristico, spazio, comfort, connettività perfetta, prestazioni notevoli. Insomma, in generale promossa a pieni voti. Mi è stata consegnata con poco meno di 400 chilometri di autonomia e ho potuto viaggiare avanti e indietro per e da Milano tre/quattro volte (percorrenza complessiva giornaliera di una novantina di chilometri). Tutto bene, dunque.

Premetto che risiedo in una cittadina di 10mila abitanti scarsi, a meno di 50 chilometri da Milano, dove esistono solo tre colonnine di ricarica elettrica: una di Enel X a ridosso di un importante complesso ricreativo e due nel parcheggio di un supermercato. Stop. Premetto anche che non dispongo di “wall box” nel mio garage e non penso proprio di installarne una in quanto una vettura elettrica, visto dove abito e viste le mie esigenze, non mi serve. E lo stesso vale una vettura ibrida plug-in (confesso che quando mi capita di utilizzarne una non ho mai fatto ricorso all’opzione “full electric”).

Ma veniamo al dunque: i problemi arrivano quando ti accorgi che sei arrivato al 20% di autonomia disponibile, in pratica una novantina di chilometri prima di rimanere a piedi. Urge provvedere alla ricarica. Mi reco alla colonnina Enel X con tanto di tesserino, ma niente da fare. Morta. Opto, quindi, per le due colonnine nel piazzale del supermercato (nelle ore di chiusura vengono disattivate).

Allaccio il cavo, mi accerto che la ricarica sia in atto e mi propongo di tornare a ritirare la macchina qualche ora dopo. E così faccio: torno dopo quattro ore e mi accorgo che la ricarica effettuata è di meno del 10%. L’autonomia è salita a 110 chilometri. Mi girano i santissimi e il sistema della Nissan mi avverte che sono disponibili altre infrastrutture in paesi vicini, a 5 chilometri e oltre. E, ovviamente, nella città più facilmente raggiungibile, a una ventina di chilometri.

Quindi, sarei dovuto andare nel paese più vicino e magari constatare che si tratta dello stesso tipo di infrastruttura “lumaca” o che la colonnina sia fuori uso. E intanto l’autonomia scende. Quindi, l’alternativa è dirigersi in città (con il rischio di esaurire l’energia), lasciare la macchina in ricarica e passare qualche ora a zonzo come se ciascuno di noi avesse tempo da perdere.

Insomma, bella macchina, promossa a pieni voti, ma il resto è un disastro, almeno per chi non risieda in una metropoli o disponga di una ricarica domestica, ma anche qui (i condomini) non è poi tutto così semplice. La scocciatura resta sempre, almeno fino a quando non ci saranno sistemi di ricarica a sufficienza, facili da utilizzare e in grado di fare il pieno di energia nello stesso tempo del rifornimento di carburante. Ecco perché, come auto personale, ho scelto un’auto ibrida rigorosamente senza la spina.

1 commento
  1. Alkè
    Alkè dice:

    Purtroppo la rete di colonnine di ricarica presente in Italia è ancora troppo debole per sostenere il crescente numero di veicoli elettrici in circolazione. Soprattutto chi non abita in una grande città trova ancora moltissime difficoltà a rintracciare punti in cui caricare la propria automobile: nei piccoli paesi, proprio come quello in cui abita l’autore, il numero di postazioni oscilla tra le 2 o 3 massimo. Siamo convinti, però, che la presenza di colonnine aumenterebbe se il mercato delle automobili a batteria si espandesse davvero. È fondamentale supportare la transizione verso una mobilità più sostenibile con ogni mezzo possibile: incentivi sull’acquisto di EV, supporto per l’installazione di colonnine nelle singole abitazioni, Incentivi sul ritiro dell’usato. Ne va del benessere del Pianeta: dobbiamo fare tutto ciò in nostro potere per ridurre quanto prima le emissioni inquinanti.

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