L’invasione dei marchi cinesi: perché Tavares invoca nuovi dazi

La via della seta non è a senso unico. L’Oriente da sempre ama i nostri prodotti di lusso (agevolando l’espansione delle griffe italiane, dalla moda al food all’automotive) e ha fatto ricorso molto spesso a competenze italiane, specie nel campo del design. Ma ora ci presenta il conto. Nel settore dell’automobile l’invasione è partita alla grande. Non sono più tentativi isolati di piccoli gruppi che si affacciano timidi al mercato, sono sfide importanti basate su prezzi accessibili e una gran varietà di offerte in tutti i segmenti.

Sul mercato europeo stanno per catapultarsi decine di nuovi prodotti made in Cina. Chi è stato al Salone di Parigi non ha potuto ignorare come proprio i cinesi abbiamo conquistato la scena esponendo il meglio della loro gioielleria, modelli quasi tutti elettrici e all’avanguardia sotto il profilo tecnologico. E’ finita l’era delle low cost improponibili e delle goffe imitazioni.

Dobbiamo convivere con marchi ancora misteriosi per la gran parte degli automobilisti, ma che dobbiamo imparare a riconoscere perché diventeranno sempre più aggressivi: tra i più importanti basterebbe citare Byd e Great Wall (con i sub-brand  Wey e Ora), protagonisti assoluti al Salone parigino dove molti brand, su tutti i tedeschi e i giapponesi, hanno disertato.

Come difendersi dall’espansione annunciata? “L’Europa dovrebbe seguire l’esempio degli Stati Uniti introducendo misure per limitare l’invasione di queste nuove elettriche cinesi”, ha detto un allarmatissimo Carlos Tavares, Ceo di Stellantis. Il manager ha riconosciuto la crescita sul piano dei valori dei competitor orientali, e proprio per questo ha invocato rapide contromisure: “Bisogna salvaguardare e valorizzare di più il made in UE, come fanno i governi di Pechino e Washington con le auto prodotte localmente”. Si parla ormai apertamente di leggi drastiche, addirittura dazi impietosi come accadeva negli anni Settanta con i giapponesi.

È questa la ricetta di Tavares: “Penso a regole sulle importazioni per almeno dieci anni, da ridurre progressivamente fino a farle scomparire una volta completata la transizione all’elettrico. In questo momento di transizione si vuole incentivare la vendita di vetture a zero emissioni, allora bisogna essere consapevoli che si incentivano anche le Bev prodotte in Cina. Le condizioni competitive in Europa sono molto più favorevoli ai costruttori cinesi rispetto a quelle che ci sono nel Paese asiatico per i costruttori occidentali. Dunque, c’è una perfetta asimmetria nel contesto competitivo. Il mercato europeo è molto più aperto. Non è giusto».

Troppo impegnata a programmare norme draconiane sulle emissioni e a decretare (assurde) limitazioni e addirittura un ostracismo totale ai motori termici, l’Europa si è distratta. La Cina invece no.

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