Numeri delle vetture storiche: anche il Codacons ci vuole vedere chiaro
Quante sono le vetture storiche in Italia e quante tra queste non avrebbero diritto ai benefici ad esse correlate? A volerci vedere chiaro su questo punto è il Codacons, che ha presentato il 4 maggio scorso un esposto ad Antitrust, Corte dei Conti e Ministero dei Trasporti, denunciando alcune anomalie del settore che potrebbero portare a danni sul fronte erariale e a pesanti conseguenze sul piano ambientale e della sicurezza stradale.
Come sempre per capire bene la questione bisogna riferirsi ai numeri: nel nostro paese, su un totale di 40,9 milioni di vetture circolanti (54,8 in totale sono i veicoli di tutte le categorie) le automobili euro 0,1,2 e 3 (che hanno almeno 14 anni) sono ben il 25%.
Queste cifre, tratte dall’annuario statistico dell’ACI, fanno emergere il sempre più preoccupante dato dell’età media delle vetture: secondo i dati del 2023 è 12,1 anni (in crescita di 4 mesi rispetto al 2022, come sempre negli ultimi anni).
Imponente il numero delle vetture certificate come “storiche”: sono, leggendo gli ultimi dati, 553.000. Secondo la tesi del Codacons “di queste solo il 20% avrebbe effettivamente i requisiti per ottenere il riconoscimento previsto dalle norme vigenti e, quindi, godere delle esenzioni totali o parziali sulle tasse automobilistiche (bollo auto, Ipt, polizze assicurative, ecc.). L’80% del parco auto certificato come ‘storico’ risulterebbe oggi usato quotidianamente per assolvere alle normali funzioni da mezzo di trasporto, e tra questi vi sarebbero anche furgoni commerciali in pieno esercizio “.
Per far capire meglio ai lettori occorre dire che l’ordinamento la disciplina di riferimento è costituita dall’art. 60 del Codice della Strada secondo cui “rientrano nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI”.
L’art. 215 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di attuazione del Codice della Strada) classifica gli autoveicoli di interesse e/o collezionistico, quelli iscritti nei Registri dell’art. 60 del Codice della Strada con una anzianità di 20 anni – spiega l’associazione –. “Sembrerebbe emergere come tali Registri, così come elencati dal Codice della Strada, siano mere associazioni private le quali non eseguirebbero gratuitamente tale operazione ma, proprio al fine di rilasciare la certificazione finale richiesta, richiederebbero all’utente un’iscrizione all’associazione stessa. Oltre alla quota associativa, verrebbe chiesto ai proprietari delle auto di effettuare un ulteriore pagamento all’ente certificatore per ottenere l’attestazione storica del proprio mezzo”.
Il rischio – denuncia il Codacons nell’esposto – è che “siano qualificate impropriamente come storici veicoli semplicemente vecchi, quotidianamente utilizzati dai proprietari per la circolazione stradale, godendo di agevolazioni fiscali con grave danno tanto all’ambiente, considerate le emissioni inquinanti delle auto più anziane, quanto alla sicurezza stradale”. Riguardo questo punto è evidente che il punto è l’attività di certificazione, che deve necessariamente essere soggetta a maggiori controlli (riguardo anche l’uso dei veicoli, sarebbe utile per esempio predisporre una targa apposita).
Vi è inoltre la questione di un presunto danno erariale stimato in circa 30 milioni di euro all’anno, considerate le esenzioni delle tasse automobilistiche di cui godono i proprietari delle auto storiche.
Ora spetterà alle autorità competenti fare chiarezza, sperando che questo porti anche un censimento dei veicoli storici (dettagliato, che includa non solo i numeri ma anche il dettaglio dei modelli, ovvero a quali vetture sono consegnate le certificazioni). “Dettaglio” che l’ASI non ha saputo darci nei mesi scorsi, un atteggiamento inspiegabile visto che proprio quest’ente dovrebbe (proprio per tutelare meglio il patrimonio delle vetture storiche) conoscere perfettamente la sua composizione.
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