Il Sessantotto della Mehari: la fantasia al potere
Nella notte tra il 10 e l’11 maggio 1968, a Parigi, gli studenti avevano occupato il Quartiere Latino e il 13 un corteo di centinaia di migliaia di manifestanti avrebbe attraversato la città, mentre scioperi e manifestazioni si moltiplicavano in tutta la Francia. Il 15 venne occupato l’ Odeon e a Cannes il festival fu sospeso. Il 16 tuttavia un treno speciale riuscì a partire da Parigi diretto a Deauville, in Normandia, trasportando un gruppone di giornalisti alla “prima” di un’automobile, a suo modo, quanto a bizzarria, “adatta al tempo e all’ora”.
Infatti aveva la carrozzeria in plastica e si chiamava Mehari, che è il nome di un “dromedario africano da sella, assai veloce, addestrato per la guerra”, annota il Garzanti che aggiunge come “mehari” sia parola di origine araba, dal nome di una regione attualmente parte dello Yemen, il Mahra, da cui provenivano questi dromedari, detti “mahri”, plurale “mahari”. E siccome si trattava di una Citroen, evidentemente la recente esperienza con il nome della 2CV 4×4 – già Sahara – aveva indotto ad una prudenza solo relativa.
Comunque, se il maggio politico e sociale era bollente, la temperatura al golf di Deauville quella mattina stentava toccare i 10 gradi, per la delizia delle modelle fantasiosamente – in qualche caso un po’ succintamente – abbigliate: si andava infatti dalle poliziotte alle contadine alle bagnanti in bikini, a seconda degli allestimenti delle otto Mehari dai colori sgargianti disposte sul green. La Mehari piacque, anche se gli spazi sui quotidiani furono quel che potevano essere in quei giorni. Un peccato, perchè la sua storia era un mix originale di tradizione (si fa per dire, come vedremo), fantasia creativa e nuovi materiali e mezzi di produzione, in un momento storico che, a posteriori, appare apice e inizio del declino dei “trenta gloriosi” – gli anni di crescita ininterrotta a partire dal secondo dopoguerra – declino che la crisi petrolifera di qualche anno dopo avrebbe sancito.
Era l’epoca in cui l’industrial design cominciava ad essere celebrato come forma d’arte, grazie anche ai campi di azione offerti proprio dalla plastica ipermodellabile, deformabile ma resistente agli urti e tuttora in evoluzione, come ben sapeva l’ideatore della Mehari, un imprenditore dalla gioventù fuori dell’ordinario. Roland Paulze d’Ivoy de la Poype (nella foto in basso) – questo il suo altisonante nome – era stato infatti pilota ed eroe di guerra della generazione seguente (era del 1920, nato in Alvernia) a quella del più famoso Saint-Exupery, pilota in Africa e Sudamerica – e (grande) scrittore, naturalmente. Roland conseguì il brevetto nel 1940 e mentre suo padre, colonnello della riserva, cadeva al fronte, riuscì a sfuggire al disastro francese e a raggiungere l’Inghilterra e la Francia Libera di quel De Gaulle poi fondatore della Quinta Repubblica traballante nella crisi del maggio “68.
Dapprima inviato in Africa Equatoriale Francese, Roland rientrò poi in Inghilterra e, nel 602° Squadrone “City of Glasgow” della RAF, agli ordine dell’asso irlandese Paddy Finucane, abbattè il suo primo Messerschmitt nell’agosto del 1942. Insieme ad altri piloti francesi, nello stesso anno si offrì volontario per combattere in Unione Sovietica: dal novembre ’42 è a Ivanovo, nella Russia centrale e dopo lo Spitfire è la volta dello Yakovlev Yak-3. Gli saranno riconosciuti 16 abbattimenti e il 1945 lo troverà capitano della prima squadriglia caccia del celebre gruppo Normandie-Niemen.
