Modellini e macchinine, giochi e collezionismo

Alzi la mano chi – bambino – non ha mai avuto una macchinina, macchinine come contraltare alle bambole. (Almeno fino a quando il mondo era diviso in generi).

La civiltà dell’auto quanto deve ai sogni dei bambini che immaginavano di guidare? Macchinine che crescono futuri guidatori -piloti-sportivi-camionisti-ingegneri- designer…

A volte basta una foto che ti invia un amico su whatsapp e da una foto nasce un Sette domande diverso, “già … perché non ci avevo pensato prima?”

Così in un dialogo a distanza ciascuno di noi si può riconoscere.

C’è la passione per le auto e le corse dietro alle macchinine di Alfredo Valz Gris, ci sono giardini d’estate e alberi, tanti, e atmosfere alla Paolo Conte, alla “cerco un po’ d’Africa in giardino …” che in questo caso diventano la Parigi Dakar giocata sotto un albero che non è “tra l’oleandro e il baobab”, ma tra un abete argentato e l’altro.

Alfredo Valz, biellese dalle radici walser, torinese d’adozione, oltre trent’anni di attività nel mondo della comunicazione, alla passione per montagna e outdoor abbina l’interesse per lo sviluppo sostenibile dell’agenda ONU 2030.

Buona lettura!

Ah, dimenticavo: vroom-vroom !

 

1-Il primo ricordo di un modellino 

Un grande camion giallo e rosso con trivella, tutto in metallo ovviamente, niente plastica. Anni ’60, resta solo il ricordo ma quanti buchi nella terra del giardino.

2- Un ricordo da adulto 

Almeno tre.

Il passaggio alle auto vere. Ma stavo ancora tra i banchi delle elementari. In giardino al mare, fratelli e cugini spingevano e io, il più grande, mi mettevo alla guida e spostavo la Flavia di papà e la Primula di mamma alla ricerca dell’ombra tra palme e limoni. Motore rigorosamente spento, ma vuoi mettere la soddisfazione?

E poi la prima guida: 11 anni, finita la scuola, nel grande spazio antistante lo stadio. Papà al mio fianco, prima-seconda-terza, da allora non mi sono più fermato (e fratelli e cugini hanno smesso di spingere). Una follia ma non ci hanno beccati.

Infine la prima auto, Autobianchi Y10, ribaltata in autostrada.

3-Collezionare per dare spazio al bambino che è in noi? 

Non mi considero un collezionista, solo un bambino fortunato che una volta adulto ha voluto conservare un pezzo della sua infanzia.

Le macchinine, quelle rimaste, sono ancora qui nella speranza che qualcuno riprenda a giocarci.

4-Fantasy dinner, chi invitiamo a cena tra piloti, costruttori, eroi automobilistici, ingegneri o semplici sconosciuti legati alla tua collezione? 

Sicuramente la coppia Munari-Mannucci e la loro Lancia Fulvia Coupé HF rossa, quella che vinse il rally di Montecarlo 72 contro quei mostri delle Alpine. Neve e ghiaccio sul Turini, il buio della notte. Avevo i loro poster, seguivo le gare sui giornali, conservavo gli articoli. Sono passati 50 anni. Al biellese rally della Lana, che seguivo ogni anno, non ricordo siano mai venuti. Erano di un altro livello.

5- Garagetto o vetrinetta del cuore ? 

Garagetto tutta la vita. Park su più piani, rampa elicoidale, pompa per la benzina, spazio meccanico. Le auto. Da bambino mi piaceva giocarci, da adulto guidarle. Guardare solo non mi diverte. E le macchinine che ho passato ai miei figli e conservato per futuri nipoti denunciano tutte l’usura dei giochi, soprattutto all’aperto.

6-Quali modellini preferisci? C’è un modellino che ha un significato particolare? 

Auto da rally e prototipi, la velocità più vicina all’auto da strada, non quella della formula 1. Il pulmino Volkswagen attrezzato per il supporto meccanico. Ma per citarne uno su tutti l’Aston Martin DB5 di James Bond, completa dei vari gadget che l’hanno resa famosa nei film. Compreso il sedile passeggero rosso, eiettabile.

7- Chissà quante storie hai immaginato legate alle tue macchinine… c’è qualcuna che ti ritorna a mente, di avventura? 

Rally su terra come RAC o Mille Laghi, le Parigi-Dakar con il loro incidenti. Avventura pura all’ombra dell’abete argentato nel giardino dei nonni. Passavo le ore a disegnare tracciati sempre nuovi, a lanciare le automobiline in corse folli, a simulare incidenti e a stilare classifiche, veri e propri campionati in più tappe. Fantasticavo ad occhi aperti. Non amavo essere disturbato, ero nel mio mondo. Solo la torta fatta in casa e la clavetta di S. Pellegrino mi potevano distrarre.

7bis–E dietro la curva?

Dietro ogni curva ce ne sono altre, a distanze variabili. La curva per me è cambiamento, proiezione al futuro. In auto, in bici, sugli sci o a piedi tra le montagne è curiosità, è scoperta. È piacere puro. È un sogno che forse si concretizza. Adoro sgommare sui tornanti. E ancora oggi c’è chi ricorda la mia guida a 190 all’ora nei viaggi di lavoro. Ora non più, la patente a punti per me è stata una tragedia (positiva). Quante ne ho collezionate, quelle sì, di multe!

1 commento
  1. Filippo Zanoni
    Filippo Zanoni dice:

    Bell’articolo. Io rammento sempre con piacere un indistruttibile fuoristrada della Tonka in scala relativamente grande che ora ho passato al figlio di un mio cugino. Mio padre invece negli anni’50 collezionava modellini di mezzi militari (in metallo), che ho ancora. Ne prendeva uno al mese.

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