Ebbe poi incarichi in Belgio e Iugoslavia, lasciando l’aeronautica nel ’47 carico di decorazioni francesi e sovietiche. Già entro l’anno, di nuovo in Francia, eccolo trasformato in imprenditore, investendo il capitale di famiglia nella SEAB, Societè d’etudes et applications du plastique. Si occuperà di imballaggi in plastica, certo di tutti i tipi, ma già uno di questi farà…. epoca, nel nostro mondo di oggetti e di consumi: fu l’ involucro, in plastica, PVC per l’esattezza, dalla forma di un piccolissimo cuscino trasparente (2- 3 cm. quadrati), che conteneva una dose colorata di shampoo Dopal dell’Oreal. Un involucro disegnato nel 1952 da Victor Vasarely, pittore e grafico co-fondatore del movimento Op-art, che ebbe la sua stagione d’oro negli anni ’60 e “70: una creazione che sarebbe durata sul mercato un quarto di secolo.
Roland aveva realizzato un mix vincente: design di un artista, primo esempio di “imballaggio nomade”, colori brillanti, esaltazione dell’ “igienico”, lancio pubblicitario…Naturalmente SEAB collaborava con l’industria automobilistica (pannelli, cruscotti…) e con Citroen della quale utilizzava furgoni grandi e piccoli. L’incidente occorso ad uno di essi, un piccolo AK che ne uscì seriamente , accese nel “patron” l’idea di montare sul telaio, intatto, una carrozzeria in plastica. L’idea sfruttava le possibilità della nuova molecola messa a punto nel 1963, l’Acrilonitrile Butadiene Stirene, insomma l’ABS, che univa rigidità a capacità di assorbimento di urti consistenti, era facilmente colorabile – come dimostravano i mattoncini Lego – e facilmente plasmabile grazie alla bassa temperatura di fusione.
Roland immaginò perciò leggeri tubi di sostegno montati sul telaio e una carrozzeria fatta di pannelli facilmente realizzabili, colorati nella massa in sede di fusione con tinte brillanti e resistenti. Quasi un ‘evoluzione dell’involucro disegnato da Vasarely…Questa volta il designer fu Jean-Louis Barrault, che, en passant ,era e sarebbe stato l’autore del design di marchi francesi come Moulinex, Zodiac, Oreal, Gaz de France…. per citarne solo alcuni.
Nacque così la Mehari: Citroen acquisì il brevetto immediatamente anche se i primi esemplari, poco più di una ventina, sarebbero state prodotti da SEAB, con il nome poi abbandonato di Dyane 6 Mehari. E furono quelle di Deauville: per la cronaca, i nomi dei loro colori erano legati (ancora!) a quelli dei grandi deserti, ma con più discrezione (Rouge Hopi, Vert Tibesti, Beige Hoggar…). A proposito di deserti: leggera, agile, la Mehari avrebbe avuto anche la trazione integrale. E se ci fu una versione militare, piace di più ricordare quella “medicale”, efficiente vettura di supporto alla Parigi- Dakar del 1980. Jacques Wolgensinger, direttore delle relazioni esterne Citroen, non perse l’occasione di aggiungere un’altra perla alla sua collana di battute celebri. Era già sua la definizione della 2CV come “incrocio tra Pegaso ed un tritaverdure” : alle ironie di chi confrontava la Mehari ai mostri partecipanti alla gara, rispose “potevamo scegliere se far somigliare il nostro 4×4 a un bulldozer o a un tosaerba, abbiamo optato per la seconda soluzione”.
In totale, tra il ’68 e l’ ’87, videro la luce 145.000 Mehari. Nel frattempo Roland avrebbe fondato Marineland d’Antibes, sarebbe stato sindaco di Champignè e, alla sua morte, nel 2012, avrebbe ricevuto solenni esequie agli Invalidi, alle quali presenziò ovviamente la delegazione dell’aeronautica. Ma anche quella del Coro dell’Armata Rossa, perchè “l’ideatore della versione francese della cultura pop”, la Mehari per l’appunto, era anche uno dei pochi Eroi dell’Unione Sovietica…
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